Tiro alla fune sul nucleare iraniano
Da quando, nel 2002, è venuta a conoscenza del programma nucleare iraniano, la comunità internazionale è impegnata in un estenuante negoziato con Teheran per assicurarsi che tale programma sia e resti ad uso esclusivamente civile e non nasconda, come molti temono, finalità militari.
Se da un lato l’Iran continua a sostenere la natura pacifica delle sue attività nucleari e la Guida Suprema Ali Khamenei ribadisce che le armi nucleari sono immorali e contrarie ai precetti islamici, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) nel suo ultimo rapporto si dice “sempre più preoccupata” per “la possibile dimensione militare” del programma nucleare della Repubblica islamica (1). Nel frattempo, lo scenario di un intervento armato da parte di Israele diviene ogni giorno più realistico.
Ritorno al dialogo
Dopo uno stallo durato quindici mesi, i paesi P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu – Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti – più la Germania) si sono nuovamente incontrati con la delegazione iraniana guidata da Said Jalili ad Istanbul lo scorso 14 aprile. Nessun accordo di sostanza è stato raggiunto, se non l’impegno a incontrarsi di nuovo a Baghdad il 23 maggio.
Malgrado la mancanza di risultati concreti, l’incontro di Istanbul ha tuttavia visto, cosa non scontata, il ritorno di Teheran al tavolo negoziale, senza precondizioni. Sotto la forte pressione internazionale, l’Iran ha infatti abbandonato la precedente indisponibilità al dialogo prima di aver ottenuto la cancellazione delle sanzioni e l’accettazione incondizionata del suo diritto all’arricchimento dell’uranio.
A nome delle potenze P5+1, l’Alto rappresentante dell’Unione europea Catherine Ashton ha definito l’incontro “costruttivo e utile”, mentre la Casa Bianca ha parlato di “un positivo primo passo, in un’atmosfera costruttiva”. Sebbene permangano molti dubbi riguardo l’efficacia dei colloqui in corso e la buona fede delle parti coinvolte, la ripresa della trattativa e l’inizio di un processo negoziale segnano un punto a favore di chi cerca una soluzione diplomatica alla crisi.
Nel frattempo, il programma nucleare iraniano continua ad avanzare. Nonostante le risoluzioni di condanna delle Nazioni Unite, le sanzioni internazionali, i sabotaggi informatici, le uccisioni mirate e problemi operativi di vario tipo, le centrifughe iraniane sono riuscite ad arricchire significative quantità di uranio, mentre procedono a ritmo serrato i lavori dell’impianto di Fordow, sotterraneo e quindi tendenzialmente immune ad un attacco militare.
Soglia
Il prolungamento dei tempi negoziali gioca a favore della Repubblica islamica che, lentamente ma inesorabilmente, sta procedendo verso la “soglia nucleare”, lo stadio oltre il quale il paese disporrà di tutte le necessarie capacità – strumenti, infrastrutture, attrezzature, materiali e conoscenze – per produrre un’arma nucleare nel momento in cui dovesse deciderlo (2).
Per scongiurare un tale esito e prevenire un’azione di forza da parte israeliana (della cui efficacia è ragionevole dubitare, ma delle cui drammatiche conseguenze per la sicurezza mediorientale ed internazionale si può essere certi) (3), il prossimo round negoziale di Baghdad rappresenta un passaggio cruciale.
L’obiettivo cui puntare è in primo luogo la rottura dello stallo attuale, per allentare la tensione ed evitare che la situazione sfugga di mano. Perché ciò accada, è necessario che entrambe le parti rivedano le proprie strategie negoziali a favore di un approccio incrementale, pragmatico e lontano da posizioni massimaliste, che consenta di trovare un iniziale punto di convergenza su cui costruire un dialogo in grado di instradare i negoziati verso un accordo di compromesso praticabile, sostenibile e che consenta di salvare la faccia.
Compromesso
Se questo è l’obiettivo, è necessario che le potenze P5+1 abbandonino la pretesa che Teheran abdichi in toto al proprio diritto di arricchire l’uranio. Sperare che l’Iran possa accettare una simile umiliazione è puro wishful thinking, che fa il gioco dei falchi che vogliono “risolvere” la questione con un’azione di forza.
Al contrario, un compromesso che permetta all’Iran di arricchire l’uranio fino al 4-5 per cento, un livello sufficiente per un uso civile del materiale, potrebbe rivelarsi un’ipotesi verosimile. Certo, l’esito sarebbe sub-ottimale e non definitivo, lasciando comunque intatto il potenziale iraniano di arricchimento dell’uranio.
Sarebbe però un concreto punto di partenza, scambiabile con l’impegno iraniano a rinunciare all’arricchimento dell’uranio oltre il 20 per cento (la soglia oltre la quale il materiale fissile si avvicina molto pericolosamente ad un possibile utilizzo militare) che, al momento, rappresenta l’elemento più preoccupante del programma nucleare iraniano e potenziale casus belli da disinnescare per scongiurare uno scenario di guerra (4).
