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Unione europea

Promemoria per Renzi in Europa

12 Giu 2014 - Adolfo Battaglia - Adolfo Battaglia

Ci sono infiniti suggerimenti che possono esser dati a Matteo Renzi e al suo Governo in vista della Presidenza italiana dell’Unione europea (Ue). Il documento elaborato dalla Trans European Policy Studies Association (Tepsa), è in materia l’ultimo e utilissimo canovaccio.

La condizione di difficoltà del sistema industriale europeo è la contro faccia della disoccupazione che piaga il continente. Adesso però, essa potrebbe ricevere un altro serio colpo dalla produzione negli Stati Uniti di grandi quantità di shale oil rese possibili dalle nuove tecnologie.

E fulminea è calata l’osservazione di Lorenzo Bini Smaghi: il gas di scisto, costando un terzo di quello importato in Europa, “è destinato a dare un vantaggio competitivo enorme all’industria americana”. Enorme; la parola era pensata. Non solo nelle industrie energivore, ma anche nella manifattura e nei servizi la robusta diminuzione del costo dell’energia non può che moltiplicare gli investimenti interni ed esteri.

Politica energetica europea necessaria
È un vantaggio che si aggiunge a quelli che gli Stati Uniti notoriamente già possiedono, dall’alta ricerca scientifica alla facilità di finanziamento degli investimenti, ad una serie di altri fattori che non si citano per brevità.

In altri termini, la competitività del sistema industriale europeo, già colpita dai processi di industrializzazione dei paesi emergenti, è adesso messa a repentaglio anche dal nuovo forte sviluppo prevedibile per l’industria statunitense.

Nel frattempo il presidente russo Vladimir Putin sta per raggiungere con Pechino accordi commerciali di vasta portata: e tra essi quello per la fornitura alla Cina di imponenti quantità di gas.

Tutto ciò sembra dunque esigere l’avvio di una risposta immediata. In primo luogo la messa in cantiere di quella politica energetica europea che non si è riusciti a varare per anni. È ben possibile che il timore di un’accentuata deindustrializzazione e di un ulteriore incremento della disoccupazione spinga il Consiglio europeo ad accettare l’idea che occorra finalmente privarsi, almeno in parte, della sovranità nazionale in questa materia. Se si riuscisse ad avere un consenso sulle direttive da dare ai ministri nazionali competenti sarebbe un bel passo avanti.

Accanto a ciò, sarebbe urgente varare un piano di infrastrutture energetiche commisurato al volume delle possibili importazioni di gas statunitense proposte dal Presidente Barack Obama.

Dovrebbe probabilmente impegnare sia le coste occidentali del continente, con la ramificazione di gasdotti diretti ai paesi europei non toccati dal North Stream; sia le coste mediterranee, con una rete che si spinga verso l’est in modo da allentare la pressione russa sui paesi balcanici e centro-orientali.

Se dalle mosse dell’Unione europea derivasse poi un rapido abbassamento del prezzo del gas russo sarebbe questo un ulteriore vantaggio da cogliere. E se il Consiglio dicesse cortesemente alla nuova Commissione che è stato un errore disimpegnare l’Europa dall’importante progetto di sfruttamento del petrolio e del gas nelle acque del Mediterraneo, da Cipro all’Egitto, dalla Turchia ad Israele, farebbe probabilmente un altro atto concreto in direzione di una politica energetica europea.

Trattative Ttip
Il secondo problema che deve incidere sulla condizione europea è la creazione del mercato unico euro-americano, rappresentato dalla Transatlantic trade and investment partership (Ttip). Secondo i dati della commissione europea, nel 2012 i due poli atlantici hanno scambiano beni e servizi per un ammontare annuo di oltre 400 miliardi di euro.

Con il più grande accordo di libero scambio mai finora realizzato darebbero vita ad un gigantesco mercato unico: e la previsione tecnica è che esso determinerebbe di per sé una crescita intorno alla rispettabile cifra dell’1% del Pil europeo e di quello statunitense.

Per l’Europa, dice l’Ue, 120 miliardi di euro. Ma l’esperienza del mercato unico europeo induce a pensare che si tratterebbe di una spinta allo sviluppo anche più considerevole. È sorprendente che sia stato il Obama a porre recentemente il problema ai governi europei quando è l’Europa ad avere il maggiore interesse a fissare una strategia americana che non guardi più alla priorità dell’Asia, ma torni a considerare di pari interesse il Pacifico e l’Atlantico.

La trattativa per il Ttip è in corso da molti e molti mesi, ma una spinta ad accelerare il negoziato potrebbe forse venire dal Consiglio europeo con la richiesta formale alle due parti di concludere l’accordo entro una data stabilita, per esempio la primavera del prossimo anno.

Indicando altresì la possibilità di una soluzione B: se non si chiudesse entro quella data, le questioni in sospeso passerebbero agli organi politici delle due aree, che certo posseggono una visione più ampia degli interessi di settore.

Nomine europee
Renzi ha infine un ruolo nella questione delle nomine nell’Ue. L’Italia già detiene una posizione cruciale con la presidenza della Bce. È proprio questo che, assicurando a Renzi una posizione indipendente e scevra di interessi particolari, gli conferisce ulteriore autorità e capacità di pressione per nomine che non si rifacciano solo a schemi geografici, ma abbiano forti contenuti politici.

Il discorso sulle due priorità citate non può che favorire la delegazione italiana. E la favorirebbe probabilmente anche la fermezza, accompagnata alla discrezione, sul dolente problema politico ed umano dell’arrivo attraverso il Mediterraneo di povera gente derelitta, che si aspetterebbe qualcosa non solo dall’Italia ma dall’augusta e ricca Unione cui essa appartiene.

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