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Migranti

Ue: Malta, Tripoli in mare contro scafisti

6 Feb 2017 - Fabio Caffio - Fabio Caffio

La Libia di Serraj torna al passato impegnandosi, come già fece Gheddafi, a fermare gli espatri irregolari dalle sue coste. Questa volta l’intesa non è solo bilaterale con l’Italia. L’Unione europea, Ue, con la Dichiarazione di Malta (del 3 febbraio 2017), ha garantito il suo sostegno a Tripoli per il controllo delle proprie frontiere marittime. L’attività di sorveglianza interna che verrà svolta è tuttavia definibile come blocco solo in senso figurato.

Nelle acque territoriali ci saranno mezzi e personale di Tripoli per evitare espatri illegali, intervenire per il salvataggio, Sar, delle persone trasportate su imbarcazioni insicure ed arrestare gli scafisti. Oltre le 12 miglia opereranno le navi Ue ed italiane. Qualunque misura si adotti, il rispetto dei diritti umani sarà comunque una precondizione ed un impegno che tutti gli attori della partita dovranno far rispettare.

Relazione speciale italo-libica
Il Memorandum d’intesa firmato da Roma e Tripoli il 2 febbraio 2017, rivitalizza, nella parte relativa all’immigrazione clandestina, lo storico Trattato italo-libico di Bengasi del 2008 confermando le tesi espresse su queste pagine da Natalino >Ronzitti.

L’accordo non prevede misure di cooperazione navale, a differenza dei memorandum stipulati con Gheddafi relativi agli immediati riaccompagnamenti in Libia dei migranti salvati. Come si ricorderà, durante la loro applicazione ci fu il ritorno forzato a Tripoli di persone imbarcate su Unità Sar italiane; evento che portò la Corte europea dei diritti dell’uomo, Cedu, a condannare l’Italia per forme di espulsione collettiva verso un Paese “non sicuro”, in violazione del principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra del 1951.

Per rafforzare la sovranità libica, l’Italia s’impegna ora – oltre che a finanziare la costruzione di “campi di accoglienza temporanea” ed un sistema di controllo dei confini meridional i- a cedere Unità guardiacoste alle Forze marittime tripoline addestrando il personale.

(Fonte: UK Parliament).

L’ombrello dell’Ue
L’Ue si assume la piena responsabilità di sostenere Tripoli accettando le richieste di intangibilità della propria sovranità territoriale. Il Consiglio europeo ha quindi accantonato l’ipotesi di passare alla fase (2B) di intervento in acque territoriali libiche delle unità navali partecipanti all’Operazione Eu Navfor Med Sophia che dovrebbero neutralizzare sin dalla partenza i barconi degli scafisti.

Le navi europee impegnate in tale operazione continueranno quindi (lo stanno già facendo) nella formazione della Guardia costiera e della Marina di Tripoli e nella sorveglianza delle acque internazionali, anche ai fini Sar, avendo a bordo personale della Guardia di frontiera e costiera europea che dovrebbe svolgere compiti ancora da definire.

Il modello dell’Egeo, in cui unità greche – con il supporto della Nato – riaccompagnano in Turchia le persone salvate, è risultato impraticabile, benché inizialmente preso in considerazione. Esso avrebbe infatti comportato un vulnus della sovranità libica ed avrebbe esposto i Paesi Ue al rischio di essere condannati dalla Cedu per forme di respingimento collettivo.

Diritti umani e Sar
Il portavoce per il Sud Europa dell’Alto commissariato per i rifugiati, UnHcr, ha paventato violazioni ai diritti umani nei confronti delle persone (salvate in mare e non) che saranno in futuro custodite nei centri di accoglienza libici.

Il rischio è reale, visti i precedenti di Gheddafi e l’instabilità dell’attuale situazione, ma bisogna considerare quello che resta ancora da fare. Oltre ad un’azione di persuasione dell’Ue verso Tripoli perché aderisca alla Convenzione di Ginevra, c’è da aspettarsi che successivamente l’UnHcr stipuli un accordo, come fatto con la Turchia, per un proprio coinvolgimento nella gestione di detti centri, nell’avvio di procedure selettive di verifica in loco del diritto a status di rifugiato e nell’apertura di corridoi umanitari che permettano ai richiedenti asilo di entrare legalmente in Europa.

Una volta sciolti questi nodi umanitari si potrà decidere se riportare in Libia le persone soccorse da navi Ue – anche con l’ausilio di Ong molto attive nel Sar – in zone vicine alle acque libiche. Non avrebbe infatti senso continuare a sbarcarli in Italia per non alimentare il circuito perverso dei trafficanti, anche se c’è chi pensa che sia nostro interesse continuare a farlo. Si ipotizza che una possibile alternativa alla Libia, siano Tunisia, Algeria o Egitto.

(Fonte: European Council).

Malta, Italia, Ue
Il ruolo, pragmatico e propositivo de La Valletta nella gestione delle relazioni con Tripoli è stato eccellente permettendo ad Italia ed Ue di raggiungere il risultato sperato. Malta potrebbe giocare altre carte durante il semestre Ue, magari cercando di coinvolgere la Cirenaica – grazie ai buoni rapporti con il Parlamento di Tobruk – nel controllo dei flussi migratori, ad evitare che si aprano nuove rotte ad oriente.

Per aiutare l’Italia ad assolvere il suo gravoso compito di principale autorità di salvataggio marittimo del Mediterraneo, Malta potrebbe inoltre lanciare un’iniziativa di cooperazione nel Sar, tentando anche di raggiungere un’intesa per la definizione, su base consensuale da parte dei Paesi coinvolti, del luogo dove sbarcare i migranti soccorsi aldilà delle acque libiche.

L’obiettivo è fare della Libia un Paese dotato di proprie capacità marittime. La Marina di Gheddafi, in parte addestrata in Italia, cercava di fare del suo meglio. Non ci sono alternative alla speranza che la nuova Libia, grazie all’Ue, all’Italia, a Malta ed alle sinergie con i Paesi confinanti, riacquisti ora il controllo delle coste e del mare: questo è il presupposto per il conseguimento di quell’integrità territoriale che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in più risoluzioni, continua a perseguire.