Ue: Juncker al Pe, programma e ambizioni di fine legislatura
Con l’annuale discorso sullo stato dell’Unione, ispirato, rispetto al recente passato, a maggiore ottimismo e a maggiore fiducia sul futuro dell’Europa, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha illustrato al Parlamento europeo il programma di lavoro dell’Esecutivo fino alla conclusione della legislatura.
Juncker ha potuto presentare un programma ambizioso da una posizione più confortevole rispetto agli anni scorsi, grazie a una ritrovata fiducia dei cittadini europei nell’Unione, grazie a un regresso dei fenomeni di euroscetticismo, ma soprattutto grazie ad una situazione assai più incoraggiante dell’economia (un’Europa che cresce in media del 2%, con un’Eurozona che cresce del 2,2%, e che cresce comunque più degli Usa) e dell’occupazione (con più occupati di prima della crisi): in sintesi grazie ad un’Europa che ha di nuovo “il vento in poppa”.
Un programma di lavoro che testimonia della volontà della Commissione di riaffermare il proprio ruolo di istituzione “politica” cui compete la responsabilità di proporre misure e iniziative, in una fase in cui i Governi nazionali avevano dato l’impressione di monopolizzare la scena politica e mediatica con varie iniziative e in vari formati.
Le indicazioni istituzionali
Sul piano istituzionale nessuna sorpresa che Juncker abbia escluso la prospettiva di una revisione dei Trattati a breve-medio termine (“non è quel che ci chiedono i cittadini europei”). Può invece apparire più sorprendente il suo esplicito appello a procedere in maniera inclusiva, lasciando in disparte il metodo delle integrazioni differenziate o dell’Europa a più velocità (che pure sembra attrarre crescenti consensi in alcune capitali).
Da qui l’obiettivo di estendere il regime di Schengen anche a Romania, Bulgaria e Croazia; l’idea che l’euro diventi la moneta comune di tutta l’Unione (“una moneta che unisce e non divide”); e infine l’idea che tutti i membri dell’Unione possano far parte dell’Unione bancaria. Progetti evidentemente di lungo periodo, che dovranno fare i conti con le volontà dei singoli Governi interessati, ma che testimoniano dei timori della Commissione per certe spinte centrifughe che si stanno manifestando soprattutto in alcuni Paesi dell’Europa Centro-orientale.
Infine sempre tra le questioni istituzionali da registrare la “simpatia” espressa per la proposta di liste transnazionali per le elezioni al Parlamento europeo (questione che dovrà essere affrontata nel contesto della discussione sul destino dei 73 seggi britannici al Pe dopo la Brexit); il rilancio della proposta (compatibile con i Trattati) di una fusione delle figure del presidente della Commissione e del presidente del Consiglio europeo; e l’appello a utilizzare laddove possibile le clausole-passerella che consentono di passare dall’unanimità la voto a maggioranza.
Le proposte di governance dell’euro
Fra le proposte di policy, le più interessanti sono probabilmente quelle relative al completamento della governance dell’euro. Su questo Juncker ha anticipato che la Commissione farà proposte concrete, entro la fine dell’anno, sulla trasformazione del Meccanismo europeo di Stabilizzazione in un Fondo monetario europeo, e sul ministro delle Finanze europeo (non una nuova istituzione, ma il commissario competente per materia, cui verrebbero attribuite “nuove responsabilità di supporto alla riforme strutturali negli Stati membri” e di “coordinamento degli strumenti finanziari a disposizione dell’Ue” per assistere Stati membri in difficoltà).
Si è però pronunciato contro l’idea di un separato e autonomo bilancio dell’Eurozona (dovrebbe trattarsi eventualmente di una “linea” del bilancio comune dell’Ue) e contro l’idea di un separato Parlamento dell’Eurozona (il Parlamento europeo deve essere anche il Parlamento dell’Eurozona).
