IAI
Rapporti Ankara-Bruxelles

Il cerchio di fuoco della presidenza cipriota dell’Ue

23 Mag 2012 - Gianni Bonvicini - Gianni Bonvicini

Alla vigilia del passaggio alla Repubblica di Cipro della presidenza a rotazione dell’Ue, il primo luglio, il commissario all’allargamento Stefan Fule ha annunciato il varo di un’agenda positiva per la ripresa dei negoziati di adesione della Turchia, ormai da lungo tempo congelati. Malgrado il sostegno da parte del ministro turco per l’Europa, Egem Bagis, la dichiarazione appare più un wishful thinking che una seria e concreta iniziativa, almeno per due motivi.

La Turchia sembra giocare ormai la carta europea più per questioni di prestigio che di reale interesse e, in secondo luogo, Ankara aspetta al varco la presidenza cipriota per scatenare una guerra diplomatica e di interdizione nei confronti dell’Ue. Non sarà quindi una presidenza agevole quella che aspetta Nicosia.

Sfida politica
In genere un piccolo paese, per di più periferico e mal collegato con le altre capitali, ha grandi difficoltà a gestire i complessi meccanismi di una presidenza di turno, a cominciare dalla scarsità di personale da impegnare in questo delicato compito. Certamente ad alleviare il peso subentreranno le strutture della Commissione e del Consiglio di Bruxelles, che oltretutto potranno così orientare in senso più comunitario le scelte della presidenza, cosa meno facile da ottenere con i paesi più grandi.

Inoltre la fine della rotazione semestrale alla presidenza del Consiglio europeo, spettante ora ad un presidente “permanente”, e del Consiglio Affari Esteri, affidato alla regia dell’Alto rappresentante, libera la presidenza di turno da non poche responsabilità.

Ma la questione turca prescinde da questi aspetti routinari: si tratta di una sfida politica diretta non solo a Cipro ma all’intera Ue. È ben vero che Ankara, già un paio di mesi fa, nell’annunciare la sua intenzione di congelare i rapporti con l’Ue nel prossimo semestre, ha fatto una distinzione fra presidenza di turno, con cui non dialogherà, e Commissione ed Alto rappresentante, con cui continuerà a mantenere normali rapporti.

La minaccia del premier turco Erdoğan riguarda ovviamente la questione di Cipro Nord e della divisione dell’isola, provocata dall’invasione dei militari turchi nel lontano 1974: l’ultimatum per l’accoglimento della proposta di soluzione delle Nazioni Unite da parte greco-cipriota è stato fissato da Ankara per il 30 giugno, il giorno prima del passaggio a Cipro della presidenza Ue. Non ci sono ovviamente speranze che, dopo tanti anni di estenuanti negoziati, il miracolo si avveri in così poco tempo.

Risorse energetiche
Nella seconda parte dell’anno, quindi, ci saranno parecchie complicazioni nei rapporti fra Ankara e Bruxelles, anche perché è difficile che la presidenza di turno non entri ufficialmente in tutte o quasi le azioni esterne dell’Ue, dai futuri negoziati per l’allargamento alle azioni nel campo della politica estera e di sicurezza. Un assaggio si è avuto nell’aprile scorso alla riunione ad Istanbul degli Amici della Siria. Di fronte al mancato invito a Nicosia a parteciparvi, l’Alto rappresentante dell’Ue, Catherine Ashton, non ha potuto rappresentare l’Unione, come le è prescritto dal Trattato di Lisbona.

Ma a parte questi delicati temi di politica estera, sullo sfondo si delinea uno scontro ben più grave attorno all’isola di Cipro, una specie di guerra per il controllo delle risorse energetiche. Come è noto nel Mediterraneo orientale, ed in particolare fra Cipro Sud e coste di Israele e del Libano, si è scoperto un enorme giacimento di gas e petrolio. Per di più, una società mista israelo-americana ha cominciato i primi sondaggi sollevando immediatamente le proteste di Ankara, che ritiene quel mare di competenza dell’intera isola e non solo di Nicosia.

Per ritorsione, a parte minacciare l’invio di navi da guerra, il governo Erdoğan ha dato incarico alla compagnia nazionale Tpao di avviare attività di perforazione offshore anche a Nord di Cipro, nell’area di Gazi Magusa. Una gara contro il tempo nello sfruttamento della piattaforma continentale che riguarda tutta Cipro. Di fronte all’aggressività di entrambe le parti, l’Ue si troverà nella scomoda posizione di dover difendere un proprio paese membro cercando di non deteriorare ulteriormente le relazioni con Ankara.

Un semestre passa in fretta, oltretutto con il “generale agosto” di mezzo, ma se non ben gestita la “crisi di Cipro” rischia di peggiorare le prospettive future di una soluzione negoziata nell’isola e di aggravare lo stato dei rapporti fra Ankara e Bruxelles, nel momento in cui assumono un carattere sempre più strategico per entrambe le parti.

Scelta di fondo
Non vorremmo davvero che si verificasse la profezia di Jacques Delors, che all’indomani della firma del trattato di adesione nel 2003 ad Atene con dieci nuovi partner, fra cui Cipro, definì l’inclusione di quest’ultimo un grave errore, una specie di bomba ad orologeria, che prima o poi sarebbe inevitabilmente deflagrata.

Certamente in tutti questi anni si è fatto ben poco e soprattutto non si è mai vista una chiara strategia dell’Ue per giocare la carta dell’adesione di Nicosia in parallelo con un’apertura di credito ad Ankara, per arrivare alla riunificazione dell’isola. L’Ue non ha mai avuto la forza di considerare la questione di Cipro come sua responsabilità primaria, ma ha lasciato l’intero peso del negoziato all’Onu. Le conseguenze di questo errore rischiano di esplodere tutte insieme nelle prossime settimane.

.