Perché un simile “do ut des” possa essere raggiunto sono necessari sia incentivi che garanzie sul rispetto degli impegni presi. Da una parte, l’Iran potrebbe essere persuaso della bontà del compromesso dalla disponibilità delle potenze P5+1 ad ammorbidire le sanzioni che stanno duramente colpendo il paese, a partire dal differimento dell’entrata in vigore dell’embargo petrolifero europeo previsto per il primo di luglio.
Dall’altra, i paesi P5+1 dovrebbero ottenere dall’Iran una totale trasparenza riguardo alle proprie attività nucleari, con l’assicurazione della più completa apertura e cooperazione con l’Aiea per verificare la correttezza degli obblighi concordati. Idealmente, l’Iran dovrebbe applicare da subito in modo volontario le misure di controllo previste da Protocollo addizionale dell’Aiea e procedere in tempi brevi alla sua ratifica (5).
Evitare il conflitto
È evidente che quanto immaginato presuppone un accordo al ribasso che per entrambe le parti non sarà facile accettare. L’esperienza fallimentare di quasi dieci anni di negoziati invita alla prudenza (6). Non è per niente scontato che l’Iran sia disponibile ad una simile intesa, pur nella necessità di alleviare la morsa delle sanzioni. Lo stesso Obama dovrebbe vincere le forti resistenze israeliane e quelle di molti membri del Congresso (come pure del candidato repubblicano alla presidenza Mitt Romney) in un difficile anno elettorale.
Ciò detto, negli ultimi giorni si sono registrati alcuni positivi segnali di rilassamento nella tradizionale intransigenza sulla questione dell’arricchimento dell’uranio sia da parte statunitense che iraniana. Gary Samore, responsabile della Casa Bianca per la non-proliferazione, ha recentemente dichiarato, alludendo anche al tema dell’arricchimento, che sarà “oggetto di negoziato” stabilire quali parti del programma iraniano possano continuare (7). Analogamente, per il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi, “l’arricchimento è un diritto dell’Iran, ma possiamo negoziare a quali livelli lo possiamo arricchire”(8).
È nell’interesse di tutti che i colloqui di Baghdad del prossimo 23 maggio abbiano un esito positivo. Un ulteriore fallimento spalancherebbe le porte ad un drammatico scenario di guerra.
(1) Cfr.http://www.iaea.org/Publications/Documents/Board/2012/gov2012-9.pdf.
(2)Esiste un diffuso consenso tra gli osservatori che l’Iran non abbia ancora preso la decisione ultima di dotarsi di un arsenale nucleare, ma che piuttosto aspiri ad ottenere una “capacità nucleare” per raggiungere uno status di “potenza nucleare virtuale”.
(3) Sulle difficoltà di una simile impresa militare si veda Elisabeth Bumiller, “Iran Raid Seen as a Huge Task for Israeli Jets”, The New York Times, February 19, 2012; per una dibattito pro e contro un attacco israeliano si veda la raccolta di opinioni proposta dalla rivista Foreign Affairs e disponibile all’indirizzo web: http://www.foreignaffairs.com/features/collections/the-iran-debate-to-strike-or-not-to-strike.
(4) L’Iran ha sempre dichiarato che l’arricchimento al 20 per cento dell’uranio è per fini esclusivamente civili ed in particolare per la produzione di isotopi medici nel reattore di Teheran (TRR). Parte dell’accordo dovrebbe quindi prevedere la fornitura di uranio altamente arricchito per soddisfare queste necessità. Nel caso di interruzione della fornitura, l’Iran sarebbe autorizzato a riprendere l’arricchimento.
(5) Ulteriori misure in grado di aumentare la fiducia reciproca potrebbero includere la sospensione per tutta la durata dei negoziati dell’installazione di ulteriori centrifughe o una riduzione di quelle operative. La possibilità che Teheran possa accordare su base volontaria l’accesso agli ispettori dell’Aiea a siti militari come quello di Parchin è al momento improbabile. Per una vasta e dettagliata rassegna di proposte concrete di negoziato si veda il rapporto elaborato da Pugwash, Prospects for diplomacy with Iran, Washington, DC, 23 February 2012, scaricabile all’indirizzo web: http://www.pugwash.org/.
(6) Sul punto si veda Paolo Foradori, La lotta alla diffusione delle armi nucleari. La politica di non-proliferazione dell’Unione Europea e il difficile negoziato con l’Iran, Quaderni di Scienza Politica, 2010, 2, pp. 331-355.
(7) Los Angeles Times, April 27, 2012.
(8) Peter Crail, “P5+1 and Iran Hold ‘Positive’ Talks”, Arms Control Today, May 2012, disponbile all’indirizzo web: http://www.armscontrol.org/act/2012_05/P5_plus_one_and_Iran_Hold_Positive_Talks.
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