Libia: dopo Saint-Cloud, resta fragile e complessa
Il 25 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron ha patrocinato, nelle vicinanze di Parigi, a La Celle Saint-Cloud, un incontro sulla Libia fra il premier libico al-Serraj e il comandante del sedicente Esercito nazionale libico (Enl) Heftar. L’incontro s’è concluso con una dichiarazione comune nella quale le due parti sottolineano che la soluzione della crisi libica deve avere un carattere politico e s’impegnano a cessare il fuoco, a rendere operativi gli accordi di Skhirat conformandosi alla mediazione delle Nazioni Unite, ad avviare l’integrazione delle forze combattenti in una sola compagine nazionale al servizio del governo, a combattere il terrorismo e i traffici illeciti e, infine, ad appoggiare i lavori comuni della Camera dei Deputati (CdD) di Tobruk e dell’Alto Consiglio di Stato (Acs) di Tripoli per arrivare “appena possibile” ad elezioni presidenziali e parlamentari.
Una dichiarazione non firmata da nessuna delle due parti
La corrispondenza del Libya Herald che riporta la Dichiarazione avverte che essa non è stata firmata da nessuna delle due parti. Non è tuttavia solo questa circostanza a lasciare incerti sul significato e il valore del terzo dei vertici Serraj – Heftar che hanno avuto luogo negli ultimi sei mesi. I due precedenti, al Cairo in febbraio sotto il patrocinio dell’Egitto e ad Abu Dhabi in maggio, si sono entrambi conclusi senza nessun risultato di rilievo, anzi hanno avuto seguiti piuttosto polemici, nel cui contesto il generale Heftar ha tenuto a far sapere di non volere raggiungere nessun compromesso.
Le foto e i reportage hanno mostrato a Saint-Cloud un Heftar più disponibile e hanno commentato positivamente l’incontro. Ma, dietro lo sforzo e le potenzialità positive della diplomazia francese, la situazione resta estremamente fragile e complessa.
Un percorso per la Libia apparentemente concordato
In quale situazione è la Libia? Fra la seconda parte del 2016 ed oggi, il generale Heftar si è assai rafforzato sia sul piano militare che su quello politico. In questo contesto, il dibattito interno congiuntamente alla diplomazia internazionale e regionale (il terzetto Algeria, Egitto, Tunisia) hanno messo capo a una sorta di riforma degli accordi di Skhirat che si fonda su un compromesso fra Serraj e Heftar.
Questo compromesso dovrebbe tradursi in una transizione guidata da un Consiglio presidenziale (Cp) ridotto da nove a tre membri e da consultazioni fra la CdD di Tobruk e l’Acs di Tripoli – il primo guidato da Aguila Sale Issa, presidente della CdD e alleato di primo piano di Heftar, e il secondo da Abdarrahman Swehli, che rappresenta invece forze di Misurata più o meno vicine a Serraj e alla sua piattaforma politica. Questa transizione sarebbe destinata a portare a elezioni presidenziali e parlamentari (e verosimilmente anche all’approvazione della costituzione).
Quattro fattori minano la transizione in Libia
Questo percorso, confermato – come abbiamo visto – nella Dichiarazione di Saint-Cloud, è tuttavia abbondantemente minato da almeno quattro fattori.
Innanzitutto, non è chiaro chi andrà a comporre il nuovo Cp a tre. Una proposta iniziale era la rituale ma ormai largamente superata formula di un rappresentante per ognuna delle tre macroregioni della Libia, la Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan, La proposta che invece è poi circolata è che sia formato da Serraj, Heftar e Sale Issa.
A chi scrive questa formazione appare fortemente squilibrata a favore di Heftar e quindi altamente provocatoria. Piuttosto che incentivare un dialogo è destinata a scatenare nuovi conflitti e indebolire gravemente la piattaforma centrista attorno a Serraj, che è poi quella che resta al cuore del percorso di risoluzione del conflitto che si vuole ancora nelle mani dell’Onu.
Più plausibile il dialogo fra la CdD di Tobruk e l’Acs di Tripoli, anche se resta da capire attraverso quali procedure esso potrà smussare le forti asperità che comunque continuano a dividere i singoli delegati e i loro gruppi. Va poi notato che nessuna proposta emerge sul modo di rappresentare o imbrigliare (ma è possibile?) i comandanti delle milizie, che spesso hanno i politici alle loro dipendenza piuttosto che dipenderne (Heftar è un caso in parola!). In effetti, il punto della Dichiarazione di Saint-Cloud che accenna alla volontà delle due parti di porre mano a una riforma del settore di sicurezza è priva di ogni base fattuale e intellettuale.
Altri elementi di debolezza delle conclusioni di Saint-Cloud
In secondo luogo, la strategia che affida la risoluzione della crisi a un compromesso con Heftar può avere l’effetto di distruggere il centro politico che la mediazione dell’Onu con gli accordi di Skhirat ha creato facendo staccare diversi gruppi di moderati dalle fazioni rivoluzionare. Esistono già segni evidenti di una ricomposizione dell’ala rivoluzionaria. Un compromesso perseguito senza nel contempo rafforzare la piattaforma centrista di Serraj può portare alla saldatura dei rivoluzionari, al collasso della piattaforma centrista e forse anche a un nuovo ciclo di guerra civile.
In terzo luogo, un aspetto specifico di quanto abbiamo appena detto è che alcuni a Misurata cominciano a vedere la transizione Serraj-Heftar – con la possibile inclusione di Sale Issa nel Cp di transizione e la possibile scomparsa dopo le elezioni dell’Acs, oggi in mano a Swehli, uomo di Misurata – come un processo che mette Misurata ai margini. In effetti, al posto di Sale Issa nel Cp dovrebbe esserci Ahmed Maetig, che rappresenta Misurata ed è l’anello di congiunzione fra i duri e i meno duri della città. Il sospetto di Misurata che si tratti di una transizione dominata da Heftar è più che giustificato.
Il quarto e ultimo fattore è che l’appoggio esterno dell’Egitto, degli Emirati Arabi Uniti (Eau), del Golfo e, più da lontano, della Russia ad Heftar è diventato sempre più importante e condizionante. Che a mediare i vertici Serraj-Heftar del Cairo e di Abu Dhabi ci fossero mediatori così partigiani come l’Egitto e gli Emirati è ridicolo e soprattutto non può portare a nessuna soluzione se non alla conflagrazione di un nuovo conflitto civile.
I rischi di un nuovo conflitto civile
In questo quadro, quali possibilità di maggiore efficacia ha la mediazione francese? Nell’ambito della sua politica di controterrorismo, Parigi ha usato Heftar come “proxy” e l’ha appoggiato. La sua mediazione non è in principio meno partigiana di quella del Cairo e di Abu Dhabi o almeno così può apparire. Tuttavia, l’influenza francese su Heftar può anche essere un fattore che favorisce la mediazione a patto che Macron poggi la sua mediazione su una piattaforma in grado di andare oltre i soli interessi della politica estera francese e della sicurezza della Francia. A differenza degli arabi può farlo se riesce anche a rappresentare gli interessi dell’Europa, dell’Unione europea e dell’Onu. Se lo farà, sarà forse allora anche in grado di venire a capo della frammentazione e delle complessità libiche che abbiamo ricordato più sopra.
In questo senso la sfida libica è parte di quella più ampia che Macron ha lanciato nell’intento di ricostituire la leadership internazionale del suo Paese. Ma resta da vedere il risultato, perché la strada “gaullo-mitterandiana” che per sua esplicita ammissione ha intrapreso nella restaurazione del ruolo della Francia potrebbe giocargli contro, in Libia come altrove.