IAI
Progetto europeo

La Strategia energetica dell’Italia

17 Ott 2012 - Nicolò Sartori - Nicolò Sartori

Dopo quasi venticinque anni dall’ultimo documento di indirizzo strategico per il settore energetico, nei giorni scorsi il governo Monti ha finalmente reso pubblica la nuova Strategia energetica nazionale (Sen). Il testo, che verrà sottoposto a consultazione pubblica, non solo definisce obiettivi e priorità d’azione per l’Italia, ma può contribuire a determinare il posizionamento ed il ruolo del paese nel complesso scacchiere energetico internazionale.

Costi e paesi fornitori
La riduzione del costo dell’energia per consumatori e imprese rappresenta uno degli obiettivi chiave identificati dalla Sen. Oggi, in Italia, si pagano per l’energia elettrica – motore del suo sistema economico-industriale – differenziali di prezzo di oltre il 20% rispetto ai principali mercati europei. Tale differenza è un pesante fardello per la competitività delle imprese e per il bilancio delle famiglie italiane, ed è in buona parte dovuto al costo del gas naturale, che in Italia contribuisce per il 60% della generazione dell’elettricità.

Gli alti prezzo del gas naturale hanno una duplice origine. La prima è la scarsa concorrenza e fluidità sul mercato interno, determinata da un’eccessiva concentrazione delle attività di produzione, fornitura e trasporto del gas. Da questo punto di vista, il governo Monti ha fatto molto con l’emanazione del decreto che definisce modalità e termini della separazione proprietaria di Snam ed Eni.

La seconda, è la natura stessa dei contratti di fornitura siglati dagli compratori italiani. Si tratta molto spesso di contratti a lungo termine e a prezzi di acquisto indicizzati al valore del petrolio, i cosiddetti take-or-pay. Creando una relazione di lungo periodo tra produttore e consumatore, il contratto take-or-pay è da un lato garanzia di approvvigionamenti stabili e sicuri. Dall’altro, però, le clausole che obbligano a pagare anche per i volumi non ritirati, e che legano il prezzo del gas a quello del greggio, lo rendono particolarmente svantaggioso se paragonato agli acquisti sui mercati spot del nord Europa, dove i prezzi sono in calo a causa della riduzione della domanda e del crescente contributo del gas liquefatto.

Sebbene non in modo esplicito, la Sen sembra auspicare una revisione – almeno parziale – delle modalità di approvvigionamento del paese, che miri a raggiungere una giusta combinazione tra la sicurezza garantita da contratti a lungo termine e la competitività del prezzo sui mercati spot.

Anche Eni, il principale attore energetico italiano, sembra essere in linea con l’approccio adottato nella Sen. Come annunciato dal suo amministratore delegato Paolo Scaroni, la compagnia energetica potrebbe non rinnovare i contratti take-or-pay in scadenza e tentare di risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi. Questo, ovviamente, con forti ripercussioni sulla natura di storiche partnership energetiche dell’Italia, come quella con Russia e Algeria, che forniscono il 60% delle importazioni di gas del paese, e con un impatto significativo sulla sicurezza degli approvvigionamenti del paese.

Produzione nazionale o diversificazione
Per far fronte alle esigenze di sicurezza delle forniture, la Sen pone l’accento su due potenziali iniziative. Da un lato, sviluppare la produzione sostenibile di idrocarburi nazionali, dall’altro, rafforzare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

La possibilità di rimettere in moto la produzione nazionale ha rapidamente svegliato il dibattito a livello nazionale. Sulla scia delle recenti esperienze negative, tra cui il disastro della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, i critici si concentrano soprattutto sui potenziali effetti ambientali legati alle attività di esplorazione e produzione nei giacimenti offshore nell’Adriatico e nel canale di Sicilia. Un aspetto – forse non meno significativo – da tenere in considerazione è l’effettivo ammontare delle risorse a disposizione, e il loro impatto sull’attuale dipendenza italiana.

Sulla base degli ultimi dati dettagliati forniti dal Ministero dello sviluppo economico, le riserve provate di gas sono 66 miliardi di metri cubi, quelle probabili 57 miliardi e quelle possibili 44 miliardi. Ai tassi attuali, le riserve provate basterebbero a coprire la produzione per i prossimi otto anni, mentre nella migliore delle ipotesi per venti. Se consideriamo tuttavia che l’obiettivo della Sen è raddoppiare l’attuale produzione, i periodi di riferimento andrebbero a ridursi a quattro e dieci anni rispettivamente. Per il petrolio la situazione è leggermente migliore, ma rimane da chiedersi se realmente la produzione nazionale può cambiare lo scenario energetico del paese e, quindi, se il gioco valga davvero la candela.

L’alternativa alle trivellazioni rimane il rafforzamento della diversificazione dei fornitori e delle vie di transito, in modo tale da minimizzare i rischi di un eventuale default da parte di uno (o più) paesi. Nonostante negli ultimi decenni l’Italia abbia attuato una lungimirante politica di diversificazione, oggi il paese ha nuove opportunità per rafforzare la propria posizione. Alcune di esse sono già state colte, grazie a progetti per diversificare le rotte di transito quali South Stream e Galsi.

Oggi, la partita strategica per l’Italia si gioca su due fronti principali: l’accesso al Corridoio Sud e la realizzazione di infrastrutture di rigassificazione sulla costa italiana. Oltre alla diversificazione delle fonti, tali iniziative potranno garantire l’incremento ed il consolidamento dell’overcapacity strutturale del paese.

Hub del gas e progetto europeo
Ed è proprio grazie all’accesso a nuovi volumi che l’Italia potrà ambire a diventare il principale hub del gas sud-europeo, come auspicato nelle priorità d’azione fissate dalla Sen. Lo status di hub – ovvero diventare uno snodo fondamentale per il transito e l’interscambio di gas, soprattutto con i paesi del nord Europa – è funzionale alla creazione di un mercato interno fluido e competitivo, ed è pertanto un passaggio importante per il raggiungimento dell’obiettivo principale della strategia, la riduzione dei costi dell’energia.

Per poter ambire a tale ruolo, l’Italia non sarà chiamata soltanto ad assicurasi sufficienti livelli di overcapacity in termini di volumi e ad investire nel rafforzamento delle infrastrutture nazionali per il trasporto e lo stoccaggio. Il paese dovrà anche ancorarsi in modo effettivo al nascente mercato europeo. A tal fine il documento presentato dal governo richiama, sebbene non in modo centrale, la necessità di rinforzare le interconnessioni di rete transfrontaliere e di omogeneizzare i meccanismi di governance energetica tra i paesi membri dell’Ue.

Il ‘progetto europeo’ diventa quindi un elemento centrale della strategia energetica dell’Italia, soprattutto dopo che per anni il paese è stato messo sotto accusa a causa delle sue relazioni privilegiate con paesi produttori come la Russia. A ridosso del 2014, termine ultimo definito dal Terzo pacchetto energia dell’Ue per la piena integrazione dei mercati del gas e dell’energia elettrica, l’Italia può pertanto trasformare una propria necessità interna in un significativo impulso politico alla creazione del mercato unico europeo.

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