IAI
Nuovo Patto per l'Europa

Ue: cambio di governance, una visione italiana

15 Ago 2017 - Eleonora Poli - Eleonora Poli

Nonostante il dilagante euro-scetticismo, per gli italiani l’Unione europea è ancora fondamentale non solo per promuovere il ruolo dell’Italia, ma anche per la stabilità nell’arena globale. La sua governance, però, va cambiata radicalmente. Questo è quanto emerso dal gruppo di riflessione nazionale riunito dallo IAI nel corso del 2016 e del 2017 nell’ambito del progetto New Pact for Europe. Secondo gli italiani, l’Unione europea sembra in effetti bloccata in una generale impasse, incapace di superare le crisi multiple che l’hanno colpita. Sebbene la colpa non sia solo europea, ma di quelli stessi Stati membri che continuano a considerare prioritari gli interessi nazionali rispetto al bene comune, l’Ue deve necessariamente mettere in atto una serie di azioni giudicate essenziali al rilancio del progetto europeo e al superamento dello stallo che la affligge.

Poca convergenza e poco aiuto
Ad esempio, sebbene il Pil europeo sia cresciuto nell’arco del 2016, una qualsiasi forma di convergenza economica, necessaria alla stabilità dell’eurozona, è ben lontana dall’essere raggiunta. Il benessere non è equamente ripartito sia tra Stati sia tra cittadini. E a fronte di un numero di Paesi membri che hanno un surplus della bilancia commerciale superiore al 6%, ce ne sono molti altri, tra cui l’Italia, che faticano a tenere il passo. Inoltre, a livello sociale, le politiche di austerità imposte hanno portato ad un innalzamento della pressione fiscale, l’occupazione quando c’è non è accompagnata da salari o garanzie adeguate e il sistema di welfare sociale è continuamente ridotto.

Sicuramente, la situazione italiana va ricondotta a problemi precedenti alla crisi economica e, nello specifico, alle mancate riforme in grado di modernizzare il sistema-Paese quando l’economia mondiale stava crescendo. Tuttavia, secondo il gruppo di riflessione nazionale, l’ Unione europea può e deve fare molto di più per aiutare l’Italia e migliorare le condizioni di vita dei cittadini.

Idee per il futuro, banche e sicurezza
Un’idea è quella di completare l’ Unione economica e monetaria con strumenti adeguati a prevenire ulteriori crisi. Uno di questi è il Meccanismo di Risoluzione unico per  garantire una risoluzione ordinata delle banche in dissesto, con costi minimi per i contribuenti e per l’economia reale, e il Deposit Insurance Scheme europeo a completamento dell’ Unione bancaria. Inoltre, i Paesi in crescita economica come la Germania o l’Olanda dovrebbero stimolare la domanda interna con più spesa e investimenti per incoraggiare convergenza economica tra i Paesi membri ed essere in linea con le regole fiscali e di bilancio europee. In questo frangente, gli italiani sono ancora favorevoli alla creazione di un ministro delle Finanze responsabile del budget europeo e di un fondo per gli investimenti che sviluppi programmi per la lotta contro la disoccupazione e la promozione del benessere sociale.

Per gli italiani, anche la sicurezza rimane un area dove serve maggiore cooperazione. La Strategia Globale europea rischia infatti di rimanere solo verbo se non viene tradotta in azioni concrete. Gli Stati membri dovrebbero necessariamente coordinare le loro politiche estere e integrare i loro sistemi di difesa. Per questo motivo l’implementazione di una Permanent Structured Cooperation (Pesco), decisa dal Consiglio europeo lo scorso giugno, o di programmi europei per la lotta al terrorismo tramite la cyber-security o l’information sharing sono una priorità.  Tuttavia l’accordo siglato tra Francia e Germania lo scorso luglio sembra non procedere nella destinazione “comunitaria” auspicata. Infatti, sembra che ogni sviluppo europeo di accordi sulla difesa e la sicurezza debba costruirsi attorni all’integrazione bilaterale franco-tedesca, che di fatto esclude l’Italia.

La crisi migratoria acuita dagli egoismi nazionali
In questo contesto, anche la crisi migratoria è considerata dagli italiani come un problema europeo acuito dagli egoismi nazionali. Da un lato la riluttanza di alcuni Paesi membri come la Polonia o l’Ungheria, che  hanno rifiutato di mostrare solidarietà verso l’ Italia e gli altri Paesi più colpiti dall’ondata migratoria, ha sicuramente esasperato la crisi oltre a delegittimare i meccanismi europei di  ricollocamento e reinsediamento dei richiedenti asilo nei diversi Stati membri sulla base di quote ben definite.

Dall’altro, l’iniziativa di Macron in Libia ha rappresentato uno schiaffo morale per l’Italia, che da tempo cerca di promuovere, tramite il supporto europeo, forme di cooperazione politica ed economica con il Paese, al fine di prevenire massicci flussi di emigrazione. Secondo gli Italiani, al di là delle innumerevoli dichiarazioni, non da ultimo quella del Consiglio a Tallin, è necessario sviluppare un approccio comunitario al problema. E, oltre all’attuazione di una politica di asilo europea, bisogna predisporre un’ effettiva redistribuzione del costi sociali e non dei migranti economici, cioè coloro che partono per motivi non strettamente umanitari e che rappresentano il gran numero degli sbarchi in Italia. Inoltre, la crisi migratoria non dovrebbe essere affrontata solo dal punto di vista della gestione delle frontiere, ma anche come un processo più ampio che predispone lo sviluppo di vie legali per l’ingresso nell’Ue e di programmi per l’integrazione dei migranti nelle economie locali.

I rischi di una Multispeed Europe
In conclusione, il futuro dell’ Unione europea va visto in chiave di una maggiore cooperazione tra Paesi membri. Certamente, al di là della Brexit, è difficile pensare a decisioni politiche comuni prese a 27. Tuttavia lo sviluppo di un sistema di governance a più velocità, la cosiddetta Multispeed Europe,  così come prospettato dalla Dichiarazione di Roma per il 60° Anniversario della firma del Trattato, non può risultare in un’Europa di egoismi o di iniziative franco-tedesche a cui il resto degli Stati si può, o deve, adeguare. Servono maggiori azioni di coordinamento da parte delle istituzioni comunitarie. Infatti, se i Paesi membri continueranno a sacrificare l’interesse europeo per questioni di politica interna e potere nazionale, non danneggeranno solo il processo di integrazione, ma anche l’efficacia delle stesse azioni europee, svuotando l’ Unione della proprio storica missione, quella di creare un comune benessere, pace e stabilità regionale.