Nato, dalle missioni alla trincea?
“Siamo vicini a una nuova Guerra Fredda”, ha affermato Michail Gorbaciov durante le celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino.
La crisi scoppiata in Ucraina ha infatti riportato un conflitto armato in Europa a quindici anni da quello in Kosovo, richiamando l’attenzione sulla situazione di instabilità di alcuni paesi europei e dell’architettura di sicurezza regionale.
Considerate l’importanza della Russia come partner economico e la vicinanza ad aree di crisi quali il Mediterraneo e l’Est Europa, per l’Italia è opportuno chiedersi come tutelare gli interessi nazionali, in particolare in riferimento alla Nato come “polizza di assicurazione” per la sicurezza collettiva euro-atlantica, e come framework nel quale perseguire i propri obiettivi di politica estera e di difesa anche attraverso lo strumento delle missioni fuori area.
Partendo dall’analisi dei rapporti tra l’Alleanza e la Russia e dagli obiettivi della partecipazione italiana ad alcune missioni Nato, una conferenza organizzata dallo IAI e dal Centro studi americani il 20 novembre rifletterà sul rapporto tra interessi nazionali e Alleanza Atlantica.
Relazioni Nato-Russia
La crisi ucraina ha riportato l’attenzione sul ruolo della Nato come garante della difesa collettiva dei suoi membri, ma le radici delle tensioni tra l’Alleanza e la Russia affondano nel quindicennio precedente.
Ad esempio, l’allargamento della Nato a est era inteso come uno dei mezzi a disposizione dell’Alleanza per contribuire alla stabilità dei paesi dell’Europa orientale. Anche se in parte ha svolto questa funzione, al tempo stesso è stato interpretato da Mosca come una minaccia, contribuendo a inasprire i rapporti con la Russia.
La questione degli interessi nazionali è in questo contesto particolarmente complessa per le sue ramificazioni economiche, in particolare riguardo alla sicurezza energetica dell’Italia e ai rapporti commerciali con Mosca.
A seguito della spirale di sanzioni adottate da Ue e Russia, l’export italiano verso Mosca ha registrato una perdita di circa 2,4 miliardi di euro nel biennio 2014-2015, mentre i profitti russi derivanti dalle esportazioni di gas risultano diminuiti del 41% nel primo trimestre del 2014.
La Nato non ha ovviamente responsabilità diretta per quanto riguarda le sanzioni, decise in ambito Ue, ma la dimensione di sicurezza della crisi è evidente e la sua soluzione richiede un approccio strategico dell’Alleanza verso Mosca.
L’Italia ha quindi un doppio interesse al mantenimento della pace e della sicurezza in Europa, in quanto obiettivi a se stanti e come presupposto per una crescita economica che beneficerebbe tutta l’economia europea.
Missioni Nato e politica estera italiana
Se nell’ultimo anno, almeno per molti dei suoi membri, l’Alleanza ha ridato priorità al suo obiettivo originario di difesa collettiva, dalla fine della Guerra Fredda la Nato ha svolto prevalentemente operazioni di gestione delle crisi al di fuori dal territorio degli stati membri, missioni tuttora in corso in Kosovo, Afghanistan e Golfo di Aden.
L’Italia ha preso parte a un significativo numero di queste missioni, nonché a una serie di operazioni Onu e Ue, prevalentemente nei Balcani, Medio Oriente, Afghanistan e Africa.
L’ingente impegno profuso dal paese in termini di uomini e mezzi ha rappresentato uno strumento fondamentale sia della politica di difesa, sia della politica estera italiana.
Gli obiettivi perseguiti sono stati diversi: alcuni specificatamente legati al teatro operativo e altri più generali, connessi al sistema di alleanze di cui l’Italia fa parte, bilanciati in combinazioni differenti a seconda delle diverse contingenze.
Ad esempio, nel caso della missione in Kosovo del 1999, la necessità di contrastare l’instabilità nel quadrante balcanico e di tutelare gli interessi specifici in termini di sicurezza relativi al contenimento dei flussi migratori provenienti dalle zone di crisi attraverso l’Adriatico ha giocato un ruolo decisivo nella scelta a partecipare presa dall’esecutivo italiano.
L’Italia ha contribuito in modo rilevante alle operazioni anche al fine di mantenere un solido rapporto con gli Stati Uniti e salvaguardare la posizione italiana all’interno della Nato e della comunità internazionale.
Isaf, l’Italia consolida la sua posizione internazionale
Queste ultime ragioni sono state fondamentali per la decisione da parte di diversi governi italiani di garantire dal 2002 al 2014 una significativa partecipazione alla missione Isaf in Afghanistan, l’operazione più impegnativa della storia dell’Alleanza in termini sia quantitativi che qualitativi.
Gli obiettivi di mantenere strette relazioni con Washington e di consolidare la posizione italiana nella Nato e nel consesso internazionale, sono stati infatti determinanti per la scelta italiana rispetto alla pur importante necessità di stabilizzare l’Afghanistan.
Le missioni fuori area e la funzione di “polizza di assicurazione” della sicurezza euro-atlantica sono due facce della stessa medaglia in quanto entrambi “core tasks” dell’Alleanza che i paesi membri devono bilanciare sul piano militare e politico.
È oggi ancor più necessario per l’Italia capire come la partecipazione alle missioni abbia pagato – e paghi tuttora – in termini politici, rispetto alla posizione italiana nell’Alleanza e al rapporto con gli Stati Uniti. Questo nell’ottica di capire come operare a partire da queste basi per la tutela degli interessi nazionali anche nel quadro dei rapporti Nato-Russia.
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