L’inedito asse tra Malta, Grecia e Cipro
Proprio ora che la Turchia appare politicamente in difficoltà, sembra prendere corpo un’iniziativa greco-cipriota per la proclamazione congiunta delle Zone economiche esclusive (Zee), cui verrebbe associata anche Malta. Non è ancora ben chiaro se sia prevista la partecipazione italiana. Il progetto, presentato dal Primo ministro greco Samaras ad Atene lo scorso 18 aprile in vista della prossima presidenza greca della Ue, prevederebbe un’ininterrotta serie di Zee europee da Malta sino all’Egeo ed al Mar di Levante, attraverso il Mediterraneo centrale.
Ambiguità costruttiva
I contenuti dell’iniziativa sono volutamente indefiniti secondo il noto principio dell’ambiguità costruttiva, volto a non creare reazioni su temi controversi. Un primo chiarimento si è avuto tuttavia lo scorso 20 giugno, in un convegno-dibattito organizzato ad Atene dal settimanale britannico The Economist.
Greci e ciprioti parlano di Zee facendo intendere di essere interessati alla protezione dell’ambiente marino e delle risorse ittiche secondo la Convenzione del diritto del mare (Unclos). In effetti essi pensano allo sfruttamento delle risorse energetiche del fondale in quanto Zee e piattaforma continentale possono avere gli stessi limiti a meno che non sia diversamente stabilito. D’altronde l’iniziativa viene apertamente inquadrata nell’ambito della politica energetica della Ue.
In primo piano vi sono dunque le attività offshore. Ma sullo sfondo appare anche la volontà di acquisire con la Zee uno spazio marittimo da sorvegliare e difendere. Il Pm Samaras ha infatti dichiarato che il Mediterraneo è la frontiera dell’Europa la quale “va maggiormente protetta a sud, da dove provengono ondate di migranti”.
In realtà se c’è uno spazio che meno si presta all’interdizione dei migranti, questo è proprio la Zee, che è un’area di acque internazionali dove vige la libertà di navigazione e dove gli Stati hanno il dovere di soccorrere chiunque (migranti e non) nelle proprie zone Sar di ricerca e soccorso .
Zee e mari semichiusi
La proclamazione delle Zee nel Mediterraneo è stata considerata per molti anni come una soluzione impraticabile per la mancanza di spazi di 200 miglia, propri degli Oceani, necessari a proclamazioni unilaterali. Si temeva che l’alto mare sarebbe scomparso: tutto il Mediterraneo sarebbe stato coperto da Zee mettendo a rischio la libertà di navigazione delle flotte militari in caso di esercizio di poteri ultra vires da parte degli Stati costieri.
L’Italia è stata tra gli stati mediterranei quello che più ha sostenuto la libertà del mare, cercando di contrastare le spinte alla sua territorializzazione. Più che istituire Zee, alcuni stati hanno così creato zone speciali di protezione ecologica e peschiera come la Spagna, l’Algeria, la Croazia e la Francia (da qualche mese convertita alla Zee).
Anche l’Italia ha previsto nel 2006 la Zona di protezione ecologica (Zpe) procedendo nel 2011 ad una prima istituzione nel Tirreno dopo aver in passato delimitato la propria piattaforma continentale con Jugoslavia, Albania, Grecia, Tunisia e Spagna. Il problema della compatibilità del regime delle Zee con le caratteristiche geopolitiche di un’area sensibile come il Mediterraneo orientale ne ha inoltre bloccato a lungo la proclamazione in questo quadrante.
Ipotetica sovrapposizione di Zee di 200 mg nel Mediterraneo centrale (Fonte Istituto Idrografico della Marina, 1992)
Pragmatismo cipriota
Cipro ha rotto per prima il tabù delle Zee mediterranee; nel 2003 e nel 2010 ha infatti stipulato con l’Egitto ed Israele accordi di delimitazione riferiti alla Zee ma validi sopratutto per i ricchi giacimenti della piattaforma continentale, come il noto “Leviathan” da cui si estrae gas che in parte verrà convogliato sull’Isola nel terminale di Vassilikos.
