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Diplomazia Ue

Roma nella mappa del potere di Bruxelles

12 Mag 2016 - Matteo Garnero - Matteo Garnero

Una mappa in cui si cerca di individuare come la combinazione di potere fra i leader nazionali e i corrispettivi ambasciatori a Bruxelles determini il grado di influenza ed efficacia detenuto dai Paesi membri (e candidati) al tavolo delle trattative dell’Unione europea.

A disegnarla è stata Politico Europe che ha mostrato come i risultati di tale indagine sono tendenzialmente in linea con il funzionamento della politica interna dell’Unione europea, Ue.

Germania, leader indiscusso
Le principali economie (ad esclusione della Spagna, ancora senza governo) ricoprono infatti un ruolo centrale.

Naturalmente, il leader indiscusso resta la Germania, mentre il ruolo della Gran Bretagna, pur restando in seconda posizione, rischia di venire ridimensionato a causa dell’accordo raggiunto con l’Ue e le prospettive di Brexit.

La Francia conserva il proprio ruolo tradizionale al centro delle dinamiche europee grazie alla figura dell’ambasciatore Pierre Sellal che bilancia una leadership indebolita. Il sud Europa registra il posizionamento di due nuovi “pesi massimi”: l’Italia in quarta posizione e la Turchia in quinta.

Renzi e l’immagine italiana
L’Italia ha riscoperto il proprio ruolo di Paese fondatore grazie alle figura di Matteo Renzi, ritenuto più efficace degli altri leader della sinistra europea, incluso il Presidente francese François Hollande, sempre più in declino e in affanno.

Secondo la mappa di Politico, la nomina di Carlo Calenda come Rappresentante permanente a Bruxelles avvenuta a marzo 2016 avrebbe penalizzato l’Italia, mettendo in discussione il lavoro diplomatico della sede e facendo alzare qualche sopracciglio a causa della nomina di un non-diplomatico.

Tuttavia, è necessario precisare che la nomina di Calenda è coincisa con un periodo di distensione con le istituzioni europee, in un evidente cambio di marcia rispetto all’approccio assunto dal governo italiano alla fine dello scorso anno. L’incarico ora è traghettato nelle mani di Maurizio Massari, dal momento che Calenda è stato nominato nuovo Ministro per lo Sviluppo Economico.

La Turchia, dal canto suo, è stata in grado di rivitalizzare (almeno sulla carta) il processo di adesione all’Ue grazie al ruolo fondamentale da giocare nel pieno della crisi dei migranti. L’accordo raggiunto con l’Ue, infatti, potrebbe portare non solo all’apertura di nuovi capitoli, ma anche alla liberalizzazione dei visti entro l’estate di quest’anno.

Resta da vedere quale sia la capacità della Turchia di soddisfare i criteri previsti dall’Ue, soprattutto a fronte di numerose resistenze da parte europea, nel pieno di una transizione politica che vede l’uscita di scena del Primo Ministro Ahmet Davutoğlu e tenendo conto dell’espresso rifiuto di modificare la normativa turca in merito alla definizione di terrorismo.

Ci sono, tuttavia, alcune importanti precisazioni da fare in merito alla matrice sviluppata da Politico. In primo luogo, la metodologia con cui si è valutato il peso politico dei Paesi europei è lungi dall’essere scientifica e lascia spazio a valutazioni speculative, se non aneddotiche.

Pur tuttavia, il merito dello studio sta nell’aver avviato un dibattito in merito alla distribuzione di potere fra governo e rappresentanza diplomatica e, a cascata, come ciò si articola in sede europea. Pur non potendo vantare un solido rigore scientifico, il contributo prende atto della posizione di rilievo che diversi attori si sono potuti ritagliare con l’avvio della crisi economica dell’eurozona che ha man mano diviso l’Ue in blocchi minori.

Crisi migranti e tenuta dell’Ue
Tale posizione è determinata, più che da traiettorie strutturali che si sono consolidate nel tempo, da “fattori circostanziali” quale, da ultimo, la crisi dei migranti. Questa ha sicuramente dato maggior voce ai Paesi del Nord Europa, meta di destinazione della maggior parte dei migranti e rifugiati giunti nel continente, ma anche a quei Paesi Membri che si oppongono a meccanismi di ricollocazione solidale e la cui tenuta democratica è progressivamente messa in dubbio (Polonia e Ungheria).

Se, insomma, la maggior parte del peso politico è ancora nelle mani dei “Big Six” dell’Ue, il consolidamento dei movimenti populisti accompagnato da una crescita economica stagnante ha di fatto ridato maggior peso alle istanze nazionaliste in numerosi Paesi europei, a svantaggio di una coordinata azione europea.

Ciò ha portato alla nascita di blocchi e alleanze su temi quali la questione dei migranti e la politica economica, con il rischio di rompere progressivamente il filo che collega Bruxelles con le capitali europee.

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