Missioni all’estero e componente aerea, l’Italia c’è
La crisi ucraina ci ha ricordato che l’uso della forza militare in Europa è un’opzione tutt’altro che ignorata e rappresenta uno strumento ancora valido per alcuni attori che intendono perseguire i propri scopi politici.
Il crescente manifestarsi di una potenziale minaccia in prossimità di alcuni stati membri della Nato sta sottolineando l’importanza della difesa collettiva e della solidarietà inter-alleata.
Velivoli da combattimento italiani
Dopo alcune esitazioni e incertezze, la risposta militare dell’Alleanza ha incluso anche l’impiego del potere aereo: Francia, Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, ad esempio, hanno deciso di schierare un certo numero di velivoli da combattimento – tra cui Eurofighter, Rafale ed F-15 – per rafforzare le attività di pattugliamento e sorveglianza nei Paesi Baltici e nel nord della Polonia.
L’utilizzo del potere aereo e dei velivoli da combattimento nelle operazioni militari internazionali ha radici ben lontane e non rappresenta certo una novità. Già nel 1921, infatti, l’italiano Giulio Douhet fu uno dei primi teorici a sottolineare l’importanza del potere aereo in Il dominio dell’aria.
Tale assunto trova conferma e sostegno dall’evidenza secondo cui le Forze Armate italiane, in primis Aeronautica e Marina, hanno impiegato in modo pressoché continuativo il potere aereo e i velivoli da combattimento nelle missioni internazionali dopo la fine della Guerra Fredda.
Continuità e impegno internazionale della componente area sono state oggetto di uno studio IAI che sarà presentato al pubblico durante una conferenza a Roma il 13 maggio.
A partire dalla Prima Guerra del Golfo, l’Italia ha impiegato più di 100 velivoli da combattimento – tra cui Tornado, AMX, F-104, AV-8B, F-16 ed Eurofighter – per 22 negli ultimi 24 anni, realizzando oltre 13 mila sortite aree e circa 36mila ore di volo in missione.
Nelle dieci missioni prese in considerazione dallo studio, l’impiego operativo è cresciuto nel tempo, sia in termini quantitativi che qualitativi, e ha visto i piloti italiani condurre un ampio ventaglio di missioni in diverse condizioni e regioni del mondo.
L’Italia ha schierato le proprie capacità aeree nel 90% dei casi su mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e nell’80% dei casi nell’ambito di una catena di comando e controllo Nato. Questi dati non solo rivelano il livello di integrazione e di impegno dell’Italia all’interno delle organizzazioni multilaterali di riferimento, ma anche la forte influenza di un sistema internazionale ormai globalizzato che richiede uno sforzo nella gestione delle crisi da parte della comunità internazionale.
Dalla Bosnia-Erzegovina alla Libia
Partendo da un piccolo ma, significativo contributo nell’operazione Desert Storm del 1991 in Iraq, il ruolo dei velivoli italiani da combattimento è cresciuto prima in Bosnia-Erzegovina e Kosovo e poi in Afghanistan, fino ad aumentare considerevolmente durante l’ultima operazione in Libia, dove l’Italia ha condotto il 7% del totale delle sortite aeree, fornendo alla Nato funzioni di comando e controllo cruciali, così come un fondamentale supporto logistico.
Il carattere versatile dei velivoli da combattimento italiani si evince in primis dal fatto che le capacità aree sono state schierate in diversi e differenti scenari di impiego: in un conflitto inter-statale come nella Prima Guerra del Golfo, oppure durante le guerre civili che hanno contraddistinto la Bosnia-Erzegovina, il Kosovo e la Libia, e ancora nell’ambito di operazioni di Counter-Terrorism (Ct) e/o CounterInsurgency (Coin) in Afghanistan.
Inoltre, da una prospettiva più operativa, i velivoli italiani hanno espresso in modo versatile un’ampia gamma di capacità, da quelle di Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance (Istar) a quelle più propriamente combat, come ad esempio la soppressione delle difese aeree nemiche o il supporto aereo ravvicinato.
Questo risultato è stato possibile grazie alla volontà e alla capacità di stare al passo con lo sviluppo tecnologico, colmando alcune carenze e deficit capacitivi che si erano manifestati agli inizi degli anni ’90. I progressi della tecnica hanno permesso miglioramenti in diversi settori, tra cui strumenti radio e di comunicazione più avanzati, sistemi d’arma ad alta precisione, sensori infrarossi e sistemi per la visione notturna.
Necessità per la capacità aree italiane
I velivoli italiani hanno sempre operato all’interno di coalizioni multinazionali, composte in larga misura da membri dell’Alleanza Atlantica. Ecco perché l’aspetto dell’interoperabilità rappresenta un elemento pressoché indispensabile anche in futuro per operare congiuntamente con gli alleati in modo coerente ed efficace.
Viviamo in un’era in cui l’Information Communication Technology ha rivoluzionato il modo in cui le economie e le società interagiscono. Era inevitabile che anche le stesse Forze Armate fossero coinvolte in tale processo: anche per questo risulterà sempre più determinante disporre della capacità di connettere in senso netcentrico il velivolo ad altre piattaforme, siano essi altri velivoli – pilotati e non – satelliti, unità di terra o centri di comando e controllo.
Insieme al carattere dell’interoperabilità e della connettività, il terzo aspetto è quella della bassa osservabilità così da ridurre sensibilmente le possibilità che l’aereo sia abbattuto. Un quarto aspetto riguarda la capacità di utilizzare munizionamento di precisione in modo da poter colpire selettivamente i bersagli, riducendo i “danni collaterali”. Ultimo ma non meno importante, la cosiddetta “deployability” ossia la capacità di schierare le capacità aeree oltre il territorio nazionale e a distanza strategica.
Disporre di una componente aerea da combattimento interoperabile, netcentrica, con bassa osservabilità e altamente schierabile consente la possibilità di proiettare il potere aereo nelle missioni internazionali, e quindi partecipare con ruoli di primo piano nella gestione delle crisi da parte della comunità internazionale. A sua volta, questa partecipazione rappresenta uno strumento abilitante a sostegno della politica estera e di difesa italiana.
.