La nuova Somalia prende il mare
Grande paese con più di 3.000 km di coste ed un affaccio su mari ricchi di risorse ittiche e minerarie, la Somalia pare pronta a riacquisire la dimensione delle sue potenzialità marittime.
Nel discorso tenuto a New York lo scorso primo maggio in occasione della Sessione plenaria del Gruppo di contatto sulla pirateria al largo delle coste somale (Cgpcs), il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha infatti preannunciato l’avvio, nell’ambito delle iniziative assunte dal c.d. “Kampala Process” cui partecipano tutti gli attori somali (governo federale, Puntland, Galmudug e Somaliland) di una strategia orientata alla protezione delle zone marittime nazionali. Tale impegno è stato riaffermato nella Conferenza 2013 sulla Somalia tenutasi a Londra il 7 maggio.
Pirati ex pescatori?
La minaccia della pirateria era stata sinora vista come un problema derivante dall’assenza di controllo sul territorio, ma da molti era stata espressa la tesi che la sua origine fosse da ricercarsi nella pesca illegale e nello sversamento di rifiuti tossici nelle acque somale.
Insomma, i pirati come ex pescatori animati da spirito di rivalsa. Questo assunto, pur essendo stato smentito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu 2077 (2012) che pone l’accento sulle connessioni col crimine transnazionale, ha comunque trovato un’eco.
In altre risoluzioni si invitavano infatti gli Stati a rispettare i diritti della Somalia nelle zone marittime di giurisdizione, richiedendo nel contempo alla Somalia di proclamare la Zona economica esclusiva (Zee) come precondizione per l’esercizio dei relativi diritto sovrani, poteri di enforcement compresi.
Il problema della sicurezza degli spazi marittimi somali si è presentato sin dall’inizio della crisi della pirateria del Corno d’Africa, quando ci si è resi conto che la legislazione somala (risalente al 1972) prevedeva unicamente acque territoriali estese 200 miglia (mg) La norma aveva fatto discutere all’inizio della crisi della pirateria quando il governo federale aveva autorizzato lo svolgimento di attività di contro-pirateria anche nelle acque territoriali.
Poi era stata dimenticata, quasi fosse un fossile giuridico caduto in desuetudine, salvo tornare di attualità con riguardo alla condizione della proclamazione della Zee posta dall’Onu. Il Parlamento somalo avrebbe dunque dovuto sostituirla con una nuova legge conforme ai principi dell’Unclos, in aderenza agli impegni stabiliti dalla Road Map per la fine della transizione (terminata lo scorso anno dopo le conferenze 2012 di Londra ed Istanbul). Forti dubbi somali sull’opportunità di abrogare la vecchia legge del 1972 avevano tuttavia fermato l’iniziativa.
Disputa con il Kenya
Non è ancora chiaro per quale motivo certi settori politici somali ritenessero che un regime di acque territoriali di 200 mg, per quanto in contrasto con la Convenzione dell’Onu sul diritto del mare del 1982 (Unclos), fosse più adeguato agli interessi della Somalia.
Si può supporre che una ragione sia stato il desiderio di non alienare i legittimi diritti della Somalia sulle zone di mare circostanti, proprio nel momento in cui è in corso una disputa con il Kenya per il confine laterale della piattaforma continentale.
Il Kenya pretende che esso segua il parallelo partente dal confine terrestre; la Somalia ritiene invece che vada stabilito secondo i principi dell’Unclos che prevedono una linea di equidistanza perpendicolare alla costa, corretta da circostanze rilevanti in modo da raggiungere un equo risultato.
I due paesi erano sembrati raggiungere un accordo nel 2009 quando avevano congiuntamente deciso di adire la Commissione dell’Onu per i limiti della piattaforma continentale oltre le 200 mg, senza tuttavia considerare il disaccordo sul confine laterale entro le 200 mg.
Nel frattempo il Kenya ha concesso autorizzazioni ad effettuare attività petrolifere nell’area disputata. Secondo l’Agenzia di stampa Reuters, tra i beneficiari vi sarebbero le compagnie energetiche Eni e Total. Da notare che tale area è antistante la regione somala dell’Oltregiuba (ceduta nel 1924 all’Italia dalla Gran Bretagna) sotto il controllo degli Shabab stanziati a Chisimaio sino all’ingresso di truppe keniote nel settembre 2012.
Strategia marittima
Messa da parte la disputa di confine, le istituzioni somale si sono concentrate, da marzo di quest’anno, sulla strategia per rafforzare le capacità marittime incentrate su creazione di zone di giurisdizione, sfruttamento delle risorse naturali e creazione di Forze di pattugliamento costiere. Il nodo della Zee è stato superato individuando in provvedimenti somali già esistenti (in particolare la legge 11/1989 di ratifica dell’Unclos) la fonte che regola il regime degli spazi marittimi ed in particolare delle acque territoriali di 12 mg. e della Zee di 200 mg.
In mancanza di autonome capacità nazionali da dedicare all’esigenza, la dirigenza somala ha espresso auspici di sostegno internazionale come peraltro già in atto da parte dell’Unione europea, che concorre allo sviluppo della sicurezza marittima somala in funzione antipirateria con la missione militare-civile della Ue “Eucap Nestor”.
Zee somala di 200 mg. con ipotetica linea di equidistanza col Kenya
Quali amici per la Somalia
La seconda Conferenza di Londra appena conclusa ha evidenziato che senza un vasto piano di aiuti la Somalia non potrà mai risollevarsi. È chiaro infatti che la riconversione delle giovani leve della pirateria e del terrorismo ad attività produttive postula un forte impegno finanziario in progetti di sviluppo e nell’organizzazione delle forze di polizia e di pattugliamento costiero.
Il presidente somalo, nel suo saluto di apertura Londra, ha esplicitamente ringraziato per il generoso sostegno Stati Uniti, Gran Bretagna, Turchia (la prima a riaprire l’ambasciata a Mogadiscio e a finanziare la costruzione di infrastrutture civili) e Norvegia (che si è ritagliata, grazie alla diaspora somala ad Oslo, un ruolo come consulente per le questioni offshore).
Spiace che l’Italia non sia stata citata. Eppure il nostro paese, nonostante tutte le incertezze, gli errori, e le contraddizioni degli ultimi decenni, ha ancora titolo per presentarsi come il miglior amico della Somalia. Ora che la Somalia è pronta a prendere nuovamente il mare è il momento di dimostrarlo coi fatti, magari iniziando proprio dal sostegno alla pesca ed alla sorveglianza marittima.
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