Cipro, aprendosi pragmaticamente ai vicini, è riuscita in quello che la Grecia non aveva mai osato fare: sfidare gli interessi energetici turchi e confinare Ankara in uno spazio marittimo ristretto.
Cipro è dunque ora sulla stessa posizione della Grecia nella disputa che lo scorso febbraio ha lambito le Nazioni Unite, quando Atene e Ankara hanno depositato reciproche note di protesta sull’iniziativa turca di concedere licenze di esplorazione di idrocarburi a sud dell’Isola greca di Castellorizo.
Zee e PC ipotetiche, già delimitate (linea nera) e contestate (area in rosso). (Fonte Technip 2011).
Dinamismo maltese
Agendo in coerenza con il suo profilo di attivo attore marittimo mediterraneo, Malta deve aver subito compreso che l’iniziativa greca è il modo migliore per affermare apertamente pretese contestate dall’Italia sin dall’intervento alla Corte internazionale di giustizia nella causa Malta-Libia del 1985.
La posta in gioco è l’ipotetica grande Zee maltese, coincidente con la piattaforma continentale, che dalle Pelagie arriverebbe sino al punto di incontro della Zee italiana con quella greca secondo l’accordo del 1977 in cui i fondali di circa tremila metri non sono ancora esplorabili.
A questa stregua ci sarebbe per assurdo una continuità tra la Zee maltese e quella greca, mentre la Zee italiana verrebbe confinata più a nord senza tener in alcun conto il principio giuridico di proporzionalità tra lunghezza delle coste maltesi e superficie della pretesa Zee.
Cautela Ue
La Ue è stata evocata dalla Grecia come l’ombrello sotto cui impostare una politica marittima che tuteli gli assetti energetici degli stati membri, ne coordini le proclamazioni marittime e ne difenda gli interessi minacciati dagli Stati terzi. La verità è però che la Ue svolge già un ruolo di armonizzazione delle iniziative marittime nell’ambito dell’esercizio denominato Maritime Spatial Planning. (Msp), ben attenta tuttavia a non interferire con le competenze esclusive degli Stati membri nella definizione dei confini nazionali.
Alla Ue interessa il perseguimento degli obiettivi fissati dalla propria politica marittima, non il modo con cui i singoli Stati li realizzano mediante provvedimenti di creazione di spazi marittimi che possono anche essere tra loro disomogenei. Insomma la Zee non è per la Ue l’unica soluzione, a fronte di opzioni alternative come Zpe e Zone di protezione peschiera. Da non sottovalutare infine che la Ue si propone di favorire la risoluzione delle dispute marittime al proprio interno e con gli Stati terzi.
Legalismo italiano
In sintonia con lo spirito Ue, l’Italia si troverebbe forse a disagio con gli altri partner di un’iniziativa che al momento appare connotata da una sorta di confuso attivismo unilaterale e da nascoste intenzioni politiche.
L’Italia ha perciò il diritto di esprimere riserve su progetti di proclamazioni marittime tanto generiche nella parte relative ai confini, quanto potenzialmente sfavorevoli agli interessi italiani ed irritanti verso stati extra Ue, non esclusa la Libia, frontista dell’Italia, prim’ancora che di Malta e della Grecia.
Le relazioni marittime tra l’Italia, Malta e la Grecia sono per fortuna molto solide e costruttive, al punto di non lasciare spazio ad equivoci sulla volontà italiana di cooperare per definire consensualmente i limiti della propria Zpe, in attesa di dotarsi se necessario di una Zee.
Nel frattempo, l’Italia può continuare a sostenere la sua tradizionale policy marittima: proteggere il mare dai rischi ambientali ivi compresi quelli derivanti dalle attività offshore oggetto dell’apposita regolamentazione europea; sostenere il principio di libertà di navigazione nelle Zee; attuare al meglio, collaborando con gli altri stati, la responsabilità di soccorrere in mare le persone in difficoltà.
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