IAI
Guardie private per difendersi dai pirati

Contractor vs marò

2 Mag 2013 - Esther Marchetti - Esther Marchetti

In un recente articolo su questa rivista, Natalino Ronzitti ha riportato l’attenzione sul sistema di sicurezza integrato pubblico-privato italiano. La normativa in materia di contrasto alla pirateria marittima è regolata dalla L. 130/2011. Questa disciplina rappresenta un unicum nel panorama italiano. Consente agli armatori di imbarcare su navi battenti bandiera nazionale, che transitano in acque internazionali a rischio pirateria, sia team di militari – Nuclei militari di protezione (Nmp) – sia, in via sussidiaria, team armati formati da personale civile a contratto – le guardie giurate.

L’attuazione dell’opzione militare fino ad oggi non ha riscontrato particolari difficoltà: i primi Nmp sono stati operativi dall’autunno 2011. Il decreto del ministero dell’Interno che regola l’impiego dei contractor è entrato in vigore all’inizio di aprile. Seguirà una circolare “esplicativa”. A lungo questo tema non è stato affrontato a livello istituzionale. Oggi si prevede il ricorso sia a privati che a militari per la protezione delle navi. Si tratta di un passo in avanti che deve essere ulteriormente inquadrato.

Opzione civile
L’opzione civile è motivata da considerazioni quantitative. Un alto numero di navi italiane attraversa le aree a rischio. Il potenziale contributo della marina militare è insufficiente per rispondere alle esigenze dei soggetti interessati. Sia Confitarma che Federpesca hanno espresso una posizione favorevole all’opzione civile a causa della rigidità delle regole d’ingaggio dei militari, dei loro costi (le spese, a carico degli armatori, sono generalmente superiori a quelle degli operatori privati), dei criteri di assegnazione dei Nmp e dei tempi necessari al loro spiegamento.

Quando si è trattato di definire i team civili la scelta è ricaduta sugli istituti di vigilanza e le guardie giurate: l’unica forma di sicurezza privata strutturata contemplata dal nostro ordinamento.

A livello internazionale, i timori suscitati dalla recrudescenza della pirateria, uniti ad una riduzione dei bilanci della difesa e al prevalere della filosofia liberista, in particolare in nazioni quali Regno Unito e Usa, hanno condotto il mercato a privilegiare l’opzione civile. Si consideri poi che le cosiddette “bandiere ombra” non possono, evidentemente, avvalersi dei team militari.

Negli ultimi anni il numero di società private che propongono servizi di sicurezza marittima è aumentato considerevolmente. L’endorsement alle società private deriva essenzialmente dalla maggiore flessibilità che possono garantire alle compagnie di navigazione. Queste società forniscono servizi di protezione individuale, mentre le marine nazionali svolgono una molto più classica missione di pattugliamento nel Golfo di Aden.

Se gli svantaggi legati all’impiego dei Nmp sono prevalentemente di tipo tecnico-pratico, quelli relativi ai contractor sono di altra natura. Si tratta di questioni generalmente associate alla violazione del monopolio statale sull’uso della forza o ad un uso inappropriato di quest’ultima. Da un punto di vista giuridico questo settore industriale è in larga parte regolato dalle normative nazionali, così come per qualsiasi altra forma di servizio privato.

Il diritto internazionale proibisce ad imbarcazioni private armate di dare la caccia ai pirati. Non è però vietato l’impiego di guardie di sicurezza per la protezione di imbarcazioni private che possono usare la forza per l’autodifesa.

L’esercizio di questo diritto deve comunque rispondere ai limiti della necessità della reazione e della sua proporzionalità. Nel caso in cui un team armato privato catturi i pirati nel corso di un attacco, si pone poi la questione della loro consegna alle navi da guerra o allo Stato costiero, così come quella relativa alla custodia temporanea dei pirati.

Il numero limitato di norme vincolanti a livello internazionale è però integrato da un corpo crescente di strumenti di soft law, così come da codici di condotta e linee guida elaborati dal settore privato. Questi standard, la cui efficacia dipende dalla responsabilità dei soggetti interessati, potrebbero ispirare gli Stati nei loro sforzi di operare un controllo maggiore sulle attività delle compagnie private.

Opzione militare
L’opzione militare, come illustrato dal difficile caso dell’Enrica Lexie, può risultare ancora più problematica. Quando le marine nazionali pattugliano le aree a rischio pirateria con navi da guerra, agiscono nel nome del bene comune. Possono quindi rispondere ad un attacco contro qualsiasi imbarcazione. Al contrario i militari a bordo di una nave privata proteggono solo quella particolare imbarcazione. I Nmp sono meno costosi di una scorta con nave da guerra.

Questa pratica rende però ambigua la separazione tra interessi politici e commerciali. La decisione delle Forze armate di fornire il proprio personale in qualità di Nmp rappresenta una cessione di autorità al comandante della nave civile e alla compagnia armatoriale. Ma questo potrebbe avere come conseguenza il fatto che lo Stato di nazionalità dei Nmp potrebbe subire le ripercussioni di decisioni private. In sostanza, quello che accade sulla nave ha delle dirette implicazioni per il governo nazionale.

Necessaria revisione
I team civili instaurano un rapporto di natura privatistica con gli armatori. Questo consente un grado di separazione tale da evitare, in caso di incidenti, complicazioni di carattere politico e diplomatico.

Per quanto riguarda l’eventuale uso illegittimo delle armi da parte dei contractor esiste una responsabilità dello Stato di bandiera soltanto se è possibile dimostrare che ha omesso di prevenire o non ha punito le condotte illecite. La responsabilità delle azioni dei contractor ricadrebbe quindi sugli armatori. Inoltre, dal momento in cui l’impiego di team privati – militari e/o civili – non è volto a combattere la pirateria in senso lato, ma a difendere le navi mercantili, l’opzione civile sembra la più pertinente.

Per rendere l’opzione civile operativa è necessario un ripensamento della nozione concettuale di contractor/guardia giurata, eventualmente attraverso atti legislativi. Esiste una sostanziale differenza tra il territorio nazionale, dove questi soggetti operano abitualmente, rispetto alle acque infestate dai pirati. Inoltre, agli armatori sembra sia consentito soltanto ricorrere a imprese italiane con impiegati cittadini dell’Ue. Non sono invece contemplate esplicitamente le imprese di vigilanza europee, il che potrebbe essere interpretato come una distorsione del mercato interno.

Resterebbero fuori dal raggio d’azione dell’armatoria italiana i cittadini extracomunitari, ma anche le società di sicurezza extra europee che costituiscono la stragrande maggioranza del mercato dei servizi di vigilanza armata. Non è un aspetto marginale, perché non ci sono molte compagnie di sicurezza privata italiane in grado di operare a livello internazionale.

Il decreto crea una potenziale disparità fra l’opzione civile e quella militare. Fermo restando la responsabilità primaria dello Stato in materia di contrasto alla pirateria, l’impiego di guardie private sembra rappresentare un ripiego nel caso di non disponibilità di guardie militari.

Questo toglie molto valore all’apertura che l’Italia sembrava aver dimostrato nei confronti della sicurezza privata. Nonostante una riduzione degli attacchi dei pirati nel corso del 2012, il perdurare della minaccia rende impellente una revisione della normativa attuale. In caso contrario, il pericolo è che gran parte della nostra flotta cambi bandiera per poter usare società private. Si tratta di un’eventualità che, tra l’altro, si è già verificata in alcuni casi.

.