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Elezioni legislative

Argentina: le urne non rimpiangono Cristina Kirchner

27 Ott 2017 - Carlo Cauti - Carlo Cauti

In Argentina si dice che il peronismo è come il tifo per il Boca Juniors: raccoglie il 50% più uno della popolazione. Ecco perché se nella provincia di Buenos Aires la figura peronista più emblematica, l’ex presidente ed ex ‘primera dama’ Cristina Fernández de Kirchner, arriva seconda nella corsa per il Senato, non è esagerato dire che si tratta quasi di una rivoluzione.

La Kirchner torna tra i banchi senatoriali avendo la sua lista ottenuto il secondo miglior risultato; ma quella andata in scena in occasione delle elezioni legislative di medio termine per il rinnovo di metà dei deputati e un terzo dei senatori è comunque una rivoluzione tripla.  È infatti la prima volta in trent’anni che la Kirchner non vince un’elezione. Non solo, ma viene battuta nella provincia della capitale argentina, che è stata storicamente una roccaforte del peronismo. E, infine, viene sconfitta dalla destra, della lista Cambiemos del presidente Mauricio Macri.

È bene ricordare che, storicamente, in Argentina la destra non ha mai avuto vere opportunità elettorali. Le urne non hanno mai sorriso ai conservatori e ai liberali, tanto che nel passato hanno avuto bisogno di utilizzare i carri armati per arrivare al potere. Questa volta, invece, sembra che la nuova destra di Macri stia facendo breccia tra la popolazione.

Cambiamento epocale o vittoria casuale?
Anche l’Argentina, una nazione talvolta orgogliosa e talvolta imbarazzata delle sue peculiarità, sarà entrata nell’onda globale di avanzata delle destre? È presto per rispondere. Ma, se così fosse, si tratterebbe della vera, grande rivoluzione per il Paese sudamericano. Una virata liberale significherebbe un radicale rovesciamento del ciclo politico ed economico.

Tuttavia, in queste elezioni ha perso il kirchnerismo. Non il peronismo.

Analizzando i risultati elettorali a Buenos Aires, provincia che concentra quasi il 40% degli elettori, è evidente che Cambiemos ha ottenuto una vittoria schiacciante, con il 41,38% dei consensi. Tuttavia, nella capitale argentina il peronismo si è presentato diviso, con tre diversi candidati. La Kirchner, seppur azzoppata da ben otto diverse inchieste per corruzione, ha ottenuto il 37,25% dei voti, Sergio Massa l’11,32% e Florencio Randazzo il 5,31%. Totale dei tre: 53,88%,

In altre parole, il peronismo conferma il vecchio adagio: raccoglie sempre il 50% più uno degli argentini. Come il Boca Juniors.

Sconfitti perché divisi
Anche in Parlamento i peronisti mantengono la maggioranza, benché divisi in tre tronconi. Alla Camera ci sono 66 kirchneristi, 34 peronisti e 21 massisti, contro solo 107 deputati di Macri. Al Senato gli esponenti di Cambiemos sono 24, contro 22 peronisti e 11 kirchneristi.

Ma benché maggioritario sulla carta, questo peronismo è destinato alla sconfitta. I tre candidati rappresentano correnti che si odiano l’un l’altra più di quanto detestino la destra.

È un odio arcaico, sorto all’epoca in cui lo stesso Peron era ancora vivo. Quando l’etichetta “peronista” serviva a classificare sia l’estrema destra della “Triple A” che la sinistra rivoluzionaria del “Montoneros”. I peronisti si sono ammazzati a vicenda per decenni. Fino a quando è arrivata la dittatura, nel 1976, e ha completato l’opera di sterminio.

L’odio reciproco persiste ancora oggi. Ma queste elezioni legislative segnano la sconfitta del peronismo kirchnerista e l’inizio della battaglia per la conquista della leadership di un peronismo unificato. Una lotta che sarà senza spargimenti di sangue, ma politicamente molto dura, il cui esito non è affatto certo. E che indebolirà ulteriormente lo schieramento peronista.

Macri punta al bis
È proprio questa divisione tra i peronisti che ha facilitato il trionfo della destra a queste elezioni e che fa di Macri il candidato favorito alle presidenziali del 2019. Oltre che rafforzare il suo mantra riformista. “L’Argentina non deve aver paura delle riforme”, è stata, non a caso, la prima dichiarazione del presidente argentino dopo la divulgazione dei risultati elettorali.

Riforme liberali, ovviamente, con – in primis – controllo della spesa pubblica, privatizzazioni, più mercato e meno Stato. Anatemi per il peronismo storico. Una rivoluzione per l’Argentina.

Foto di copertina © Claudio Santisteban via ZUMA Wire