IAI
Caso Snowden

Se il Grande Fratello spia gli alleati

26 Ott 2013 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

Le rivelazioni del caso Snowden continuano ad alimentare un pungente dibattito pubblico sullo spionaggio elettronico fra alleati. Le reazioni critiche nei confronti del sistema gestito dalla National security agency (Nsa) statunitense hanno raggiunto un tale livello che il problema ormai è diventato politico.

Antica autodifesa
L’intelligence elettronica non è una novità. Ha una lunga storia alle spalle. Dalla seconda guerra mondiale in poi, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno consolidato le capacità di ascolto e intercettazione, ad esempio nell’ambito della rete informatica Echelon.

Durante la guerra fredda, queste attività venivano indirizzate nella competizione con il campo sovietico. Successivamente, i servizi di sicurezza dei paesi occidentali hanno mirato ad altri obiettivi, come la lotta al terrorismo internazionale e l’intelligence economica.

Inoltre, con paesi come Cina o Russia c’è una forte competizione sia economica che politica. È necessario essere in grado di contrastare le loro attività intrusive. Il trattamento delle informazioni che riguardano la sicurezza nazionale è quindi un problema di dimensioni mondiali.

Tutto ciò ha portato la maggiore potenza occidentale, gli Stati Uniti, che dispongono di un’avanzatissima base tecnologica, a sviluppare capacità colossali di intercettazione e analisi dei dati.

Tutti spioni
Le rivelazioni di Snowden hanno messo a nudo un caso importante, ma non unico. Sin dalla seconda guerra mondiale, il Regno Unito è quasi integralmente parte del sistema di intelligence statunitense. La Francia ha sviluppato un apparato completo di intelligence elettronica, con stazioni di ascolto e capacità satellitari, come il sistema Electronic Intelligence Satellite (Elisa).

In base alla normativa sulla tutela delle telecomunicazioni (legge del 9 luglio 2004) la difesa francese può intercettare le comunicazioni elettroniche per salvaguardare la sicurezza nazionale, non soltanto contro le minacce del terrorismo e della criminalità organizzata, ma anche a tutela del potenziale scientifico ed economico del paese. Anche l’attività di intelligence economica è quindi prevista dalla legge sulle intercettazioni esterne al territorio nazionale.

Il sistema di satelliti Elisa, che gira intorno al pianeta, può intercettare comunicazioni in zone di interesse strategico come il Sahel. Ma i satelliti si spostano in continuazione, sorvolando anche l’Europa. Coprono quindi, in modo automatico, anche i paesi membri dell’Unione Europea.

L’esempio francese ci permette di relativizzare le accuse rivolte agli Stati Uniti. Certamente il sistema della Nsa pone una serie di questioni scottanti. Il fatto che un solo paese possa diventare il registratore illegale dell’insieme delle telecomunicazioni del pianeta è inquietante e sollecita cambiamenti.

C’è spionaggio e spionaggio
Bisogna poi distinguere tra lo spionaggio tra paesi militarmente alleati (ad esempio i membri della Nato) e quello tra paesi non democratici con i quali esiste una dura competizione (Cina, Russia). Senza poi dimenticare il controllo di zone in mano a gruppi criminali e/o terroristici in Africa o Asia.

La questione dei rapporti di intelligence fra alleati è quindi centrale. I servizi occidentali hanno una lunga consuetudine di rapporti di collaborazione, spesso basati sullo scambio paritario di informazioni. Oggi però la tecnologia permette a tutti i paesi avanzati di svolgere attività di intelligence elettronica di portata planetaria. Gli Stati Uniti lo fanno in modo massiccio e sistematico, altri in modo più discriminato, ma la natura delle attività è la stessa.

Si pongono quindi due problemi che richiedono una soluzione politica. Il primo è quello di regolare le attività di intelligence nei rapporti con gli americani. Si potrebbe pensare a accordi all’interno della Nato, ma esiste un altro problema probabilmente molto più acuto anche se nessuno lo evoca: quello delle attività di intelligence svolte da paesi membri dell’Ue all’interno della stessa Unione.

Fino ad oggi queste attività sono state considerate come parte della sovranità nazionale e come tali non sono regolate, ma ciò contrasta con i nuovi meccanismi di collaborazione in vari settori, come ordine pubblico e giustizia.

Occorre prendere atto che alcuni paesi europei possono intercettare diplomatici, politici o manager di altri paesi membri e definire regole che superino l’attuale “scambio di informazione” bilaterale fra servizi, distinguendo fra intercettazioni interne all’Ue (da regolamentare) e quelle esterne (lasciate alla discrezione degli stati membri). Lo richiede la natura democratica dell’Unione.

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