Russia: i nuovi passi della diplomazia in Medio Oriente
La Russia ha saputo sfruttare il caos seguito alle cosiddette Primavere arabe per guadagnare posizioni in vari teatri della Mena e del Golfo Persico, due regioni scosse negli ultimi anni da conflitti, politici e militari, di varia intensità, durata e gravità. Il ritorno della Russia sulla scena mediorientale è avvenuto a discapito degli Stati Uniti, i quali, sotto la presidenza Obama, hanno spesso adottato una politica poco lineare e a volte in deciso contrasto con il passato, alienandosi alcuni dei loro storici alleati.
Il caos politico delle Primavere Arabe ha poi condotto a una ricomposizione delle classi dirigenti, che, come in Egitto, si sono dimostrate più sensibili al richiamo di Mosca. I conflitti, anche molto sanguinosi come in Libia e in Siria, hanno minacciato direttamente interessi russi, ma hanno anche aperto nuove possibilità di sviluppare alleanze.
Mosca si propone come partner credibile
La rinvigorita politica russa verso la regione del Mediterraneo va, inoltre, inquadrata nel contesto più ampio delle alleanze regionali, dove Mosca sta cercando di guadagnare terreno e di porsi come un credibile partner sia politico sia economico. È in questo scenario che deve essere inserita, per esempio, la visita di fine agosto del ministro degli esteri Serghei Lavrov in vari Paesi dell’area del Golfo Persico, che storicamente è sempre stata dalla parte degli Usa.
L’obiettivo di Mosca non è solo di guadagnare terreno nella regione, ma anche di inserirsi nella difficile situazione che da qualche mese si è venuta a creare tra vari Paesi dell’area e il Qatar, accusato di sostenere il terrorismo jihadista. Lavrov ha visitato prima il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti e, infine, il Qatar stesso, dove ha espresso il sostegno di Mosca agli sforzi di mediazione del Kuwait per risolvere la crisi diplomatica che ormai perdura da tre mesi.
Lo sforzo russo non s’è fermato qui, perché sempre Lavrov ha nuovamente intrapreso un viaggio diplomatico a inzo settembre, andando a incontrare in Arabia Saudita a Gedda il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir. Con lui, Lavrov ha nuovamente messo in evidenza la necessità di un dialogo tra le parti, che al momento sembra mancare visto che, proprio il giorno precedente l’arrivo del ministro russo, l’Arabia Saudita ha bloccato i piani precedentemente avviati per riaprire i canali di comunicazione con il Qatar.
La questione qatariota e gli interessi russi tra Iran e Turchia
La questione qatariota tocca da vicino la Russia perché tra le richieste che l’Arabia Saudita ha fatto per riaprire i canali diplomatici ce ne sono due che riguardano Paesi al momento, e per motivi diversi, vicini a Mosca. Il primo è l’Iran, con cui il Qatar ha importanti relazioni e che rappresenta un alleato centrale per Mosca nella guerra in Siria.
La scorsa estate bombardieri russi hanno operato da basi iraniane per colpire obiettivi in Siria. E la Russia appoggia apertamente le operazioni di Hezbollah in Siria. Un ulteriore elemento di rafforzamento di questa alleanza sono le esercitazioni congiunte tra Iran e Russia condotte a luglio dalle rispettive marine sul Mar Caspio. Inoltre, ad agosto l’ex primo ministro iracheno Nuri al-Maliki, filo-iraniano, è stato in visita a Mosca chiedendo una presenza più visibile della Russia nel suo Paese.
Molti hanno sostenuto che il viaggio di Maliki a Mosca sia stato un modo di portare il sostegno russo a una sua futura candidatura alle elezioni parlamentari dell’aprile 2018: dal punto di vista russo, ciò potrebbe anche servire a contrastare l’influenza americana in Iraq.
Il secondo Paese legato al Qatar che nell’ultimo anno s’è avvicinato alla Russia è la Turchia. Quest’ultima prende parte ai colloqui di Astana con Russia e Iran, che hanno posto le basi per una sorta di normalizzazione del conflitto siriano di cui ora si intravedono i risultati. Inoltre, Ankara s’è mostrata interessata all’acquisto di un sistema missilistico anti-aereo russo S-400, ponendosi in netto contrasto con gli alleati Nato che vedrebbero compromessa l’interoperabilità dei loro sistemi.
La questione siriana e la presenza russa
La Russia ha ormai sviluppato una solida base operativa in Siria dove impiega, in appoggio al presiente Assad, la propria aviazione, truppe sul terreno e mezzi navali. La Siria è così diventata il nodo meridionale di una strategia A2/AD (anti-air/area denial, ovvero basata su sistemi di difesa che interdiscono le capacità aeree e quelle di penetrazione del nemico in una data area) che in modo più o meno continuativo va dal Mar Baltico al Mediterraneo passando per l’Europa orientale e il Mar Nero.
La presenza russa in Siria è destinata a durare a lungo, visto che il presidente Putin ha ratificato un accordo con il governo siriano che consente alla Russia di mantenere la base aerea di Khmeimim, nella provincia di Latakia, per 49 anni, con la possibilità di estensione per altri 25 anni. La questione siriana potrebbe anche essere stata un elemento di discussione a Gedda, visto che Russia e Arabia Saudita si trovano ad appoggiare nel conflitto siriano fazioni opposte. Visti i recenti sviluppi sul campo favorevoli ad Assad, tra cui la fine dell’assedio a Deir ez-Zor, un confronto tra le parti è sicuramente necessario.
Visto questo considerevole coinvolgimento russo, a cui si deve poi aggiungere l’influenza in Libia ed Egitto, è chiaro come ormai Mosca sia un attore regionale importante di cui tener conto per disegnare un nuovo equilibrio politico.