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Nazioni Unite

Oltre i Millienium Goals, i nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile

16 Ago 2014 - Amedeo Maddaluno - Amedeo Maddaluno

Gli Obiettivi di sviluppo del millennio (Mdgs), che l’Onu si è impegnato di raggiungere entro il 2015 si sono dimostrati uno strumento efficace per indirizzare strategie internazionali e politiche nazionali di lotta alla povertà verso chiari obiettivi e traguardi specifici.

A pochi mesi dalla scadenza di questa agenda, le Nazioni unite fanno un bilancio per guardare al futuro. Nella fase di revisione dei “Millenium Goals” il punto centrale che va delineandosi è quello di porre l’ecosistema al centro dell’opera di sradicamento della povertà.

Riportare l’ambiente al centro dell’agenda
Non possiamo dedicarci qui a una completa disamina del profilo di raggiungimento dei Millenium Goals.

Mentre diversi obiettivi sono stati centrati, altri non sono stati raggiunti e in certi ambiti alcune condizioni sono persino peggiorate. Oltre alle nobili intenzioni, la tutela dell’ambiente passa dal suo inserimento nell’agenda dei veri decisori, cioè delle potenze attrici della scena politica internazionale.

I paesi europei afflitti dalla crisi economica non vedono la tutela dell’ambiente come un’emergenza. I paesi detentori di ruoli di potenza – parliamo di Stati Uniti, Cina e Russia – possono addirittura vederla come un ostacolo.

La Cina ha usato come volano del proprio sviluppo la crescita della produzione industriale e gli investimenti senza curarsi all’impatto ambientale. Quanto agli Usa, non inganni la politica “verde” del presidente Barack Obama desideroso di vendere a noi europei il gas ed il petrolio da fracking come la panacea per la dipendenza europea da Mosca.

L’estrazione di gas e petrolio da giacimenti “non convenzionali” non è una tecnologia sostenibile. Gli importanti investimenti per il trasporto di gas liquefatto dagli Usa all’Europa si spiegano solo in chiave geopolitica.

Ambiente e geopolitica
Eppure l’ambiente detiene peso politico. Molti stati, soprattutto in Africa e Medio Oriente, vivono il dominio delle riserve idriche come fonte di tensione. I paesi più ricchi di risorse finanziarie e di popolazione e meno di spazio e terreni agricoli (come Cina o paesi Arabi del Golfo) già da tempo si sono dati al “land grabbing”, l’acquisto di terra fertile in Sud America, Africa e in Ucraina, con tutte le problematiche che tutto ciò comporta per la sovranità e la tenuta economica e sociale dei paesi vittime del fenomeno.

Interi paesi interessati da una crescita economica impetuosa rischiano di vedere nel deterioramento dei loro ecosistemi una pregiudiziale al loro sviluppo – si pensi alla perdita da parte cinese di fondamentali risorse idriche.

Il cambiamento del rapporto tra uomo e ambiente
Queste veloci considerazioni sul tema “ambiente e sviluppo” sono un ottimo viatico per arrivare ad alcune riflessioni generali di carattere politico e strategico. Purtroppo è legittimo essere sospettosi rispetto all’effettività dei programmi di organizzazioni dal potere relativo come l’Onu o l’Unione europea, Ue.

Il gas russo è più conveniente e “pulito” di quello americano, eppure Bruxelles fa di tutto per ostacolare il progetto South Stream. Una Ue debole e incapace di decidere finisce per favorire gli interessi americani con buona pace dell’ambiente, della salute e delle tasche dei cittadini europei.

Più efficace, ma comunque lento è il cambiamento culturale dei consumatori, mutamento che comunque funziona nei paesi sviluppati, ma non nei paesi più poveri, esclusi dalla comunicazione globale, non tra le nuove borghesie dei paesi in via di sviluppo. In generale i nuovi media possono diffondere informazione con grande velocità e su popolazioni vaste.

Non possono però, essendo solo strumenti, costruire obiettivi politici e solo difficilmente strutturano coscienze politiche. Il fallimento delle primavere arabe lo dimostra.

Una cosa è coalizzare rapidamente molte persone attorno ad alcuni obiettivi immediati. Altro è radicare il cambiamento nel lungo termine.

Un’importante via al cambiamento nei rapporti tra uomo e ambiente passa ancora dalle élite al potere e dalla loro presa di coscienza dell’utilità strategica della tutela dell’ecosistema.

Dai tempi di Lenin – la rivoluzione non la organizza la massa ma i “rivoluzionari professionisti” – e di Pareto con la sua teoria delle élites, poco è cambiato. Non ci resta che sperare di avere buoni strateghi tra i decisori chiave a livello politico e élites di buona qualità.

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