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Elezioni in Ucraina

La vittoria agrodolce di Poroshenko

29 Mag 2014 - Giovanna De Maio - Giovanna De Maio

Con oltre il 50% dei voti, l’oligarca del cioccolato Petro Poroshenko ha sbaragliato i suoi rivali conquistando al primo turno la presidenza dell’Ucraina. Alle urne sono andati oltre il 60% degli ucraini, ma in alcune zone non si è potuto votare.

La cosiddetta “autoproclamata repubblica popolare di Donetsk” ha registrato un’affluenza del 15% ed è stato teatro il 26 maggio di una sanguinosa battaglia. Così, mentre le tende dei ribelli a piazza Maidan rimangono disabitate e si torna alla routine quotidiana come se tutto fosse ormai passato, a Donetsk si contano i morti.

Sono circa un centinaio le vittime dell’assalto all’aeroporto della città in mano ai separatisti filorussi, contro cui l’esercito ucraino ha usato aerei ed elicotteri.

Nonostante ciò, a detta degli osservatori internazionali le votazioni sono state, nel complesso, “libere e corrette” e quindi possono (o devono?) essere ritenute valide. Il nuovo presidente ha intanto annunciato che non ci saranno trattative con i terroristi, ma che è anzi pronto a usare la forza militare per azioni più mirate e incisive.

Rischio somalizzazione del Donbas
“Non permetterò a nessuno di trasformare l’est dell’Ucraina in una nuova Somalia e spero che la Russia sosterrà il mio approccio” ha esordito il neopresidente. A conferma di questo impegno, Poroshenko ha scelto di compiere la prima visita ufficiale non a Bruxelles, né tantomeno a Mosca, bensì nel Donbas, che comprende le oblast di Donetsk e Lugansk. È in questa regione che gli scontri sono stati più violenti e ha perso la vita anche il fotoreporter italiano Andrea Ronchelli.

La situazione è tutt’altro che stabile, ma adesso l’Ucraina ha un capo di Stato legittimo, riconosciuto dalla comunità internazionale, inclusa la Russia, che vuole evitare che la Nato allunghi le mani su Kiev.

In vista del prossimo vertice in Galles, l’alleanza atlantica sta infatti già ridisegnando i suoi piani in risposta alle mosse di Mosca. Il presidente ucraino, però, contrariamente alla Tymoshenko, aveva già annunciato in campagna elettorale di essere contrario a un referendum su un’eventuale adesione alla Nato che rischierebbe di dividere ulteriormente il Paese.

Pur insistendo sull’integrità territoriale dell’Ucraina e accusando la Russia di introdurre terroristi nel territorio ucraino, Poroshenko porge a Mosca il ramo d’ulivo del dialogo e si prepara a incontrare a luglio il presidente russo Vladimir Putin a cui intende presentare proposte concrete.

In agenda ci sono la negoziazione di un nuovo accordo sulla sicurezza che sostituisca il memorandum di Budapest, ma anche la Crimea, il gas e lo status delle regioni orientali alle quali Poroshenko è disposto a concedere una più ampia autonomia, ma difficilmente una soluzione federale.

Ucraina al bivio
Come sempre dal 1991, però, l’Ucraina è chiamata a un difficile esercizio di equilibrismo tra est e ovest. Come prima meta estera, Poroshenko ha scelto la città di Varsavia nel giorno del 25esimo anniversario delle prime elezioni libere nel blocco comunista, dove sarà presente anche il presidente statunitense Barack Obama. Proprio col sostegno di Washington, infatti, Poroshenko intende portare avanti una strategia di diversificazione energetica che prevede investimenti nello shale gas.

La priorità resta evitare la bancarotta e per questo il sostegno delle istituzioni internazionali è indispensabile. Infatti Poroshenko si è dichiarato disposto a firmare l’accordo di associazione che era stato bloccato da Yanukovich.

Yatsenyuk dentro, Tymoshenko fuori
Dai risultati elettorali emerge una gran voglia di mettersi alle spalle gli scontri di piazza e di riportare il paese sulla via della stabilità. Sta qui la chiave del successo di Poroshenko. È per questo che solo poco più del 13% ha votato per l’eterna rivoluzionaria Julia Tymoshenko.

Stanchi degli scossoni, gli ucraini hanno scelto un personaggio pragmatico che dovrà cercare di conciliare passato e futuro. Poroshenko ha confermato Arseniy Yatsenyuk alla guida del governo, esprimendo apprezzamento per il lavoro che ha svolto finora, ma ha annunciato un rimpasto della compagine governativa. Ne usciranno probabilmente molti alleati della Tymoshenko.

La prossima tappa sono le elezioni parlamentari previste per il prossimo novembre. È improbabile che i partiti sconfitti alle presidenziali, come il partito delle regioni e quelli di estrema destra, si ripresentino.

Prima di andare al voto, però, serviranno emendamenti costituzionali che riformino il sistema elettorale e soprattutto bisognerà riportare l’ordine nelle regioni orientali, consentendo anche agli ucraini di Donbas di esercitare il diritto di voto. La strada per la stabilità si preannuncia, in ogni caso, in salita e piena di incognite.

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