Balcani Occidentali: la sfida della trasformazione democratica
La democrazia rappresentava un sogno per i popoli dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Kosovo, Serbia) all’inizio degli anni Novanta. Dopo cinquant’anni sotto il sistema comunista, con la caduta del Muro di Berlino il vento di cambiamento che ha scosso tutta l’Europa orientale è finalmente arrivato nei Balcani. Negli ultimi vent’anni ci sono stati progressi innegabili per l’instaurazione delle istituzioni e dell’economia di mercato, così come delle riforme nel settore della sicurezza, ma molte preoccupazioni sono state sollevate per quanto riguarda la qualità e la gestione democratica nella regione.
25 anni dopo, si potrebbe parlare di una democrazia formale in atto nella regione. Tuttavia, gran parte della sua sostanza è ancora assente, inclusa una vera cultura politica basata sulla fiducia. Sussistono ancora tanti dubbi che la democrazia balcanica sia più un gioco di potere, che abbia creato un ampio divario tra l’élite e i cittadini.
Le democrazie elettorali dei “regimi ibridi”
Infatti, la maggior parte dei Paesi dei Balcani occidentali rientra nella categoria dei “regimi ibridi”, secondo l’Indice della Democrazia 2016, con i Paesi che si classificano tra le posizioni 80 e 100: sono cioè caratterizzati come democrazie elettorali. Se il principio di elezioni libere e democratiche si accetta in tutta la regione, il funzionamento risulta ancora difficile. Le controversie elettorali, le accuse di manipolazione delle elezioni e la dolorosa transizione del potere sono la norma in questi Paesi.
Mentre le manipolazioni del voto non accadono più nel giorno delle elezioni, un’altra forma di manipolazione si nota, molto più strategica. Se raramente coinvolge violazioni visibili della legge, la manipolazione strategica delle elezioni comprende una serie di azioni volte a inclinare il campo elettorale, utilizzando l’accesso ai media, usando fondi governativi, modificando le regole elettorali, sovra-politicizzando le istituzioni elettorali, oppure usando altri simili strumenti.
Di conseguenza, tra la gente emergono in modo diffuso i sospetti che le elezioni siano diventate “il gioco del matto”; e l’interesse a partecipare attivamente declina. La partecipazione elettorale in tutta la regione è la più bassa negli ultimi 25 anni (41% in Kosovo, 46% in Albania, 49% in Macedonia, 54% in Bosnia-Erzegovina, 54% in Serbia) con l’eccezione del Montenegro (73%). Le elezioni non sono più considerate veicolo per un mandato di cambiamento e di speranza. Basandosi sul “dilemma del prigioniero”, i vincitori non godono più della fiducia degli elettori, ma ricavano vantaggi dalla diffidenza dei votanti nel confronto degli avversari.
Un processo di transizione senza fine
Purtroppo, i Balcani occidentali rimangono incastrati in un processo di transizione senza fine. Molti hanno cercato di confrontare e magari anche replicare il successo dell’allargamento dell’Europa centrale, creando l’impressione che il successo nel raggiungere l’adesione all’Unione europea avrebbe portato una veloce transizione democratica. Per i Balcani occidentali, l’adesione alle istituzioni euro-atlantiche è stato considerato come il principale meccanismo di sicurezza, stabilità e democrazia in una regione ‘travagliata’.
In verità, la democratizzazione rimane una caratteristica fondamentale della “europeizzazione”, utilizzando la “carota” dell’adesione per motivare le élite ad adottare importanti riforme strutturali.
L’integrazione con l’Ue rimane un obiettivo strategico in tutti i Paesi della regione, anche se più volte le élite locali favoriscono questo processo per vantaggi politici, senza veramente impegnarsi sui valori liberali e democratici dell’Unione. L’aumento delle democrazie illiberali in Europa, la polarizzazione politica e il populismo, soprattutto nel’Europa centrale, di certo non aiuta i Balcani occidentali, mandando i messaggi sbagliati.
L’obiettivo strategico dell’adesione all’Ue e i contraccolpi
Purtroppo, la ‘fatica all’allargamento’ dell’Ue sta offrendo ‘buoni’ motivi ai leader opportunistici nei Balcani per rallentare il processo di trasformazione, manifestato dalla ‘fatica delle riforme’. Altri ancora accusano l’Ue di avere sollevato la barra dell’adesione a livelli molto più elevati.
Mentre i Paesi dell’Europa centrale hanno istituzioni politiche ed economiche molto più avanzate rispetto ai Balcani occidentali, la situazione attuale rispecchia molti problemi che sono anche più visibili nei Balcani occidentali. La popolazione in Europa è scettica e frustrata nei confronti delle élite tradizionali, per la loro incapacità di fornire soluzioni ai problemi di accresciuta disuguaglianza, bassa crescita economica, immigrazione. Di conseguenza, l’insoddisfazione verso la politica tradizionale sta aiutando leader opportunistici populisti ad emergere.
Accentuate disuguaglianze e società stratificate
Nonostante il successo dell’Europa centrale nell’edificazione delle istituzioni e nella crescita economica, la rapida trasformazione della ha prodotto un’altrettanto rapida stratificazione della società. Nei Balcani occidentali, i redditi pro capite sono solo il 14% della media dell’Ue. Le accentuate disuguaglianze e la riduzione della classe media sono sfide urgenti nei Balcani occidentali: se non seriamente indirizzate potrebbero lacerare la regione dove la classe politica è considerata gravemente corrotta. In questo deprimente quadro economico, l’insoddisfazione verso la democrazia sta crescendo. L’aumento del populismo (manifesto nei partiti tradizionali) è una conseguenza logica, che apre ampi spazi di manovra per i leader opportunisti e riduce d’altra parte la rilevanza politica dei riformisti.
Il ruolo dell’Ue è decisivo per non permettere un’ulteriore regressione democratica e consentire la “stabilocrazia” nella regione. Purtroppo, l’Ue non è stata abbastanza critica per quanto riguarda la demolizione democratica, privilegiando la stabilità rispetto alla democrazia. La mancanza delle critiche necessarie è anche legata alla mancanza d’impegno nel processo di allargamento. Questo non significa che l’Ue debba abbassare i requisiti di adesione e accettare i Paesi che non rispettano gli standard. Un’importane lezione in questo campo proveniente dall’Europa centrale è che la condizionalità dell’Ue vale prima dell’adesione.
È comune per i Balcani occidentali incolpare tutto il resto del mondo per la loro situazione, non assumendosi mai le loro responsabilità per la mancanza dello stato di diritto nei loro Paesi. È giunto il momento che le riforme prendano un nuovo approccio. La società civile deve esigere la democrazia, lo stato di diritto, la seria lotta contro la corruzione. I giovani che aspirano a standard più elevati di vita devono unirsi in programmi comuni e condivisi sul loro futuro. Purtroppo, per molti di loro è più facile lasciare il Paese di provenienza e vivere una vita democratica altrove in Occidente, piuttosto che cercare di cambiare la situazione a casa. È qui che l’Unione europea dovrebbe fare di più per potenziare i giovani e sostenere i liberi mezzi di comunicazione ad esercitare pressioni sui leader per un cambiamento positivo.