Ministro cercasi, l’agenda c’è già
Il nuovo Ministro degli Esteri, in sostituzione di Federica Mogherini, ormai ufficialmente fuori dalla squadra del Governo Renzi, avendo assunto la carica di Alto Rappresentante della politica estera europea, si trova di fronte ad un elenco di urgenze da affrontare sin dai suoi primi passi.
Libia
Sebbene il livello d’interesse mediatico non corrisponda alla gravità della situazione sul terreno, il conflitto che da mesi devasta la Libia rappresenta una delle principali minacce per la sicurezza nazionale ed europea.
Il nuovo Ministro dovrà definire con chiarezza la strategia adottata per prevenire o arginare le conseguenze derivanti dall’arco d’instabilità che si protrae a tutto il Nord Africa e arriva oltre il Sahel.
Una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla modalità con la quale l’Italia intende affrontare le “nuove minacce” alla sicurezza, dalle pandemie alla crescente peso della criminalità organizzata nel traffico di esseri umani, armi e droghe. Il recente passato fornisce un primo insegnamento rilevante: la risposta militare è di per sé insufficiente a risolvere il problema.
Isis
Il secondo contesto di crisi nel quale Roma si trova direttamente convolta è la “guerra all’Isis”.
Il drammatico scenario bellico presenta uno strano paradosso: alleati Nato (Turchia) che ostacolano nei fatti la resistenza all’Isis e attori, definiti da Unione europea (Ue) e Usa come “terroristi” (Hezbollah e Pkk), finora decisivi nel contrastare militarmente i jihadisti.
Al di là del controverso invio di armi ai combattenti peshmerga nel Kurdistan iracheno (a proposito, che fine hanno fatto quei vecchi sistemi d’arma? Sono arrivati a destinazione?) è chiaro che l’Italia e i suoi alleati dovranno sviluppare un approccio ben più ampio e complesso al problema.
Il nuovo Ministro dovrà decidere se dare continuità alle scelte da poco compiute (basate essenzialmente sull’addestramento delle forze irachene e sull’invio di mezzi e aiuti) oppure adottare una diversa strategia, sempre in linea con le istituzioni multilaterali di riferimento.
In ogni caso, il fallimento dell’intervento internazionale in Iraq e del processo politico seguente al ritiro delle forze occidentali rappresenta un’altra lezione fondamentale per il prossimo futuro.
Ucraina
Il terzo fronte “caldo” è quello Ucraino, nel quale il livello di conflittualità sul terreno non sembra svanire nonostante il cessate il fuoco e gli infruttuosi tentativi diplomatici che si sono rapidamente succeduti nel tempo.
La crisi in Europa orientale mette in luce le profonde difficoltà della politica estera europea e le sottostimate conseguenze del processo di allargamento della Nato.
All’interno dei suddetti framework multilaterali l’Italia è chiamata sempre di più a svolgere un ruolo di primo piano. La presenza di Federica Mogherini come Alto Rappresentante dell’Ue sarà senza dubbio un incentivo notevole verso tale direzione.
Oltre alle posizioni di rilievo nelle istituzioni comunitarie, l’Italia sarà chiamata a incrementare ove possibile la propria capacità d’influenza rispetto alle concrete scelte di politica estera dell’Ue.
Cooperazione allo sviluppo
Le decisioni strategiche, anche e soprattutto all’interno dei consessi multilaterali, dovranno essere collegate in modo coerente al tipo di strumento che l’Italia intende impiegare e al tipo di contributo che Roma è chiamata a fornire.
I constraints finanziari hanno notevolmente limitato nel recente passato la proiezione internazionale dell’Italia, a partire dalla sua struttura diplomatica. Si pensi soprattutto alle risorse destinate alla cooperazione internazionale, tagliate ferocemente negli ultimi anni e solo da poco tempo fortunatamente in ripresa.
In tal senso, la riforma del settore della cooperazione allo sviluppo attraverso la nuova legge (attesa da più di due decenni) rappresenta uno dei maggiori traguardi raggiunti sul piano delle riforme interne attuate dai recenti governi.
Se le risorse destinate alla cooperazione sono sempre state storicamente limitate, il ruolo che hanno svolto le forze armate come asset principale della politica estera italiana nell’era post-bipolare è stato invece cruciale.
Per anni l’Italia ha fornito un contributo determinante alla sicurezza internazionale, inviando i propri soldati in tutti i principali fronti di crisi, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Somalia ai Balcani.
Ma il peso dell’eredità della Guerra Fredda non è stato cancellato del tutto, dal punto di vista culturale, organizzativo ed economico. Lo strumento militare nazionale non è infatti più sostenibile senza riforme drastiche, a partire dalla correzione dell’endemico squilibrio del suo bilancio.
La speranza è riposta nel nuovo Libro Bianco della Difesa (anche in questo caso, ben dodici anni di attesa) che finalmente consentirà di delineare obiettivi e caratteristiche delle nuove forze armate. La Farnesina dovrà quindi dedicare una particolare attenzione al processo di revisione strategica della difesa, favorendo sinergie e integrazione, ampliando lo sguardo anche alle sue componenti non militari.
Infine, soprattutto a livello di prestigio, credibilità internazionale e interna (dato la sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti dell’argomento) il nuovo Ministro dovrà definitivamente risolvere il complesso “caso Marò”.
In conclusione, a fronte delle sfide urgenti e complesse che attendono il nuovo Ministro, la Farnesina è chiamata a sviluppare una nuova “narrazione strategica” che guidi l’Italia nel frammentato contesto internazionale attuale.
Una “trama” trasparente, coerente e convincente circa obiettivi e scopi della politica estera italiana, che permetta di alimentare il limitato dibattito nazionale sui temi globali e ottenere il consenso dell’opinione pubblica in merito alle difficili scelte di fondo da compiere.
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