IAI
Speciale giovani e rivoluzioni

Effetto boomerang in piazza Tahrir

20 Mag 2013 - Azzurra Meringolo - Azzurra Meringolo

Khaled Said, Alaa Abdel Fattah, Ahmed Maher e Samira Ibrahim sono solo alcuni dei giovani rivoluzionari egiziani cresciuti negli anni ’90. A quell’epoca risalgono le prime politiche economiche neo liberali la cui inutilità è diventata evidente alla fine del secolo scorso.

Anche se il processo di liberalizzazione ha avuto conseguenze macro economiche positive, il deterioramento del mercato del lavoro ha spremuto fino all’ultima goccia quei ragazzi che hanno visto con i propri occhi il picco del tasso di disoccupazione giovanile, passato dal 9,5% del ‘98 al 14,3% del 2006.

Incatenati da una disoccupazione che non permetteva loro di realizzarsi e stretti dalla morsa di un regime che negando loro ogni diritto li aveva resi sudditi, questi giovani hanno iniziato a pensare nuove forme di opposizione in grado di sfuggire alla fitta rete di quel regime che volevano far affondare.

Sono state azioni collettive portate avanti da attori non collettivi a far scendere nelle strade egiziane milioni di cittadini. Decentramento, flessibilità, mancanza di leadership ed ideologia, eterogeneità ideologica e propensione a una partecipazione informale alla vita politica sono stati punti di forza nella lotta contro il regime. Sin dai primi giorni della transizione però, queste caratteristiche si sono rivelate un boomerang controproducente.

Da Tahrir alle urne
Le dinamiche elettorali del post-Mubarak hanno infatti mostrato un eterogeneo universo giovanile incapace di guidare quel coro urlante che aveva centrato il suo primo obiettivo, l’uscita di scena del dittatore, ma doveva ancora raggiungere tutti gli altri.

Shabab al-Thawra è stato uno dei principali movimenti che ha cercato di rappresentare le istanze giovanili, facendo partecipare i suoi membri alle elezioni parlamentari del 2011. Anche se vi confluivano 25 gruppi, questo schieramento non è stato in grado di correre compatto e, deluso dai risultati raggiunti, l’8 luglio 2012 ha annunciato il suo scioglimento.

Non è andata meglio nel corso delle successive presidenziali. I giovani fuoriusciti dalla Fratellanza Musulmana e confluiti in Al-Tayar al-Masry hanno sostenuto l’islamista riformatore Abdel Moneim Abu el Fothou. Pur non dichiarandolo ufficialmente, il movimento del 6 Aprile ha invece sostenuto il nasseriano-socialista Hamdin Sabbahi.

Allorché nessuno di questi due è arrivato al ballottaggio finale, i giovani si sono trovati davanti all’incubo che mai avrebbero voluto vivere: da una parte il premier dell’ultimo governo Mubarak, Ahmed Shafiq, dall’altra il leader della Fratellanza Musulmana, Mohammed Mursi. Alcuni hanno optato per il ballottaggio, altri si “sono turati il naso” e, pur di evitare un ritorno al passato, hanno votato Mursi.

I custodi della rivoluzione
Anche se i giovani sino ad ora non sono riusciti a tradurre la loro rivoluzione in risultati elettorali, il loro ruolo non può essere misurato limitandosi a questo aspetto. Sono stati infatti i veri custodi della rivoluzione e per difenderla hanno pianificato una serie di iniziative originali.

Tra ottobre e dicembre 2011, un gruppo di attivisti che voleva denunciare la violenza usata dal Consiglio Supremo delle Forze Armate contro i manifestanti ha iniziato la campagna 3askarKazeboon, i militari sono dei bugiardi. Grazie a un proiettore collegato a un computer e a un telo sul quale vedere proiettare i filmati, gli attivisti hanno mostrato le atrocità perpetrate dall’esercito, portando queste immagini anche in zone rurali dove l’accesso a internet è più limitato.

Durante la campagna per le parlamentari è nata Esmikflol.com, un’iniziativa con la quale si denunciava la presenza di ex membri del partito di Mubarak tra le liste dei candidati. Poi è stato il momento di Mosireen’s, un collettivo che ha creato l’omonimo canale YouTube per contrastare la copertura delle proteste in corso da parte dei media statali. Infine, appena Mursi è stato eletto, è nato il Morsimeter, un sito web interattivo che ha valutato le performance politiche del presidente, pubblicandone periodicamente i risultati.

All’interno di questo eterogeneo movimento giovanile la dicotomia Islam-secolarismo e la segregazione sessuale sono meno marcate di quanto accade negli alti palazzi della politica. Anche se esistono gruppi giovanili islamisti e simili unioni copte, come il Movimento dei giovani del Maspero, vi sono organizzazioni come Salafyo Costa nella quale confluiscono salafiti, musulmani moderati e copti che vogliono estirpare ogni seme di intolleranza religiosa.

L’inclusione è tutta in salita
Oltre a continuare la loro lotta per realizzare gli obiettivi di quella rivoluzione di cui sono stati i propulsori, i giovani chiedono a gran voce maggior inclusione nei processi decisionali. Questo avviene anche all’interno dei partiti nei quali militano – tanto in quelli civili che in quelli islamisti -sovente dominati dall’élite più anziana. Fino ad ora, il partito della Fratellanza sembra il più restio alle richieste delle nuove leve, mentre quello socialista di Sabbahi ha istituito un consiglio esecutivo che comprende 17 giovani membri, facendo confluire la generazione più anziana nel comitato consultivo.

Il partito civile dell’ex segretario generale dell’Agenzia dell’Energia Atomica Mohammed El-Baradei continua a vivere una crisi interna. Per risolvere i conflitti tra vecchia e nuova guardia, El-Baradei ha deciso di modificare la data delle elezioni interne previste a settembre 2013, anticipandole a giugno.

Il problema di una vera partecipazione giovanile non è certo di facile soluzione, ma quantomeno è stato identificato e compreso da alcuni attori politici. A quanti li accusano di essere troppo idealisti e non pronti ai necessari compromessi politici, i giovani rispondono continuando a far nascere giornali, organizzazioni non governative e fori di discussione che mirano non solo a denunciare i problemi esistenti, ma a cercare delle soluzioni che siano coerenti con i valori rivoluzionari.

Nella polarizzazione in cui è impantanato il paese, questa missione è tutt’altro che facile, ma il capitolo più recente della storia egiziana ha mostrato che sottovalutare il potenziale giovanile può rivelarsi un grande errore di calcolo.

.