Se la tecnologia insidia (anche) il lavoro intellettuale
Negli ultimi anni globalizzazione prima e crisi economica poi hanno pesantemente cambiato il mercato del lavoro in Europa e negli Stati Uniti. La delocalizzazione ha portato alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero. Le continue innovazioni tecnologiche, in particolare l’automazione, il personal computer e internet, hanno sostituito molte altre professioni, nel manifatturiero ma anche nei servizi. In entrambi i casi si trattava soprattutto di professioni a livello d’istruzione e con retribuzioni medio-basse.
Ma la rivoluzione tecnologica sta entrando in una nuova fase. A rischio sono ora professioni che richiedono livelli di competenza e d’istruzione medio-alti e che garantiscono redditi elevati. Con conseguenze sul mercato del lavoro difficili da prevedere. Facile ipotizzare invece che la “vecchia ricetta”, fatta di ammortizzatori sociali e strumenti di ridistribuzione del reddito, non sarà più sufficiente.
Globalizzazione e delocalizzazione del manifatturiero
Negli ultimi vent’anni la globalizzazione ha cambiato il mercato del lavoro delle economie avanzate. Negli Stati Uniti molte produzioni industriali sono state delocalizzate alla ricerca di costi del lavoro più bassi causando un aumento della disoccupazione. Gran parte dei posti di lavoro perduti pagava salari medio-bassi e richiedeva livelli d’istruzione limitati. Le fabbriche di automobili, condizionatori e televisori di Michigan, Ohio e North Carolina chiudevano perché la produzione si spostava in Cina, Messico e Corea del Sud.
Un fenomeno analogo è avvenuto anche in Europa. Come conseguenza, diversi punti di pil americano ed europeo si sono spostati dalla manifattura ai servizi, questi ultimi generalmente legati al territorio e quindi più difficilmente ‘delocalizzabili’. Vi è stata anche una transizione dell’industria verso produzioni più complesse, che richiedono maggiore know-how e quindi sono più difficilmente replicabili.
Nuove tecnologie e aumenti di produttività
In parallelo alla globalizzazione anche l’introduzione di nuove tecnologie ha avuto un impatto importante sul mondo del lavoro. L’automazione produttiva nelle fabbriche e l’introduzione di personal computer e internet negli uffici hanno aumentato la produttività, ma reso superflui centinaia di migliaia di lavoratori. Non solo nell’industria. ma anche nei servizi. Negli ultimi anni si è fortemente ridimensionata l’occupazione impiegatizia di banche e assicurazioni, agenzie viaggio e compagnie aeree, editoria e commercio. La tecnologia ha sostituito quasi completamente figure come cassiere – in banca e al supermercato – contabile, benzinaio, casellante autostradale, archivista, tipografo, correttore di bozze, postino. Anche in questo caso si tratta in larga misura di mestieri con livelli d’istruzione e salari non molto elevati.
La risposta a questi cambiamenti è stata generalmente quella di investire una quota del plusvalore ottenuto dall’aumento di produttività. In parte in ammortizzatori sociali e meccanismi di redistribuzione del reddito, in parte in formazione e riqualificazione professionale.
La nuova sfida della tecnologia al lavoro
Oggi la sfida è molto più ambiziosa. Le nuove tecnologie insidiano professioni che richiedono livelli di competenza e d’istruzione medio-alti e garantiscono redditi elevati. Sono a rischio – o rischiano di essere fortemente ridimensionati – mestieri ad alto valore aggiunto, professioni di prestigio e di caratura intellettuale. Già oggi gli androidi sono sperimentati anche in settori ad alto capitale umano come la medicina. Robotica e sofisticate applicazioni di realtà aumentata consentono di praticare la chirurgia a distanza e semplificano enormemente molti interventi.
I software sono ormai in grado di sostituire egregiamente figure come il traduttore e l’interprete. Lo stesso vale per mansioni legali e para-legali che comportano lunghe ricerche di precedenti, riferimenti a documenti e sentenze, redazione di contratti e allegati. La tecnologia ha cambiato drasticamente anche il mestiere del giornalista. Molte professioni del settore finanziario con un certo grado di ripetitività rischiano di essere sostituite da macchine che prendono decisioni in base ad algoritmi. Molte operazioni di trading in borsa già avvengono in questo modo. Nel turismo e nella cultura la realtà aumentata consentirà presto di visitare città e musei rimpiazzando le guide – cartacee e in carne e ossa – con occhiali-intelligenti.
Conclusioni
L’innovazione tecnologica sta producendo una vera e propria rivoluzione. Ci saranno conseguenze positive, nella qualità della vita e in economia. Aumenteranno la produttività e la ricchezza complessiva. Ma il mondo del lavoro sarà caratterizzato da enormi cambiamenti, anche per le professioni che richiedono alti livelli di competenza e d’istruzione. E la “vecchia ricetta” della ridistribuzione del reddito non sarà, da sola, sufficiente a gestire i nuovi problemi.