IAI
Impegno italiano contro il Califfo

La legittimità dei nostri Tornado in Iraq

9 Ott 2015 - Natalino Ronzitti - Natalino Ronzitti

Nonostante la confusione che viene fatta, non solo nell’opposizione, ma anche nella maggioranza di governo, da quanti invocano a sproposito l’art. 11 della Costituzione o la Carta delle Nazioni Unite, Nu, la prospettiva di bombardamenti in Iraq solleva, da un punto di viso giuridico, tre problemi: a) la liceità dell’azione militare sotto il profilo del diritto internazionale; b) la necessità di coinvolgere il Parlamento nella presa di decisione; c) il rispetto delle regole di diritto umanitario.

Un’eventuale operazione di bombardamento contro le postazioni dell’autoproclamatosi “stato islamico” in Iraq è legittima e non necessita nessuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza Onu, ma solo la richiesta/consenso del governo iracheno.

Una risoluzione parlamentare, quantunque non strettamente necessaria, è secondo prassi opportuna e dovrebbe, auspicabilmente, delineare l’indirizzo della missione che dovrebbe rispettare scrupolosamente le regole di diritto internazionale.

Ma procediamo con ordine.

Azione militare e il diritto internazionale
Il conflitto attualmente in corso in Iraq è da configurare come un conflitto armato interno (o guerra civile), che oppone il governo costituito iracheno all’autoproclamatosi “stato islamico”.

I ribelli dell’Isil non sono altro che un gruppo insurrezionale (non uno stato, nonostante la dizione usata), che si oppone al governo legittimo o costituito. Niente di nuovo rispetto ad altri movimenti insurrezionali. Nuovi, si fa per dire, sono i metodi di combattimento dell’Isil, che impiega il terrorismo come principale arma di violenza bellica. L’Isil gode di una certa effettività, poiché controlla abbastanza stabilmente il territorio in cui è insediato, ma questo non lo rende ancora uno stato.

Secondo il diritto internazionale è lecito aiutare il governo costituito alle prese con l’insurrezione. Tanto più che il governo iracheno non è un esecutivo che si è macchiato di gravi crimini nella repressione dell’insurrezione come quello di Bashar al Assad in Siria.

Del resto l’Italia già accorda un sostegno logistico all’Iraq, avendo fornito armi ai curdi che combattono lo “stato islamico”, partecipando al loro addestramento insieme a quello della polizia irachena e con l’invio di Tornado in missione di ricognizione e illuminazione dei bersagli.

Ovviamente l’intervento a favore del governo costituito ne presuppone la richiesta o il consenso. Ciò che è avvenuto. Non è invece necessaria un’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nu.

Risoluzione parlamentare di indirizzo
Lasciamo perdere l’art. 11 della Costituzione che vieta la guerra di aggressione e l’uso della forza come strumento di offesa alla libertà dei popoli, chiaramente non applicabile nella fattispecie. Lasciamo inoltre da parte l’art. 78 della Costituzione e la delibera dello stato di guerra da parte delle Camere, come pure l’art. 87 relativo alla dichiarazione dello stato di guerra da parte del Presidente della Repubblica.

Nel caso concreto non si tratterebbe di “guerra”, di cui alle disposizioni costituzionali, anche a supporre che si dovessero inviare i Tornado in missione di bombardamento.

Tecnicamente una risoluzione “autorizzativa” da parte del Parlamento non sarebbe strettamente necessaria per l’invio di truppe all’estero in conflitti non qualificabili come “guerra”. Ma ormai si è affermata la prassi di far precedere l’invio di truppe da un dibattito parlamentare, accompagnato da una risoluzione. Prassi, peraltro, non sempre seguita.

Attualmente si discute se la risoluzione votata a Commissioni congiunte (Esteri e Difesa) di Camera e Senato nell’agosto del 2014 per l’invio di materiale logistico in Iraq copra anche la partecipazione dei Tornado ad azioni di bombardamento. Probabilmente una risoluzione di indirizzo sarebbe opportuna, soprattutto per ribadire il rispetto del diritto internazionale umanitario.

Nessuna operazione ai danni dei civili
Le operazioni belliche sono soggette alle regole del diritto internazionale umanitario. Specialmente durante i bombardamenti aerei occorre attenersi strettamente al loro rispetto in modo da colpire solo gli obiettivi militari, senza coinvolgere i civili e limitare al massimo i danni collaterali, talvolta inevitabili.

Per quanto riguarda i conflitti armati interni, come quello attualmente in corso in Iraq, l’Italia è obbligata al rispetto delle regole contenute nel II Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, mentre gli Stati Uniti non lo sono, quantunque abbiano spesso dichiarato di rispettare tali regole a titolo di diritto consuetudinario. Neppure l’Iraq ha ratificato il II Protocollo.

In una coalizione militare, la selezione degli obiettivi può comportare problemi e i Tornado italiani dovrebbero astenersi dal partecipare ad operazioni suscettibili di arrecare danni alla popolazioni civile. Il recente caso del bombardamento (per errore?) da parte degli Stati Uniti dell’ospedale dei Medici senza Frontiere in Afghanistan dovrebbe spingere alla massima cautela.

Pertanto una risoluzione parlamentare di indirizzo dovrebbe impegnare il governo ad evitare che le operazioni militari possano provocare danni alla popolazione civile. Spetterà poi al governo e ai ministeri interessati dettare le regole d’ingaggio, che ovviamente sono riservate, ma possono essere dotate di meccanismi volti a evitare la partecipazione con gli alleati ad operazione rischiose sotto il profilo del diritto internazionale umanitario.

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