Il pomo della discordia di South Stream
Il futuro del gasdotto South Stream e le relazioni con la Russia continuano a dividere gli stati dell’Unione europea. Ne è una riprova la disputa sulla candidatura del nostro ministro degli esteri Federica Mogherini ad Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune.
Rassicurando il collega russo Sergei Lavrov sul sostegno italiano al gasdotto guidato da Gazprom, Mogherini ha infatti scatenando la reazione dei paesi dell’Europa orientale, pronti a fare muro contro la sua candidatura.
Le divergenti posizioni rispetto a South Stream – al quale, oltre a Gazprom, partecipano l’italiana Eni, la tedesca Wintershall e la francese EDF – contribuiscono a spiegare il forte ritardo accumulato dal progetto, caduto sotto la lente d’ingrandimento della Commissione europea per l’incompatibilità con le norme europee fissate nel Terzo Pacchetto Energia.
Italia e Germania primi clienti di Gazprom
Nel 2013 la Russia ha esportato in Europa 137 miliardi di metri cubi (Bcm) di gas naturale, la maggior parte dei quali – circa 80 Bcm – hanno raggiunto i mercati europei attraverso la rete ucraina. Ulteriori rotte di transito sono la pipeline sottomarina Nord Stream – che collega Vyborg in Russia a Greifswald in Germania e ha una capacità totale di 55 Bcm – e il gasdotto Yamal che attraversa la Bielorussia e approda in Polonia con capacità massima di 33 Bcm annui.
I principali clienti di Gazprom sono la Germania con 40 Bcm e l’Italia con 25 Bcm: insieme, Berlino e Roma assorbono circa il 50% delle esportazioni russe verso l’Europa. Il gas russo contribuisce al 42% delle importazioni tedesche e al 44% di quelle italiane. La forte interdipendenza energetica con la Russia giustifica la partecipazione delle compagnie nazionali Wintershall ed Eni alla sezione offshore del progetto South Stream, della quale detengono rispettivamente il 15% e 20% delle azioni.
Interessi energetici contribuiscono a spiegare l’approccio meno duro di Roma e Berlino nei confronti della Russia, nonché il sostegno dei governi alla realizzazione di South Stream.
La posizione italiana, inoltre, ha un’altra motivazione. Mentre la maggior parte delle importazioni tedesche è garantita da Nord Stream, la totalità delle forniture di Gazprom all’Italia transita per la rete ucraina ed è soggetta alle dispute tra Mosca e Kiev. Aggirando il territorio ucraino, South Stream garantirebbe la sicurezza degli approvvigionamenti energetici.
Blocco orientale
Alcuni governi dell’Europa centro-orientale – Polonia e paesi baltici in prima linea – hanno apertamente stigmatizzato il sostegno italiano a South Stream. In questi paesi Gazprom opera quasi sempre in regime di monopolio, riuscendo a imporre prezzi più alti rispetto a quelli applicati in Europa occidentale.
Tutti i paesi dell’area sono fortemente dipendenti dalle forniture russe per soddisfare i propri consumi interni: si va dal 100% di Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania e Slovacchia, all’85% di Repubblica Ceca e Ungheria, al 57% della Polonia.
Tuttavia, questi mercati rappresentano una parte relativamente modesta del paniere di esportazioni russe. Gazprom esporta in Europa centro-orientale poco più di 30 Bcm di gas all’anno, circa il 23% delle esportazioni totali russe in Europa. Questa situazione rende molto vulnerabili Varsavia e soci che, contrariamente a quanto avviene per Germania e Italia dove l’interdipendenza con Mosca crea una relazione più equilibrata, sono maggiormente soggetti al potere di ricatto russo.
Le posizioni del blocco orientale sul futuro di South Stream non sono però univoche. La rigida posizione di Polonia e baltici è determinata dal fatto che le loro forniture non transitano dal territorio ucraino, e quindi la sicurezza dei loro approvvigionamenti non è soggetta alle dispute tra Mosca e Kiev.
Per gli altri paesi, la dipendenza dalla rete ucraina rappresenta un forte fattore d’instabilità, che verrebbe eliminato con la realizzazione del gasdotto guidato da Gazprom, al quale alcuni di essi hanno dato pieno sostegno.
Irrigidimento europeo
Chi non ha grande simpatia a South Stream è la Commissione europea che vi scorge un tentativo russo di sabotare Nabucco, il gasdotto che dovrebbe trasportare gas dal Mar Caspio e dal Medioriente in Europa.
Il nodo della questione è la posizione di South Stream nei confronti del Terzo Pacchetto Energia dell’Ue che prevede l’applicazione del meccanismo di separazione proprietaria e del principio dell’accesso a parti terze, nonché restrizioni in materia tariffaria. Non riconoscendo la natura strategica del progetto per l’Ue, la Commissione rifiuta di garantirne l’esenzione dallo schema regolatorio europeo.
Con lo scoppio della crisi ucraina, la posizione europea si è irrigidita. A dicembre, la Commissione ha stabilito di rinegoziare gli accordi bilaterali conclusi dalla Russia con i paesi europei di transito, in quanto non conformi alla legislazione europea.
Bruxelles non ha alcuna intenzione di arretrare. Ieri il direttore generale della Dg Energia Dominique Ristori ha annunciato la sospensione del progetto, vincolando qualsiasi negoziato (di natura regolatoria) sul gasdotto alla risoluzione (politica) delle ostilità tra Mosca e Kiev.
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