Le false verità sull’immigrazione
Ciò che sai sull’immigrazione è falso. Questo il concetto chiave del rapporto presentato in Commissione europea lo scorso 11 luglio da Philippe Fargues, direttore del Migration Policy Centre dello European University Institute e Cecilia Malmström, commissaria europea per gli affari interni dell’Unione europea (Ue).
Ricerca che analizza, decostruisce e reinterpreta i falsi miti su cui sistematicamente si incaglia il dibattito pubblico e politico quando si discute di immigrazione.
“Non abbiamo bisogno di immigrati”. “I migranti rubano i nostri posti di lavoro”. “L’Ue non ha bisogno di immigrati poco qualificati”. “I migranti minano i nostri sistemi di welfare”. “L’ immigrazione frena l’innovazione”. “Le coste meridionali sono invase dai richiedenti asilo”. “I migranti economici truffano il nostro sistema di asilo”. “I nostri bambini soffrono la presenza degli immigrati in classe”.
Otto convinzioni estremamente diffuse su cui la Commissione ha voluto fare luce affidando a un nutrito pool di esperti il compito di rileggerle sulla base delle evidenze empiriche collezionate negli ultimi anni di ricerca.
Richiedenti asili non solo in Europa
Distorte, parziali, strumentali. Le false credenze passate al vaglio dei ricercatori restituiscono fedelmente il polso civile e politico dell’Europa post recessione. Un continente spaventato e ancora lontano dal comprendere quanto i migranti siano decisivi per garantire il contenimento dell’invecchiamento demografico europeo e la sostenibilità dei sistemi previdenziali degli stati membri.
Tutt’altro che dannosi, sostiene il rapporto, i flussi migratori entrati in Europa si sono rivelati anche utili per accrescere il potenziale produttivo dei paesi ospitanti e per fornire nuovi know-how.
Tema rilanciato anche da Malmström che ha ribadito la necessità di “indirizzare le politiche comunitarie sulla base di fatti e dati comprovati, non su impressioni e miti”.
Messaggio non da poco, tanto più ora che le cancellerie sud-europee si arrovellano al pensiero di un Mediterraneo “invaso” dai richiedenti asilo. Falso mito anche questo. Visto che la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo non ottiene protezione in Italia, Grecia, Spagna o Malta, ma nei paesi che confinano con le aree di crisi da cui sono fuggiti o, e in misura nettamente minore, in quelli nord-europei.
Nel solo 2013, sono stati 3.3 milioni i rifugiati e richiedenti asilo accolti in Africa a fronte dei 135.700 che hanno ottenuto protezione in Ue.
Integrazione dell’immigrazione
Dati utili sia a ridimensionare i toni epici con cui si tende a descrivere l’impegno europeo in materia di immigrazione e asilo, sia a inquadrare la vera emergenza che l’Europa sta fronteggiando: la debolezza della propria politica migratoria esterna.
Questione richiamata recentemente su La Stampa da Giovanna Zincone che ha osservato come tutte le strategie che puntano a contenere i flussi, a salvare vite umane, a proteggere i rifugiati vadano tessute con un paziente lavoro di relazioni internazionali sia all’interno dell’Ue, che dall’Unione verso i paesi di emigrazione colpiti da conflitti.
I 75.000 rifugiati e migranti arrivati via mare in Italia, Grecia, Spagna e Malta nel primo semestre del 2014 (pari al 25 per cento in più rispetto ai 60.000 che hanno compiuto lo stesso percorso nel 2013 e oltre tre volte i 22.500 arrivati nel 2012) indicano inequivocabilmente che qualcosa nella politica estera dell’Unione non è andato per il verso giusto.
Migranti risorse per la crisi
Se il Global Approach for Mobility and Migration e i Partenariati per la Mobilità con i Paesi Terzi, fino a tre anni fa sembravano una soluzione, oggi quella strategia deve fare i conti sia con le transizioni istituzionali che scuotono molti dei paesi di emigrazione che con le schermaglie tra gli stati membri divisi sul ruolo da giocare in quelle regioni e sempre più inclini ad affrontare quanto va accadendo a sud del Mediterraneo con misure securitarie.
Una tendenza che Fargues ascrive alla crisi economica che ha esacerbato le tensioni economiche e sociali e ha portato alla ricerca di capri espiatori anche nel dibattito politico.
Se prevale l’idea che l’immigrazione è più una minaccia che un beneficio, c’è il rischio che gli Stati europei rinuncino ai suoi benefici. Così si rischia di mettere a repentaglio la ripresa dell’Europa dalla crisi e in ultima analisi, il suo protagonismo globale.
Tuttavia, se lo spostamento del consenso porterà le società europee a vedere l’immigrazione come una forza dinamica e positiva, immigrazione e migranti potranno aiutarci a prepararci meglio alle sfide future”.
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