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Libia e Migranti

Si oscilla ancora fra intervento e mediazione

27 Apr 2015 - Roberto Aliboni - Roberto Aliboni

Per contrastare il traffico criminale di emigranti dalle coste della Libia, il Consiglio europeo del 23 aprile ha preso decisioni che il premier Renzi ha definito “clamorose”, ma che in realtà, almeno per ora, danno un contributo insoddisfacente e poco tempestivo alla soluzione della questione.

Vengono triplicati i fondi per la missione Triton, una missione che nondimeno appare intrinsecamente inefficace sia a salvare vite sia a fermare il traffico. La missione di polizia internazionale volta a colpire basi e mezzi dei trafficanti sarà riconsiderata in base ai risultati di un mandato sulla sua fattibilità affidato all’Alto Rappresentante Mogherini in ambito Onu.

Per quanto riguarda una più equa ripartizione del fardello di rifugiati fra i paesi membri, nessuna decisione è stata presa e gli umori sono negativi.

Una grave crisi che non sembra ricomporsi
Quali che siano le iniziative che l’Ue vorrà intraprendere, esse dovranno essere attuate nella cornice di una grave crisi in loco che, nonostante i non piccoli successi della mediazione condotta dalle Nazioni Unite fra le parti in lotta, non sembra volersi comporre.

Anzi, con l’ingresso in scena del sedicente Stato Islamico, la crisi libica si è complicata e sempre più integrata nei conflitti che scuotono la regione. Come stanno le cose e quali sono le prospettive di una possibile azione internazionale di polizia, come quella che la Mogherini s’appresta a promuovere?

La mediazione dell’Onu ha avuto l’effetto di far emergere le forze moderate di entrambe le coalizioni. Tuttavia, mentre c’è un’apprezzabile convergenza fra partiti e parlamentari verso il proposito di raggrupparsi nella Camera dei Deputati eletta nel 2014 per poi procedere a una riforma istituzionale complessiva, a livello di governi la convergenza manca. C’è, al contrario, una chiara tensione.

Il governo rivoluzionario di Tripoli appoggia la mediazione e tratta concretamente per la costituzione di un governo di unità nazionale. In questo quadro, i rivoluzionari hanno silurato il primo ministro al-Hassi, che non lo voleva, ridimensionando nettamente l’influenza dei Fratelli Musulmani, e hanno inviato le loro forze militari ad assediare Sirte, nel frattempo caduta nelle mani del Califfato.

Di contro, il governo conservatore di Tobruk, sebbene partecipi all’attività diplomatica che fa capo alla mediazione, continua in realtà a considerarsi come il solo legittimo governo della Libia e vede i rivoluzionari di Misurata alla stessa stregua delle milizie integraliste, cioè come islamisti terroristi.

Perciò ha mandato il generale Heftar a riconquistare Tripoli “manu militari” e chiede il sostegno politico e militare dell’Occidente e della Lega araba, con la sua nuova forza militare congiunta, per ristabilire la legittimità in Libia. Si sta cercando di farlo nello Yemen: al Thani ha reclamato coerenza.

Le convergenze dell’Ue più con Misurata che con Tobruk
Dunque, in Libia Europa e Occidente convergono di fatto con Misurata piuttosto che con Tobruk. Al contrario nella regione sono alleati con la coalizione araba che appoggia Tobruk nel quadro della comune lotta contro il terrorismo (e anche qui al Thani reclama coerenza).

Nella regione un sostegno particolare e cospicuo è fornito dall’Occidente all’Egitto di al-Sisi, che riceve un forte aiuto economico dal Golfo e armi e affari da Usa, Russia, Francia e Italia ed è fortemente schierato con Tobruk.

In questo quadro, è difficile per l’Occidente portare Tobruk alla trattativa con Misurata. Di fatto, l’appoggio dell’Occidente a una soluzione politica della crisi libica attraverso la mediazione dell’Onu è indebolito dall’assetto delle alleanze regionali nonché dai fini diversi che l’Occidente persegue in Libia (dove si distingue fra islamisti e islamisti) e nella regione (dove la tendenza è a mettere tutti gli islamismi nello stesso fascio).

Mancanza governo unità nazionale pone ostacoli
Questa situazione rende oggettivamente complicata un’azione di polizia internazionale come quella che Mogherini ha avuto il mandato di promuovere. Sia la legalità sia l’efficacia della missione richiedono l’esistenza di un governo libico di unità nazionale. Ma le alleanze regionali ostacolano il varo di tale governo. L’Occidente appoggia il governo di unità nazionale ma questo appoggio è indebolito dalle sue alleanze nella regione.

In queste condizioni, anticipare l’esecuzione di una missione militare in assenza di un governo di unità nazionale potrebbe ulteriormente allontanare la prospettiva che tale governo si formi, perché entrambe le parti vedrebbero la missione come un favore fatto all’altra. Il quadro Onu non servirebbe e non basterebbe a dare neutralità politica alla missione agli occhi dei libici.

Perciò, mentre appare utile e doveroso che Mogherini vada a New York a perorare la missione, la strada maestra per la soluzione della crisi libica resta quella della mediazione e, allora, è necessario che la politica occidentale si affretti a stabilire una maggiore coerenza e un migliore equilibrio fra i suoi obiettivi regionali e quelli libici, a cominciare dal Cairo.

Non deve abbandonare le sue alleanze regionali, ma deve chiedere agli alleati, in cambio del suo appoggio in Iraq, in Siria e nello Yemen, una maggiore considerazione per gli obiettivi che ha in Libia.

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