Terrorismo: l’Isis è meno letale, ma noi restiamo vulnerabili
A distanza di qualche tempo dagli ultimi attentati in Spagna, in Svezia e in Inghilterra, si possono mettere in evidenza con certezza due elementi sull’offensiva del terrorismo: il primo, e ciò costituisce senza dubbio una buona notizia, è che il sedicente Stato islamico, l’Isis, ha ridotto in maniera consistente la propria capacità offensiva; il secondo, ma questa è una notizia meno rassicurante, è che le vittime degli attentati, pur essendo in numero inferiore rispetto, ad esempio, a quelle degli attentati di Parigi del novembre 2015, continuano a essere numerose e sono il risultato di una scelta operativa terroristica difficile da neutralizzare.
Buone notizie, ma non è ancora finita!
Con riferimento alla prima affermazione, non si può che constatare una perdita d’efficacia dell’azione terroristica, perché gli attentati più recenti non sono stati realizzati con AK47 o con una cintura esplosiva o con altre armi sofisticate e micidiali. Ciò indica da un lato una sopravvenuta difficoltà dei terroristi a procurarsi armi per compiere un attacco; il che li costringe a ripiegare su modalità d’offesa atipiche; e, dall’altro, va a merito dell’attività di prevenzione svolta dalle strutture informative e di anti-terrorismo impegnate sul territorio.
Tuttavia, nonostante la consistente perdita di capacità offensiva, c’è anche un dato negativo che emerge dagli ultimi episodi: c’è chi continua a “fare morti”, con strumenti facilmente accessibili e difficilmente contrastabili preventivamente nel loro utilizzo anomalo, quali grossi veicoli, coltelli, ordigni rudimentali.
Va pure considerato che questi strumenti, proprio perché sono facilmente accessibili ed sono utilizzabili da chiunque, possono stimolare il desiderio di emulazione da parte di soggetti non ancora segnalatisi all’attenzione delle strutture di sicurezza, che decidono, per le più svariate ragioni, d’improvvisarsi “volontari jihadisti”.
Chiaramente, tali persone rappresentano una criticità per tutti gli enti deputati alla sicurezza, che si trovano spesso a dovere contrastare soggetti completamente sconosciuti.
La macchina della sicurezza in Italia: domande e dubbi
Considerata l’attualità di questo modus operandi, sorge spontanea una domanda: in Italia, la ‘macchina della sicurezza’ ha davvero adottato tutte le misure per prevenire un attacco terroristico? E’ assodato che il braccio operativo, costituito da intelligence e da forze di polizia, se ad oggi ancora non abbiamo subito sul territorio nazionale un vero attacco, ha funzionato e continua a funzionare davvero bene.
E quanto al comportamento del decisore politico? In alcune città italiane le rispettive amministrazioni locali hanno disposto in punti strategici, tipo zone pedonali o arterie di traffico particolarmente frequentate, l’installazione di blocchi di cemento per frenare la corsa di autoveicoli eventualmente lanciati sulla folla. Ma una grossa falla della sicurezza nell’ottica della prevenzione è al momento purtroppo rappresentata dalle stazioni ferroviarie – e dai convogli metropolitani -.
Infatti, a tutt’oggi si può tranquillamente salire su un treno senza essere assoggettati a particolare controlli, a parte quello del biglietto, con l’opportunità di portare quindi a bordo armi o esplosivi. Eppure, se si va indietro di qualche anno, agli attentati nella stazione Atocha di Madrid nel 2004 o alla metropolitana di Londra nel 2005, sempre ad opera di Al Qaeda, si possono constatare gli effetti devastanti di un protocollo di sicurezza inadeguato nelle stazioni ferroviarie e della metropolitana.
Rinunciare a qualche comodità per una maggiore sicurezza
A questo punto, bisogna che tutti accettino l’idea che la gravità della situazione attuale, con la conseguente seria minaccia alle più elementari condizioni di sicurezza generali, impone l’adozione d’idonei ed efficaci strumenti di prevenzione, che risulteranno limitativi della libertà individuale. Ed è bene che i cittadini si rendano conto della necessità di sacrificare qualche comodità a favore di un regime di sicurezza che tuteli davvero l’incolumità.
In tal senso, è indispensabile che, quantomeno nelle principali stazioni ferroviarie del Paese, siano installati sistemi di controllo alla stregua di quelli utilizzati negli aeroporti. Ed è importante che tutto ciò venga fatto al più presto: lo scenario d’un attacco in una stazione è solo un’ipotesi e non si è ancora realizzato in Italia, ma sarebbe un grave inadempimento politico l’attendere un attentato prima di procedere alla messa in sicurezza degli scali ferroviari.
Certo, è piacevole potere prendere un treno arrivando all’ultimo momento prima della sua partenza e potendo portare con sé qualsiasi cosa. Ma per la tutela di un bene più grande, quello della propria ed altrui vita, è inevitabile sacrificare qualcosa di non essenziale ed è quindi opportuno cominciare a pensare di dover arrivare alla stazione in anticipo per sottoporsi a controlli di sicurezza efficaci.