Lo IAI compie cinquant’anni, una riflessione
In cinquant’anni sono cambiate più cose ancora di quante non ci aspettassimo alla metà degli anni ’60, quando Altiero Spinelli fondò l’Istituto Affari Internazionali.
Allora, la politica internazionale era influenzata dall’eredità di John F. Kennedy e la politica europea da quella di Konrad Adenauer, ambedue da poco spariti per lasciare il passo a più modesti successori.
Erano forti e presenti leader dello stampo di Charles De Gaulle in Francia, Nikita Krusciov in Unione Sovietica, Mao Zedong in Cina, Gamal Abd el-Nasser in Egitto, Josip Broz Tito in quella che era ancora la Jugoslavia.
In Italia si tentavano le prime esperienze di centro-sinistra. Il leader socialista, Pietro Nenni, diverrà per alcuni mesi Ministro degli Esteri nel 1968-69 (governo Rumor). Presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat, dopo la fine anticipata del mandato di Antonio Segni.
La spinta europeista di Altiero Spinelli
Molto stava cambiando. La fine degli imperi coloniali, il movimento dei paesi non allineati, i primi passi della distensione dopo la grande paura dello scontro a Cuba, la guerra del Vietnam, la crescente presenza della Cina: in quest’ultimo caso fu proprio Nenni a lanciare il processo per il nostro riconoscimento diplomatico di Pechino, che avvenne nel 1970 (e un anno dopo la Cina Popolare divenne anche l’unica Cina presente all’Onu, espellendo i rappresentanti di Taiwan che sino ad allora sedevano nel Consiglio di Sicurezza).
L’Italia si ritrovava a dover pensare in termini di politica internazionale e in particolare in termini di politica europea, come uno dei membri fondatori delle istituzioni comunitarie.
L’obiettivo esplicito di Spinelli era quello di contribuire alla consapevolezza delle problematiche internazionali in Italia e allo stesso tempo di alimentare il dibattito internazionale, formando competenze italiane che accrescessero la visibilità e l’utilità del nostro contributo.
Il centro dell’attenzione era evidentemente l’Europa, il suo processo di integrazione e la volontà di dare corpo a un nuovo grande interlocutore internazionale europeo comune, ma era ormai chiaro come la piena restaurazione degli stati nazionali europei dopo la II guerra mondiale, obbligasse anche i federalisti più convinti a passare per un processo di europeizzazione delle identità e delle politiche nazionali: processo lungo, che richiedeva competenze nuove e soprattutto continuità di attenzione e capacità di affrontare i temi internazionali senza gli stretti paraocchi delle singole tradizioni nazionali.
Missione IAI senza paraocchi
Questa è stata, fra alti e bassi, ma senza significative deviazioni, la “missione” dello IAI, nel corso di questi cinquant’anni. Oggi ci ritroviamo in una situazione apparentemente molto diversa da quella di ieri, con nuove problematiche e nuovi attori internazionali, ma nello stesso tempo dobbiamo constatare come la problematica iniziale impostata da Spinelli non sia ancora obsoleta.
La crisi europea è soprattutto una crisi degli stati nazionali che compongono l’Unione e della loro difficoltà di superare le loro forti resistenze “souverainistes”.
Allo stesso tempo, il moltiplicarsi delle guerre civili, degli stati falliti, delle derive totalitarie, in Europa, Africa ed Asia preannuncia la necessità di un nuovo ordine internazionale che, oltre a riconoscere il peso e il ruolo di nuovi importanti interlocutori, passa anche per l’accettazione dei limiti della “sovranità nazionale”.
La sfida del futuro
Ma resta lungi da noi l’illusione del Gattopardo, per cui il cambiamento ci riporta all’esistente. Tutto cambia e cambiano anche gli equilibri e le soluzioni possibili o auspicabili.
Basti pensare alla globalizzazione e alla crescente importanza di nuove realtà tecnologiche come il cyber spazio, o alla nostra progressiva dipendenza dalle tecnologie spaziali: il governo di questi nuovi fenomeni richiederà soluzioni inedite e un eventuale fallimento comporterà costi e rischi del tutto nuovi.
L’Europa resta il centro delle nostre problematiche, ma deve ormai collocarsi in un contesto internazionale molto più complesso.
Lo IAI affronta oggi questi temi partendo da molti diversi punti di vista, politici, economici, tecnologici, strategici, restando in stretto collegamento con una sempre più numerosa comunità internazionale di analisti e studiosi, anche grazie alla parallela crescita di capacità e consapevolezza nella società italiana nel suo insieme.
Al suo interno non rimangono più molti testimoni dei suoi inizi, ma non è cambiato lo spirito né la volontà di cercare di andare oltre le convenzioni e l’illusione delle certezze acquisite.
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