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Sconfitta di Saakashvili

Il nuovo vento della Georgia

10 Ott 2012 - Paolo Calzini - Paolo Calzini

Contrariamente alle previsioni, le elezioni parlamentari in Georgia hanno segnato la sconfitta del Movimento Nazionale Unito del presidente Michail Saakashvili ad opera del movimento di opposizione Sogno Georgiano che fa capo al miliardario Bidzina Ivanishvili. Un evento politicamente clamoroso perché apre, per la prima volta nella storia del paese, ad un cambio di governo secondo la regola aurea dell’alternanza democratica.

Fine di un’era
Nonostante la contrapposizione frontale ai risultati non hanno fatto seguito violente contestazioni, come si temeva da più parti, mettendo fine in forma pacifica al monopolio di potere impersonato da Saakashvili fin dalla “rivoluzione delle rose” del 2003. La sua leadership è stata sostenuta dall’occidente, e in primo luogo, dagli Stati Uniti, perché garantiva una serie di vantaggi allo stesso tempo strategici – la presenza di un alleato come la Georgia nell’area cruciale del Caucaso – economici – in vista della sua funzione di snodo di condotte per i rifornimenti energetici all’ Europa – e politici – considerato il ruolo conferitogli di alfiere dei valori democratici nello spazio post-sovietico.

Le cause dell’inattesa svolta, con le incertezze che ne conseguono per gli equilibri interni e internazionali, sono da attribuire alla complessa evoluzione politico sociale del paese sotto il regime di Saakashvili. Analogamente ad altri paesi della regione come Ucraina, Moldova e ora la stessa Russia, una leadership fortemente personalizzata, accentratrice e impegnata in un contradditorio processo di democratizzazione, ha suscitato istanze sociali molto eterogenee cui la politica ufficiale non è riuscita a dare pienamente voce.

Costituito in larga parte dalle élites professionali e intellettuali concentrate nella capitale Tbilisi e escluse da posizioni potere e dall’ampia fascia di ceti popolari confinati in condizioni di povertà, l’elettorato georgiano ha votato in modo massiccio contro il governo in carica. A trarne vantaggio, anche grazie all’ingente disponibilità di mezzi finanziari l’opposizione raccolta intorno allo spregiudicato Ivanishvili, uomo nuovo nel panorama nazionale, che ha saputo farsi interprete del diffuso disagio del paese presentandosi come paladino del rinnovamento.

Passaggio di consegne
Il governo Saakashvili ha così pagato interamente il prezzo del crescente degrado del clima politico, caratterizzato alla vigilia della consultazione dalle accuse di malversazione e di illecite pressioni rivolte alle autorità. Un governo a forte impronta antirussa, rimasto sostanzialmente aperto alla competizione democratica, il cui bilancio d’altra parte è risultato sempre più compromesso da pratiche autoritarie in diversi settori dell’amministrazione, della sicurezza, e dell’informazione, motivata dall’esigenza di promuovere rapidamente consolidamento istituzionale e sostenuta crescita economica.

Obiettivi in parte anche raggiunti, come testimoniano i progressi nella modernizzazione delle strutture pubbliche, nella razionalizzazione delle forze di polizia, nella lotta alla corruzione, nella crescita dell’economia che nell’anno in corso ha conosciuto un incremento del Pil di circa l’otto per cento. Da questi risultati dipende la valutazione sostanzialmente positiva degli occidentali su Saakashvili, tradottasi in ingenti aiuti economici e forte sostegno politico, oltre che militare, al governo.

La Georgia si trova dunque ad affrontare oggi i problemi di un cambio di governo che coincide anche con la fine di una lunga stagione politica. Che la situazione richieda una pausa di riflessione da parte delle forze che si sono così aspramente combattute in una società sempre più polarizzata, è indubbio.

I richiami alla moderazione per garantire che il trasferimento delle competenze di governo avvenga nel rispetto della legalità e evitando gli eccessi della logica “ di chi vince piglia tutto”, confermano le preoccupazioni di americani e europei, oltre che degli stessi russi, sul rischio di involuzione del processo politico. Che invece, almeno fino ad oggi, è rimasto entro i limiti della libera competizione.

Aperture
L’avvio di negoziati diretti fra Ivanishvili e Saakashvili, lascia presagire una soluzione di compromesso che possa contenere le rivendicazioni più radicali emerse dalle ali estreme dei rispettivi partiti. Il fatto che Saakashvili, pur sconfitto a livello parlamentare, conservi la presidenza fino al 2013, implica che la sua azione verrà condotta nel quadro di una costretta coabitazione con il vincitore. Quale potrà essere l‘atteggiamento di Ivanishvili, forte della popolarità ma con proposte programmatiche ancora molto vaghe, non è facile a dirsi.

L’accusa di essere l’uomo di Mosca, rivoltagli per la passata appartenenza all’élite oligarchica russa, appare pretestuosa, anche se non rafforza certo le sue credenziali democratiche. È comunque significativo che, pur dichiarandosi a favore di una normalizzazione dei rapporti con la Russia – rimasti ostaggio di una insuperabile contrapposizione dopo il conflitto del 2008 – egli abbia manifestato la ferma volontà di proseguire nella collaborazione con gli Usa e l’Ue. A conferma di una continuità in campo internazionale con il precedente governo che non potrà non riflettersi anche sulle scelte di politica interna.

È difficile dire quanto poi questa presa di posizione, che risponde alla volontà di un bilanciamento dei rapporti con il mondo esterno, determinato dalla collocazione geopolitica del paese in un area soggetta alle contrastanti influenze delle grandi potenze oltreché dai condizionamenti determinati dal nodo irrisolto della presenza delle province secessioniste dell’Abchasia e dell’Ossetzia del Sud, sia efficace.

Superata la prova delle libere elezioni la Georgia affronta con il nuovo governo di Binashvili la sfida rappresentata dalla messa in opera di un corso politico impegnato, stando alle dichiarazioni ufficiali, in una linea di continuità e di perfezionamento del processo di consolidamento democratico delle istituzioni e di liberalizzazione dell’economia nazionale avviato in precedenza.

Un corso politico giudicato con una certa perplessità quanto al suo sviluppo, verosimilmente destinato ad andare incontro a forti resistenze, considerato l’intreccio fra posizioni contrapposte e radicati personalismi che caratterizzano il panorama politico giorgiano.

A favore di un nuovo corso, d’altra parte, dovrebbe contribuire l’interesse comune sia alle forze politiche attive all’interno, che a quelle riconducibili alle grandi potenze, affinché la Georgia non diventi un focolaio di tensione e di instabilità, che minaccia la sicurezza del Caucaso.

Una prospettiva ottimistica sarebbe che, come conseguenza di una positiva sinergia fra sviluppi interni e esterni, il paese possa trasformarsi da terreno di scontro fra Russia, Stati Uniti e Europa, come era stato finora, in un’area se non di cooperazione, perlomeno di controllata competizione fra le parti all’insegna di un realismo condiviso.

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