Somalia, luce in fondo al tunnel
Buone notizie da Mogadiscio: da quando le forze dell’Unione africana hanno allontanato dalla capitale gli Shabab, le spiagge hanno cominciato ad affollarsi di ragazzi non più timorosi delle pallottole vaganti e i somali della diaspora stanno rientrando numerosi. Circa trecentomila dall’inizio dell’anno, con i risparmi accantonati negli Stati Uniti e negli Emirati. Dati che consentono di sperare in una modesta ripresa economica che potrebbe sottrarre manovalanza alle milizie armate.
Il percorso di stabilizzazione politica, imposto per ultimo dagli accordi di Addis Abeba dello scorso 23 maggio, ha registrato progressi che non erano immaginabili fino a poco tempo fa.
Shari’ah
Il paese è oggi guidato dalle istituzioni federali transitorie (presidente, governo e Parlamento), nominate con la Conferenza di pace di Nairobi nel 2004 durata per più di un biennio, e rappresentative dei maggiori clan del paese. Questa architettura istituzionale doveva esaurirsi nel 2011, ma è stata prorogata fino al 20 agosto 2012, quando il Parlamento dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Il 20 giugno è stata puntualmente approvata la bozza della nuova Costituzione, ma il successivo 2 luglio è scaduto il termine entro il quale l’Assemblea costituente avrebbe dovuto selezionare i deputati del nuovo Parlamento. L’obiettivo dovrebbe finalmente essere raggiunto entro agosto, quando l’Assemblea costituente adotterà la Costituzione provvisoria e selezionerà i 225 membri del nuovo Parlamento federale.
La Costituzione, che potrà divenire definitiva a seguito di referendum popolare, si compone di 137 articoli. Come in altre Costituzioni ad ispirazione islamica, sin dai primi articoli viene sancito chiaramente che la Shari’ah è fonte principale della legislazione e dell’intero ordinamento statale.
L’art.2 infatti prevede che nessuna legge può essere contraria ai dettami dell’Islam, riconosciuto come religione ufficiale di Stato. I diritti fondamentali e le libertà delle persone quali fondamento del nuovo stato somalo, sono dichiarati solennemente nei successivi articoli. Anche la tutela della famiglia trova concrete garanzie, sebbene per ora manchino cenni alle così dette “pari opportunità” uomo-donna.
La forma di Stato scelta è quella federale con il potere esecutivo esercitato da un governo federale e da quelli di ciascuno Stato federato. Il Parlamento federale è composto da due Camere: la Camera del popolo e la Camera alta; quest’ultima è una sorta di Senato federale con rappresentanti degli Stati membri. La Camera del popolo ha il potere di annullare le decisioni dell’altro ramo del parlamento con almeno la maggioranza dei due terzi.
Adeguato spazio è stato riservato alla tutela dei diritti umani la cui violazione da parte delle forze armate e di polizia sarà di competenza della magistratura ordinaria. Uno speciale ufficio dell’Ombudsman sarà incaricato di investigare sulle denunce in merito.
Percorso a tappe forzate
Il sistema giudiziario prevede una magistratura indipendente, ma con la Shari’ah quale riferimento diretto. Il relativo ordinamento prevede una Corte costituzionale, Corti federali e Corti locali.
Con la menzione diretta della Shari’ah nel testo costituzionale il legislatore ha voluto asserire che oltre a possedere una religione di Stato, la Somalia vuole seguire anche la tradizione giuridica islamica, pur utilizzando strumenti della tradizione occidentale quali i codici e la Costituzione scritta.
In tale contesto il Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, foro periodico di consultazioni e coordinamento fra gli attori maggiormente impegnati a favore del processo di pace in Somalia, riunitosi recentemente in Italia, ha espresso un cauto ottimismo in merito allo stato di attuazione del processo di riforme.
Dopo il 20 agosto la Comunità internazionale dovrà pertanto individuare le azioni più incisive per gestire il periodo post-transitorio. La presenza delle Nazioni Unite potrà concretizzarsi in una nuova missione di mantenimento della pace o in un mandato rafforzato del proprio ufficio per la Somalia (Unpos). L’ipotesi di un Joint Financial Management Board, meccanismo proposto dalla Conferenza di Londra del 23 febbraio scorso per il monitoraggio congiunto tra Autorità somale e attori internazionali dei flussi finanziari in entrata nel paese, non è ancora stata confermata.
I progressi sono dunque considerevoli rispetto alle condizioni di partenza. Non di meno la sicurezza, pur registrando discreti incrementi, rimane l’aspetto più preoccupante. I risultati conseguiti a Mogadiscio devono quindi essere estensibili ad altre regioni. Una proposta turca di istituire un nuovo fondo a sostegno del settore della sicurezza, accolta con favore da molti paesi, suscita tuttavia perplessità tra quanti temono duplicazioni e scollamenti dal sistema di sicurezza delle Nazioni Unite, indebolendo il quale potrebbero affacciarsi nuovamente le radicalizzazioni ideologiche e religiose.
L’impegno più significativo in materia continuerà ad essere assicurato dalla missione Amisom, finanziata principalmente dall’Unione europea, la cui efficacia militare è stata confermata dalle recenti sconfitte di Al Shabaab, la cui roccaforte resta però Chisimaio, uno dei principali porti commerciali somali.
Con tutte le incertezze del caso, il successo della road-map e le conseguenti riforme, l’azione militare e la progressiva frammentazione interna al movimento terroristico somalo potrebbero far ben sperare nel futuro di un paese purtroppo ancora annoverato nella categoria degli “Stati falliti”.