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Presidenziali

Il possibile asse militari-islamisti oscura l’Egitto

30 Mag 2012 - Azzurra Meringolo - Azzurra Meringolo

All’indomani del primo turno delle prime elezioni presidenziali dopo la caduta di Hosni Mubarak, l’Egitto si trova davanti a quello che l’intellettuale Hani Shukrallah ha definito uno “scenario da incubo”. Ad andare al ballottaggio del 16 e 17 giugno saranno infatti Mohammed Mursi, presidente del partito della Fratellanza musulmana che ha ottenuto il 24,8% dei voti, e Ahmed Shafiq, premier dell’ultimo governo Mubarak cha ha incassato il 23,5 % delle preferenze.

“Sarà come scegliere tra un ritorno a un passato conosciuto e un salto nel dubbio in un passato ancora più remoto” commenta Nawal el Saadawi, intellettuale e pilastro del femminismo egiziano che ha deciso di boicottare le elezioni visto che queste si sono svolte mentre i militari sono ancora al potere.

Sorpresa
Dopo decenni in cui andavano alle urne conoscendo in anticipo il nome del vincitore, alla vigilia dell’apertura dei seggi l’Egitto si è trovato immerso in un clima di incertezza senza precedenti, e i risultati hanno infine contraddetto tutti i sondaggi pre-elettorali. Ad imporsi sono stati infatti due candidati più estremisti rispetto ai favoriti. Mursi e Shafiq hanno infatti scalzato i due centristi, Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba già ministro degli esteri durante Mubarak, e Abdel Moneim Abu el Fotouh, islamista riformista che dopo aver deciso di scendere in campo è stato espulso dalla Fratellanza.

Mursi, candidato privo di un particolare appeal sugli elettori, è stato l’unico che ha potuto contare sulla macchina elettorale dei Fratelli musulmani, già rodata con successo in occasione delle parlamentari dello scorso novembre. Shafiq, che secondo la legge che vieta ai membri del vecchio regime di correre per la presidenza non avrebbe neanche dovuto competere, ha infine convinto quanti vogliono che il paese si rimetta in cammino in modo ordinato. In aggiunta, Shafiq ha raccolto i voti di buona parte dell’elettorato cristiano che, temendo una deriva islamista, lo ha considerato l’uomo in grado di contenere l’ascesa della Fratellanza.

La vera sorpresa è il terzo posto di Hamdeen Sabbahi, il socialista che ha ottenuto il 22% dei voti. Presentandosi come il Nasser del XX secolo, Sabbahi è riuscito a raccogliere i voti non solo dello zoccolo duro della rivoluzione, di intellettuali e artisti, ma anche di elettori appartenenti a classi meno abbienti che lo hanno considerato l’unico in grado di tenere unito il paese. Sabbahi, che per poco non ha scalzato Shafiq, si è imposto soprattutto nei grandi centri urbani, confermando quanto questo elettorato sia diverso da quello delle zone rurali.

Piazza Tahrir
Se ai suoi voti si sommano quelli di Abu el Fotouh, altro candidato che ha raccolto preferenze dalle istanze più rivoluzionarie, si nota che il 40% degli elettori ha in realtà votato per un candidato che ha legami con piazza Tahrir e che non è un membro né del vecchio regime né della confraternita islamista. La Fratellanza ha infatti perso voti rispetto alle elezioni parlamentari. “Le forze rivoluzionarie non sono state in grado di organizzarsi e quindi non hanno finalizzato,ma questo non vuol dire che Tahrir abbia perso” dice Amr Ezzat, ricercatore e editorialista del quotidiano Al-Masry al Youm.

A sorprendere sono stati anche la scarsa affluenza ai seggi (46%) e il comportamento di alcune categorie di elettori che una volta arrivate alle urne non hanno rispettato le loro precedenti dichiarazioni di voto. Privati del loro candidato, i salafiti avevano infatti sostenuto pubblicamente Abu el Fotouh, ma la sua sconfitta in zone come Alessandria, dove vi è un’alta concentrazione di salafiti, rivela che nel segreto dell’urna hanno prevalso scelte diverse.

Lo scenario che si è delineato lascia con il fiato sospeso buona parte dell’elettorato egiziano, che è ora chiamato a scegliere tra candidati con cui non si identifica. Intellettuali di sinistra come Ala al Aswani, lo scrittore che aveva di fatto costretto Shafiq alle dimissioni, e rivoluzionari come Ala Abdel Fattah, l’attivista incarcerato dai militari lo scorso ottobre dopo gli scontri di Maspero tra manifestanti e forze dell’ordine, hanno già annunciato che appoggeranno Mursi, nel tentativo estremo di salvare la rivoluzione.

Ciononostante, Sabbahi e Abu el Fotouh non si sono ancora espressi a favore di nessuno dei candidati rimasti in lizza. Tra coloro che al primo turno non hanno votato per i finalisti, ci sono una larghissima percentuale di indecisi, mentre cresce il numero di quanti annunciano di votare scheda bianca.

La piazza, che non ha accolto positivamente il verdetto delle urne, è tornata a scaldarsi. Dopo l’ufficializzazione dei risultati, Tahrir è stata raggiunta dagli irriducibili che ritengono inaccettabile Shafiq e che accusano la Fratellanza di essere collusa con i militari. Lunedì sono state prese d’assalto le sedi della campagna elettorale dell’ex premier a Port Said e al Cairo e martedì sono continuate piccole manifestazioni contro quello che viene definito il gattopardo del vecchio regime.

Accordo possibile
Se da una parte sembra evidente che la piazza non sia pronta ad accettare una vittoria di Shafiq, dall’altra è meno chiara quale potrebbe essere la reazione dei militari a un eventuale successo di Mursi che consegnerebbe alla Fratellanza il controllo di tutte le istituzioni politiche del paese. Coloro che ricordano quanto accaduto negli anni cinquanta temono che i militari possano reprimere con la forza un successo islamista.

Negli ultimi mesi si è sviluppato un vivace dibattito tra storici e analisti, dal quale è emerso anche che le similitudini con l’epoca nasseriana sono solo apparenti e il quadro attuale è differente. “È più probabile che i militari cerchino di negoziare un accordo con la Fratellanza” conclude Shukrallah. “Del resto è quello che hanno già iniziato a fare”.

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