Catalogna: secessione senza autodeterminazione
La Catalogna ha effettivamente dichiarato l’indipendenza? Questa è la domanda, in forma di ultimatum, rivolta da Madrid al presidente catalano Puidgemont. Si prescinda per il momento dal contenuto della risposta, preferendo invece approfondire i termini della questione.
Il dibattito sull’ indipendenza della Catalogna ha impegnato e impegna molti commentatori, ma non è scevro di incertezze, specialmente dal punto di vista giuridico. La confusione è politicamente voluta, a cominciare dal presidente della Generalitat che prima dichiara l’indipendenza dopo l’esito del referendum del 1° ottobre, ma immediatamente dopo la sospende in attesa di trovare una soluzione con Madrid. Nello stesso tempo (10 ottobre) una nutrita schiera di parlamentari della Catalogna ha sottoscritto una “Dichiarazione dei rappresentanti della Catalogna”, con cui si dichiara l’ indipendenza della regione e il ristabilimento della sua sovranità, quasi che fosse uno “stato risorto”. Di fronte a tale confusione molti, incluso lo stesso presidente del Governo spagnolo Rajoy, si sono domandati se la Catalogna abbia effettivamente dichiarato l’indipendenza, pur essendo per il momento sospesa.
Il contenuto del diritto all’autodeterminazione
È bene chiarire alcuni punti, cominciando dall’autodeterminazione. Il quesito referendario aveva infatti per oggetto il diritto all’autodeterminazione, il cui esercizio comporta, come massima espressione, la proclamazione dell’ indipendenza. Alla vigilia del referendum, un nutrito gruppo di professori di diritto internazionale spagnoli aveva diffuso un documento in cui si evidenziava come il diritto all’autodeterminazione spetti solo ai popoli coloniali (o sotto dominazione straniera e razzista). Gli illustri colleghi non si sono dimenticati di un’altra fattispecie, cioè quella in cui un popolo, che coesiste insieme ad altri in uno stato indipendente, sia oggetto di una reale e penetrante discriminazione da parte del governo al potere. Fattispecie che dà origine alla cosiddetta “remedial secession”, chiaramente non applicabile alla Catalogna.
Quali vantaggi comporta l’attribuzione del diritto all’autodeterminazione? L’obbligo per il governo costituito (cioè quello al potere) di non reprimere l’aspirazione all’ indipendenza del popolo che ne è titolare; il diritto del popolo di chiedere e ricevere aiuto dai terzi; l’obbligo dei terzi di non aiutare il governo costituito nella sua opera di repressione. Si badi bene che deve trattarsi di popoli. Le minoranze non hanno diritto all’autodeterminazione esterna. Al massimo possono godere di un diritto all’autonomia, come avviene ad esempio in Italia per il Trentino-Alto Adige.
La secessione senza autodeterminazione
Il caso della Catalogna non rientra nelle fattispecie sopra considerate di un popolo (a supporre che lo sia e non si tratti invece di minoranza) titolare del diritto all’autodeterminazione. La dichiarazione di indipendenza andrebbe inquadrata in un mero fenomeno secessionista, che non è proibito dal diritto internazionale, come ha precisato la Corte internazionale di giustizia nel parere sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo (2010), quantunque l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in una risoluzione del 1999, si sia espressa contro i movimenti secessionisti, in particolare quando la secessione violenta metta in pericolo la pace e la sicurezza internazionale.
Se così è, la situazione della Catalogna è completamente rovesciata rispetto a quella di un popolo titolare del diritto all’autodeterminazione. Madrid ha tutto il diritto di reprimere la secessione, che costituisce un reato secondo l’ordinamento interno spagnolo, e agli Stati terzi è inibito l’aiuto ai secessionisti, ma è consentito l’intervento a favore del governo costituito.
Che cosa può fare l’Unione europea
Discutibile è inoltre l’opinione secondo cui l’Unione europea non avrebbe nessuna competenza nell’affare catalano. L’art. 4 del Trattato Ue stabilisce che l’Unione rispetta la struttura fondamentale degli Stati membri, incluso il sistema delle autonomie locali e regionali e, in particolare rispetta le funzioni essenziali dello Stato, la salvaguardia della sua integrità territoriale, il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela della sicurezza nazionale.
Ne consegue che l’Unione non potrà prendere posizione contro tali guarentigie, ma potrà benissimo intervenire a favore della loro salvaguardia, a prescindere dagli strumenti concreti disponibili. Ed in effetti, dopo l’iniziale titubanza, tanto il presidente del Consiglio europeo Tusk che quello della CommissioneJuncker si sono espressi, sia pure con le dovute cautele, a favore del governo di Madrid.
L’assenza di riconoscimento
Contro l’indipendenza della Catalogna si sono espressi taluni governi europei, compreso quello italiano. Qualche governo straniero si è affrettato ad affermare che non riconoscerà mai uno Stato della Catalogna. Il riconoscimento non è costitutivo della personalità internazionale dello Stato, e quindi della sua esistenza, ma nel caso concreto l’assenza di riconoscimento indica che non si è costituita alcuna nuova entità nella comunità internazionale. Il principio cardine è quello della effettività.
Il mancato riconoscimento significa anche che la nuova entità sarebbe completamente isolata nella comunità internazionale. Non potrebbe automaticamente fare parte dell’Ue, non esistendo una successione nella qualità di membro di un’organizzazione internazionale (e qui non c’è bisogno di rammentare la “dottrina Prodi”, ma solo elementari regole di diritto internazionale!). La Catalogna indipendente non potrebbe fare parte neppure delle Nazioni Unite, tranne un improbabile esito positivo della procedura di ammissione.
Conclusione
La Catalogna potrebbe divenire uno Stato indipendente solo se riuscisse a secedere effettivamente dalla Spagna, ma non potrebbe invocare il diritto all’autodeterminazione per ottenere il favore della comunità internazionale. Nello stesso tempo Madrid potrebbe far uso dell’art. 155 della Costituzione e prendere tutte le misure necessarie per impedire la secessione, incluso il ricorso ad azioni coercitive, purché conformi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e al diritto internazionale umanitario. Allo stato attuale, mediazioni di Stati terzi o della stessa Ue paiono inopportune, poiché finirebbero per riconoscere implicitamente una dimensione internazionale alla questione catalana.