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Energia e Asia

Il sogno proibito dello shale gas in Cina

21 Ago 2013 - Edoardo Agamennone - Edoardo Agamennone

Da anni si continua a guardare alle fonti rinnovabili come possibile origine della tanto agognata rivoluzione energetica. Ma una rivoluzione con conseguenze ancora più significative sembra paradossalmente arrivare da due fonti fossili quali il gas naturale ed il petrolio. La tecnica della fratturazione idraulica (hydraulic fracking) risale al XIX secolo, ma solo di recente innovazioni tecniche e politico-legislative negli Stati Uniti l’hanno resa commercialmente sfruttabile su larga scala, permettendo di avviare l’estrazione delle riserve di gas e petrolio (c.d. shale gas/oil).

Volata Usa
Lo sviluppo di queste riserve è tra i segreti della ripresa economica americana, visto che il gas costa negli Usa circa un terzo dell’Europa e un quarto del Giappone: un vantaggio competitivo potenzialmente incolmabile e destinato a ridurre enormemente la dipendenza energetica Usa dall’esterno. Quando, a breve, prenderà avvio l’esportazione del gas e del petrolio in eccesso, ai benefici diretti (creazione di posti di lavoro nell’indotto dell’esplorazione, trasporto e vendita di petrolio e gas) e indiretti (abbassamento del costo del lavoro al livello di paesi emergenti) del fracking si aggiungerà anche un importante avanzo commerciale.

Tralasciando l’Unione Europea, nella quale le opposizioni ambientaliste e il difficile quadro politico dei singoli Stati sembrano per il momento impedire lo sfruttamento delle seppur considerevoli riserve, la Cina è l’area geografica nella quale lo shale gas potrebbe conoscere i maggiori sviluppi. Le autorità cinesi hanno guardato con attenzione all’evoluzione del fenomeno negli Stati Uniti e, visto il successo, si sono rese conto di doversi dare da fare, al fine di evitare – come in una gara di ciclismo – che il principale concorrente commerciale e geo-politico dei prossimi anni possa riuscire nella “fuga” ed acquisire un eccessivo vantaggio.

Cina in scia
Il potenziale è certamente enorme: le autorità cinesi ritengono infatti che all’interno dei confini nazionali siano racchiuse le più grandi riserve al mondo di shale gas.

Altre analisi sembrano confermare tale pretesa, ponendo la Cina tra i primi paesi al mondo per riserve di shale oil. Non sorprende però che sia il gas a destare maggiore interesse, dal momento che per la Cina, nonostante i periodici proclami di epocali riforme, il carbone continui a coprire l’80% della produzione energetica (con un uso tuttora in forte crescita).

Il gas rappresenta sotto diversi punti di vista un efficiente strumento per ridurre l’uso del carbone e delle relative emissioni (soprattutto in ragione della facilità con la quale è possibile riconvertire le centrali termiche).

Il governo cinese continua a concentrare attività diplomatico-commerciali ed investimenti in infrastrutture su due fronti: la Russia ed i paesi dell’Asia centrale da un lato (collegati attraverso gasdotti), e i paesi dell’Australasia fornitori di gas liquido (Lng) dall’altro (connessi tramite i nuovi terminal).

Uno dei numerosi vantaggi che potrebbero derivare dallo sfruttamento dei giacimenti di shale gas sarebbe il venire meno della dipendenza dalle importazioni e, astrattamente, la possibilità di divenire un paese esportatore. Nel mese di gennaio di quest’anno il governo ha assegnato permessi per effettuare ricerche in 20 diverse zone del paese (principalmente nel Sichuan e nelle province circostanti, in alcune delle quali è attivamente coinvolta anche l’italiana Eni). A fronte di queste opportunità vi sono tuttavia enormi problemi di natura tecnica, economica ed ambientale.

Nodi tecnici, ambientali, economici
Rispetto agli Stati Uniti (nei quali le operazioni di esplorazione hanno richiesto circa 60 anni e duecentomila pozzi per arrivare allo stato attuale), i depositi cinesi si trovano mediamente a profondità maggiori e in situazioni geologiche più complesse, rendendo le operazioni di trivellazione decisamente più ostiche. A questo occorre aggiungere che la maggior parte delle zone per le quali sono stati assegnati permessi di esplorazione sono classificate come ad alto rischio sismico, rendendo quindi necessaria l’adozione di soluzioni tecniche (in alcuni casi non ancora sviluppate in altre parti del mondo) volte a prevenire i rischi in caso di terremoti.

Altra problematica di natura sia tecnica che ambientale è quella relativa alle risorse idriche. Il processo di fratturazione idraulica richiede enormi quantità di acqua e, nonostante la questione sia dibattuta, può comportare rischi di inquinamento delle falde acquifere. Se un delicato equilibrio tra uso dello shale gas e tutela delle risorse idriche è ricercato negli Stati Uniti e negli altri paesi che fanno già uso del fracking, in Cina l’attenzione deve essere anche maggiore vista la scarsità di risorse idriche del paese, con una disponibilità pro-capite di acqua pari a meno di un terzo della media mondiale e con una distribuzione non uniforme sul territorio.

Gli investimenti associati allo sviluppo di shale gas e shale oil in Cina sono di difficile previsione ma certamente ingenti. Fino ad ora i permessi esplorativi sono stati assegnati solamente alle grandi aziende di Stato, meno interessate ad assumersi rischi d’impresa in questo nuovo settore rispetto ai privati e alle multinazionali che hanno già sviluppato significative esperienze. Sembra tuttavia che un’apertura ad imprese private sia possibile nei prossimi mesi.

A questi vanno poi aggiunti altri problemi, quali la disciplina giuridica dell’esplorazione e dell’utilizzo delle risorse, la carenza di infrastrutture nelle regioni interessate, l’attività di disturbo di speculatori. Da questo breve quadro dovrebbe risultare chiaro che gli enormi benefici economici, ambientali e geo-politici che la Cina potrebbe ottenere dall’utilizzo delle riserve di shale gas e shale oil non possono essere considerati separatamente da sfide altrettanto significative.

Le autorità cinesi, con il sostegno della comunità scientifica ed imprenditoriale, sono già da tempo impegnate a studiare le soluzioni necessarie, avendo perfettamente inteso che questo settore potrebbe diventare uno dei fronti più importanti della competizione tra Stati Uniti e Cina nel prossimo decennio.

Edoardo Agamennone è dottorando SOAS.