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Presidenza francese

L’orizzonte internazionale di Francois Hollande

18 Mag 2012 - Jean-Pierre Darnis - Jean-Pierre Darnis

Alla vittoria di François Hollande alle presidenziali francesi non è seguita la tradizionale tregua che di solito accompagna il passaggio di consegne all’Eliseo. Le incertezze sul futuro della Grecia creano un clima di emergenza che non consente pause. Il neo-presidente ha immediatamente avviato le consultazioni, a partire dagli incontri con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e di quello dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.

Ampi poteri
Il clima della campagna elettorale, in cui la politica estera non ha avuto un ruolo centrale, ha fatto emergere posizioni sulla Germania che, in alcuni momenti, sono sembrate delle prese di distanza. Esiste una criticità? Dalla firma del Trattato dell’Eliseo del 1963 in avanti, il rapporto fra Francia e Germania è diventato strategico per i governi di entrambi i paesi. Le relazioni personali fra i vari cancellieri e presidenti della Repubblica hanno conosciuto alti e bassi, ma alla fine le ragioni del compromesso, nonché il rapporto tra le rispettive tecnocrazie, hanno sempre prevalso.

La Costituzione della quinta Repubblica francese affida al presidente poteri di rappresentanza internazionale e competenze in materia di politica estera e di difesa. L’influenza del nuovo presidente, tuttavia, dipenderà anche dal risultato delle elezioni parlamentari (il 17 giugno), che indicheranno se il partito socialista raggiungerà da solo la maggioranza all’assemblea nazionale, liberandosi dell’abbraccio condizionante dei verdi e del fronte di sinistra capeggiato da Jean-Luc Mélenchon.

Durante la campagna, Hollande ha indicato priorità di politica estera in sostanziale continuità con Sarkozy. I riferimenti classici del multilateralismo (Ue, Nato, Onu) ma anche lo stile bilaterale della Francia rimangono infatti immutati.

Gli elementi di rottura emergono invece rispetto alla tradizionale politica africana, la vituperata francafrique, intreccio di rapporti post-coloniali, di ingerenze dei servizi e difesa degli interessi petroliferi (Total). Anche Sarkozy aveva imboccato questa strada nominando, nel 2007, il rigoroso Jean-Marie Bockel al ministero per la Cooperazione. Nel 2008 Bockel fu tuttavia promosso Segretario di stato ai combattenti, soddisfacendo cosi vecchi amici della Francia come Denis Sassou Nguesso o Omar Bongo.

Mediterraneo e Stati Uniti
Hollande non ha poi preso posizioni nette sui temi mediterranei. Il progetto di Unione per il Mediterraneo viene apparentemente archiviato, il ché potrebbe lasciare spazio alla ripresa di iniziative dell’Unione europea in materia.

Sarkozy ha sempre sostenuto che “la Turchia non ha vocazione a entrare nell’Ue”. Hollande, invece, sembra voler rimuovere questo veto, il che potrebbe essere interpretato come favorevole alla Turchia e sta già alimentando aspettative ad Ankara.

Diverse sfumature tra Sarkozy e Hollande si registrano anche sull’Iran. Sarkozy è stato tra i principali promotori delle sanzioni e di un duro embargo petrolifero contro Teheran, perseguendo la soluzione diplomatica ma ricordando anche che la Francia sarebbe stata accanto a Israele in caso di minaccia alla sua sicurezza. La posizione di Hollande potrebbe essere meno intransigente di quella del suo predecessore, meno filoisraeliana e più vicina a quella, più aperta, del presidente Obama.

Per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, Hollande avrà uno stile diverso da Sarkozy, che all’inizio del suo mandato enfatizzava il rapporto con Washington e trascorreva anche le sue vacanze nel Maine. Ma non per questo il rapporto bilaterale ne risentirà, anche se l’accelerazione del ritiro francese dall’Afganistan (entro il 2012) certo non farà piacere a Washington. Hollande aveva anche criticato il ritorno della Francia nel commando integrato della Nato, ma non sembra che ci saranno passi indietro su questo fronte.

Da Berlino a Bruxelles
La questione centrale dell’inizio mandato è, tuttavia, quella europea. Come già detto, l’Europa costituiva una sponda passiva della campagna per le presidenziali. Hollande ha dichiarato la sua volontà di ri-orientare l’Europa verso la crescita e di far cambiare posizione alla Germania sul Fiscal Compact.

I primi passi di Hollande su questo fronte sembrano essere ispirati da uomini di comprovata esperienza comunitaria: due ex capi di gabinetto di Jacques Delors alla Commissione, l’attuale direttore dell’Organizzazione mondiale del commercio, Pascal Lamy, e il direttore dell’autorità garante per i mercati, Jean-Pierre Jouyet hanno un filo diretto con Hollande. Il fatto, inoltre, che appena eletto Hollande abbia ricevuto sia il Presidente del Consiglio europeo che quello dell’Eurogruppo prima di ogni altro, indica la priorità data all’emergenza europea.

La questione del rapporto con la Germania rimane ovviamente centrale, come dimostra l’incontro con la cancelliera Merkel subito dopo la cerimonia di insediamento. La nomina di Jean Marc Ayrault come primo ministro va anche letta come ricerca di un dialogo privilegiato con la Germania: già professore di tedesco, in passato Ayrault ha consolidato il rapporto anche con i socialdemocratici tedeschi. Dai primi segni sembra che Hollande sia orientato a ricondurre il rapporto con la Germania più nel contesto comunitario che in una dinamica strettamente bilaterale.

Tensioni, ovviamente, non mancherano, anche alla luce della bruciante sconfitta della Cdu in Nord Reno Westfalia, che ha indebolito la Merkel. La Francia di Hollande ne approfitterà per insistere sul rilancio degli investimenti pubblici a livello europeo e su un diverso ruolo della Banca centrale europea. Una linea che, tra l’altro, era già stata perseguita da Sarkozy, anche se con scarso successo. Sotto questo profilo, il cambio al vertice in Francia è avvenuto nel segno di una sostanziale continuità.

Hollande rappresenta tuttavia un rinnovamento sia nello stile di governo, più aperto e trasparente, sia nel possibile rilancio delle dinamiche multilaterali all’interno dell’Ue. Con l’obiettivo fondamentale di salvare l’integrazione europea dalla pericolosa minaccia della crisi greca.

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