Armenia: elezioni, una scelta di continuità
Pur fra molte contraddizioni e polemiche, le elezioni parlamentari del 2 aprile hanno sancito una scelta di continuità politica per l’Armenia. Il Partito repubblicano del presidente Serzh Sargsyan si conferma saldamente al potere, candidandosi così a guidare la fase di transizione istituzionale inaugurata dal referendum costituzionale del dicembre 2015 e che si concluderà nel 2018.
Una conferma che stride con la disaffezione sempre più profonda di un segmento crescente della società armena e che molti analisti e membri dell’opposizione temono sia preludio a una deriva autoritaria destinata a spazzare via le basi democratiche della repubblica caucasica. Presto per dirlo; certo è che continue le pressioni nei confronti degli elettori e dei media indipendenti, nonché le ripetute denunce di compravendita di voti, non lasciano ben sperare in tal senso.
Un voto formalmente corretto
Eppure, per diversi aspetti le elezioni di domenica si sono svolte in modo formalmente corretto – come riportato nel rapporto preliminare della delegazioneOsce – e rispettando molte delle libertà fondamentali.
Fra i punti positivi, si segnalano l’utilizzo inedito di nuove tecnologie e di telecamere ai seggi, oltre che una maggiore rappresentanza per le donne e le minoranze. In crescita anche il numero degli osservatori locali e internazionali, con un importante supporto offerto da esponenti autorevoli della diaspora armena.
Innovazioni che non sono bastate a mettere in crisi pratiche consolidate quale la compravendita dei voti, piuttosto diffusa e soprattutto il sistema di pressioni esercitato su base clientelare da un sistema politico che si sovrappone in larga parte all’esigua classe di oligarchi che ha il monopolio esclusivo dell’economia del Paese.
Pratiche già note agli esperti che, in concomitanza con la stagnazione economica degli ultimi anni, hanno prodotto una stagione di proteste senza precedenti nei confronti di un governo capace ancora di vincere, ma forse non più di convincere – soprattutto i più giovani.
Pressioni sui media indipendenti
Da segnalare anche le pressioni esercitate nei confronti dei media indipendenti. Ancora una volta, niente di nuovo all’ombra dell’Ararat. Inedito semmai è stato il ricorso ai social media da parte di troll in lingua russa per la diffusione di fake newscomplottistiche contro l’opposizione e l’intimidazione di alcune delle voci più autorevoli del Paese.
Attacchi coordinati che hanno portato anche alla sospensione momentanea, alla vigilia delle elezioni, dei profili Twitter di alcuni giornalisti, analisti e portali di informazione indipendenti. Un astio nei confronti dei media testimoniato anche dagli attacchi subiti ai seggi da due reporter che investigavano casi di corruzione in un distretto della capitale Yerevan.
Quanto ai risultati, come detto, si è trattato di una vittoria schiacciante del Partito Repubblicano, che ha ottenuto il 49.15% dei voti, corrispondenti ai 55 seggi in Parlamento. Al secondo posto, staccata di molto, la coalizione guidata dall’oligarca Tsarukyan con il 27.37% e 30 seggi, con un risultato che è stato di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative.
Non è da escludersi un’alleanza di governo fra queste due forze, come anche con lo storico partito della Dashank, fermo al 6.58% e con 7 seggi in parlamento. Si manterrà di sicuro all’opposizione invece la coalizione denominata Yelq, che ha portato a casa un discreto 7.78% e 9 seggi.
Gestire la transizione
Eppure, per molti aspetti, la più grande sfida del Partito Repubblicano inizia proprio adesso, a elezioni concluse, e sarà quella di gestire la transizione istituzionale in corso evitando lo scontro diretto con la società civile, già profilatosi negli ultimi anni.
Una lotta per l’egemonia che sarà fondamentale per determinare il futuro del Paese e delle sue istituzioni democratiche, anche in rapporto all’alleanza politica e militare con la Russia, fondamentale negli equilibri del conflitto in Nagorno-Karabakh e della regione, ma sempre più impopolare fra l’elettorato armeno.
Da quanto si profilerà nei prossimi mesi, sarà possibile vedere se l’Armenia sarà capace di mantenere un equilibrio di potere tale da garantire forme anche minime di pluralismo, o se sarà destinata a sprofondare in forme di potere autoritarie che, a un quarto di secolo dalla fine dell’Urss, sembrano ancora dominanti in questa parte del mondo.