Politica commerciale e flussi migratori
Juncker ha poi rivendicato la legittimità e la validità della politica commerciale condotta dall’Ue, sottolineando i vantaggi per la crescita e per l’occupazione di un sistema ispirato alla liberalizzazione degli scambi e ricordando la prossima conclusione dell’accordo con il Giappone, i progressi realizzati con Messico e Mercosur, e la prossima apertura di negoziati con Australia e Nuova Zelanda. Ha anche promesso maggiore trasparenza nella conduzione dei negoziati commerciali (i mandati negoziali saranno resi pubblici dalla Commissione); maggiore attenzione alla reciprocità; e infine una imminente iniziativa della Commissione per consentire un più efficace controllo, a livello europeo, sugli investimenti dall’estero in settori d’interesse strategico nazionale.
Qualche novità (non spettacolare) anche sul fronte delle gestione dei flussi migratori. Da registrare, oltre a un non scontato riconoscimento al ruolo svolto dall’Italia (con la riduzione dei flussi provenienti dal Mediterraneo centrale), e la constatazione dei miglioramenti realizzati nel controllo delle frontiere esterne, la proposta di un rafforzamento dei programmi di rimpatrio degli irregolari (una condizione necessaria per poter accogliere adeguatamente chi ha diritto alla protezione internazionale), la proposta per la creazione di corridoi umanitari per l’accoglienza di richiedenti asilo provenienti da Turchia, Libano e Giordania, e la disponibilità a impegnarsi per la ricerca di un compromesso sulla riforma del Regolamento di Dublino.
I silenzi del presidente
Sintomatico poi che Juncker abbia speso solo poche parole sul tema della Brexit (più un problema per il Regno Unito che per la Ue), associandovi la proposta di un Vertice dei capi di Stato e/o di governo dei 27 per il 30 marzo 2019, all’indomani dell’ormai (auspicabilmente) consumato divorzio britannico, e alla vigilia delle elezioni europee, per rilanciare il progetto comune in un contesto che si vorrebbe di ritrovata omogeneità.
E altrettanto sintomatico il silenzio di Juncker sulle difficoltà di dialogo con alcuni governi di Paesi dell’Europa centro-orientale, con i quali non mancano certo i motivi di dissenso e che non perdono occasione per polemizzare con l’Ue e le sue istituzioni: un segnale della volontà del presidente della Commissione di apparire in questa occasione perfino eccessivamente inclusivo.
Infine da segnalare che il discorso si limita a ribadire un generico impegno della Commissione sul tema della difesa europea, sul quale peraltro la stessa Commissione da ultimo aveva assunto un ruolo profilato e costruttivo (tra l’altro con la proposta di un Fondo europeo per la Difesa). E a confermare, senza fornire anticipazioni, che la Commissione presenterà nella prossima primavera una proposta formale sul prossimo quadro finanziario multi-annuale e sul futuro del bilancio dell’Unione, che avrà l’obiettivo di combinare risorse e ambizioni.
In sintesi il discorso ha testimoniato della volontà della Commissione di riassumere l’iniziativa politica e di rioccupare la scena con varie proposte, alcune delle quali anche molto specifiche e concrete. Particolarmente interessanti sotto questo profilo le proposte avanzate sul tema della governance dell’Eurozona, che sembrano voler anticipare (e per certi aspetti ridimensionare) quanto potrà emergere dalle varie ipotesi di intesa fra Berlino e Parigi; o quelle altrettanto ambiziose in materia di riassetti istituzionali (come l’estensione sistematica del voto a maggioranza, la fusione delle cariche di presidente della Commissione e di presidente del Consiglio, la lista transnazionale per il Parlamento europeo).
Con questo ambizioso programma di fine legislatura la Commissione ha fatto la sua parte. Ora la palla è nel campo dei Governi nazionali. A loro la responsabilità di manifestare se e in che misura saranno disposti a seguire la Commissione in questa ambiziosa visione del futuro dell’Europa. Con la possibilità che se non tutti saranno pronti o disponibili si possa avanzare anche sulla base di gruppi più omogenei inizialmente ristretti.