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Minoranza curda in Turchia

Prove di dialogo tra Erdoğan e Öcalan

2 Apr 2013 - Emanuela Pergolizzi - Emanuela Pergolizzi

Con il cessate il fuoco annunciato il 21 marzo, giorno del capodanno curdo (Newroz), dal leader del movimento armato curdo Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), Abdullah Öcalan, sono riemerse le speranze di pace tra la minoranza storicamente residente nel sud-est della Turchia e il governo del paese. L’entusiasmo per l’annuncio, avvenuto nella capitale curda della Turchia meridionale, Diyarbakir, deve tuttavia fare i conti con un processo non privo di contraddizioni, interessi contrapposti e tensioni tanto sul fronte interno che su quello regionale.

Opposti estremismi
Il premier turco Recep Tayyip Erdoğan incassa un importante risultato politico contro quanti, interni e esterni al partito, avevano aspramente criticato la riapertura del dialogo-tabù con il rappresentante della guerriglia armata da sempre nemica di Ankara. Iniziato l’autunno scorso, il processo di pace si era reso necessario a fronte dei crescenti scontri armati, che nel 2012 avevano causato il numero di vittime più alto degli ultimi trent’anni: 700.

Per l’avvio dei negoziati il governo turco ha chiesto la fine degli scontri e la smilitarizzazione del Pkk. In cambio, Erdoğan promette la pacifica fuoriuscita di tutti i guerriglieri del Pkk dai confini della Turchia e una revisione costituzionale che garantisca maggiori diritti e nuovi principi di autonomia regionale per i 15-17 milioni di curdi presenti nel paese.

Rimangono oscuri, tuttavia, i termini concreti dell’accordo Erdoğan-Öcalan. Sembra certo che i parlamentari del partito filo-curdo del Bdp (Partito per la Pace e la Democrazia) abbiano garantito l’appoggio per una riforma molto cara al primo ministro: la revisione costituzionale in senso presidenzialista, sul modello americano, da attuarsi entro le elezioni del 2014. Resta difficile, invece, per Erdoğan, preparare il terreno per concessioni importanti sul piano dei diritti e dell’autonomia regionale, nell’esigenza di non alienarsi i voti delle frange nazionaliste e ultra-kemaliste presenti in parlamento e storicamente radicate nell’opinione pubblica.

La necessità di un atteggiamento equilibrista e prudente non hanno impedito al premier prime timide aperture e rimandi alla memoria ottomana delle “eyalet”, antiche divisioni amministrative dell’impero la cui riscoperta potrebbe costituire una risposta innovativa alle rivendicazioni autonomiste curde.

Mentre l’opposizione socialdemocratica del Chp (Partito Popolare Repubblicano) grida allo scandalo, paventando lo sgretolamento della nazione sotto le spinte centrifughe delle sue multiple etnie, sembra in via di realizzazione il progetto di un “comitato di saggi”, personalità eminenti della società civile che guidino i parlamentari verso un progetto di riforma ispirato alle autonomie regionali europee.

Ali dure
Anche dal lato curdo non hanno tardato a farsi sentire le resistenze delle ali più radicali del movimento. L’appello del comandante del Pkk Karayilan ai guerriglieri ad abbandonare le armi e a scendere dalle montagne del Toros si starebbe scontrando con l’opposizione di colonne armate del Pkk sparse tra le province di Tunceli e Sirnak.

Le difficoltà spostano in là l’orizzonte di pace, mentre i parlamentari più ottimisti prospettano la fine del 2013 come possibile termine di un primo progetto di disarmo, smobilitazione e riabilitazione (Disarmement, demobilitation, rehabilitation, Ddr) condotto sul modello delle omologhe operazioni di peace-keeping dell’Onu.

Alla speranza si combina il realismo: “questa non è la fine, ma un nuovo inizio”, riconosce il leader curdo al termine della lettera inviata dal carcere. Nell’abilità delle due parti a coinvolgere gradualmente nel processo anche i rispettivi estremismi si gioca tutta la scommessa di pace tra Erdoğan e Öcalan.

Intreccio regionale
Nelle crescenti difficoltà delle potenze internazionali sul futuro della Siria, la questione curda ha riflessi che vanno oltre le preoccupazioni prevalentemente domestiche della Turchia.

Nelle province di Şanliurfa e Diyarbakır, dove pochi chilometri dividono la popolazione curdo-turca da quella curdo-siriana, le trattative risvegliano il sogno di autonomia e le antiche promesse del Trattato di Sèvres per un Kurdistan autonomo. Dalla scorsa primavera, a fronte dello spostamento delle divisioni di al-Assad in difesa di Damasco, la popolazione curdo-siriana ha preso gradualmente controllo della regione settentrionale sotto la guida del Pyd, sospetta diramazione siriana del Pkk.

Riunito in breve un braccio armato di diecimila combattenti, il Pyd (Partito dell’Unione Democratica) propone uno scenario simile a quello che condusse alla formazione dell’odierna regione autonoma curda del nord Iraq (Krg, Governo regionale curdo-iracheno).

Ankara osserva con apprensione questi sviluppi, considerato anche il timore internazionale circa il possibile utilizzo di armi chimico-batteriologiche sul fronte da parte delle forze di al-Assad. Il Pyd potrebbe rappresentare un alleato decisivo nel conflitto siriano, ma fino alla recente normalizzazione dei rapporti con il Pkk, Ankara e il Pyd hanno mantenuto un rapporto di mutua diffidenza e reciproco sospetto.

Diverso è invece l’approccio verso il Krg, storico porto franco e rifugio delle milizie del Pkk. Consapevole del ruolo di trait d’union assunto dai curdi-iracheni nella regione, Ankara non ha esitato a sviluppare con l’antico nemico accordi economici di mutua-dipendenza, specialmente sul tema dell’energia. Da gennaio la Turchia si è proposta come ponte per l’esportazione di greggio curdo sui mercati europei, sfidando la sovranità di Baghdad. Sono ancora in corso, invece, le trattative per la costruzione di un oleodotto che colleghi il Krg alla Turchia, inserendo il gas curdo in competizione con le esportazioni russe ed iraniane.

Avvicinata a Erbil dalla partnership sull’energia e normalizzate le relazioni con il Pkk, Ankara potrebbe allontanare lo spettro di un fronte curdo unito ai suoi confini meridionali. Su questi complessi intrecci si gioca l’equilibrio di Ankara: il Newroz 2013 prospetta numerose sfide e possibili sviluppi di pace ancora da svelare.

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