IAI
Terrorismo

Scontro di civiltà in Normandia

3 Ago 2016 - Cosimo Risi - Cosimo Risi

Nel 1850 Karl Marx scrisse un aureo libretto sulle lotte di classe in Francia eleggendo quel paese a naturale laboratorio degli scontri sociali. Nel 1996 Samuel Huntington pubblicò Lo scontro di civiltà, in cui rielaborò alcune sue idee sul mondo che verrà dopo la fine della guerra fredda.

Fine che, a parere di Huntington, non porterebbe alla fine della storia, come preconizzato dall’altro studioso Fukuyama, ma all’avvio di un confronto di diversa natura: non più quello ideologico e politico fra Ovest e Est, ma fra civiltà del Nord e del Sud.

Il confronto della guerra fredda riguardava tutto sommato ideologie e sistemi affermatisi in Europa e in America fra il XIX e il XX secolo (capitalismo avverso comunismo) e dunque aventi il comune sostrato della modernità, cui le stesse ideologie opponevano risposte divergenti.

Il confronto del dopo guerra fredda non ha un comune terreno perché affonda le radici nella perenne dialettica fra religione e modernità. In concreto: come sintonizzare l’Islàm con la modernità è il nodo di fondo dei paesi musulmani e delle comunità musulmane che vivono in Occidente.

La differenza fra Islàm politico e Islàm religioso conta relativamente, le due “anime” sono in realtà una sola se si accetta il principio che la religione modella sia la sfera pubblica che la sfera privata.

Il pensiero europeo cerca di confutare Huntington
L’asserzione di Huntington rischiava di divenire la classica profezia che si auto-avvera. Il pensiero europeo si esercitò a dimostrarne l’incongruenza teorizzando la pratica del dialogo: non delle religioni, ma delle culture, scontando che le culture erano impregnate di elementi religiosi.

Il dialogo fra le culture trovò la consacrazione diplomatica in un documento che a ragione si ritenne il capolavoro dell’Unione europea: la Dichiarazione di Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo (1995). La Dichiarazione cercò di travasare in un atto internazionale non cogente i principi del vivere comune fra le due sponde del Mediterraneo, quella settentrionale del secolarismo dell’epoca dei lumi e quella meridionale che ospitava ben altre culture (oltre che la città simbolo di Gerusalemme).

La Dichiarazione fu seguita da una sorta di manifesto del dialogo, che prese il nome di Dialogue between Peoples and Cultures in the Euro-Mediterranean Area (2003). Si trattava di un rapporto che la Commissione europea affidò ad un comitato di saggi presieduto da due personalità delle rispettive sponde: Jean Daniel e Assia Alaoui Bensaid.

Jean Daniel, un intellettuale francese nato in Algeria; Assia Alaoui Bensaid, una diplomatica marocchina. Ambedue francofoni e impregnati di cultura francese che pareva all’epoca, e pare tuttora con qualche sfumatura, come crocevia fra i due mondi o le due civiltà. Il gruppo contava altri saggi fra i quali gli italiani Umberto Eco e Tullia Zevi.

L’afflato del rapporto era che le culture, e dunque i due mondi, avrebbero potuto e dovuto collaborare nel reciproco rispetto per dimostrare sul campo l’infondatezza della dottrina di Huntington. Di più: secondo il modello funzionalista tipico della costruzione europea, il rapporto preconizzava un luogo stabile di confronto fra le culture: una fondazione.

La Fondazione euro-mediterranea Anna Lindh
E Fondazione fu con il nome di Fondazione euro-mediterranea Anna Lindh per il dialogo fra le culture, che esplicitava un’altra prova di compromesso: Anna LIndh era stata la ministra degli Esteri di Svezia uccisa (2003) da un malvivente mentre usciva dal supermercato, nella tragica esaltazione dell’understatement scandinavo; la sede fu assegnata ad Alessandria d’Egitto presso la celebre Biblioteca.

Con la Fondazione, l’Unione europea tentò di comprendere le ragioni dell’altra sponda per prevenire in radice il potenziale esplosivo dello scontro di civiltà. Tutto poteva essere incanalato nel solco del bon ton diplomatico e del principio di legalità.

La legalità repubblicana era la parola d’ordine che i governanti francesi ripetevano nel confrontarsi col problema delle collettività musulmane presenti in Francia. Sostanzialmente: tutti i cittadini possono professare, o non professare, una religione nella laica neutralità della Repubblica, purché tutti indistintamente si sottomettano alla legalità repubblicana.

Il ragionamento, finissimo sul piano intellettuale, non regge all’urto dei tempi. S’infrange in Normandia. La nostra elaborazione, prima ancora che la nostra azione, va diversamente indirizzata.

.