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Non proliferazione

Si riapre la stagione del Disarmo

9 Mar 2012 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Poco è avvenuto nel campo del disarmo e della non proliferazione nel corso del 2011, se si esclude l’entrata in vigore del nuovo trattato strategico Start tra russi e americani. Ciò si deve ad una tacita intesa secondo cui l’anno che segue la Conferenza quinquennale del Trattato di non proliferazione nucleare ( tenutasi nel 2010), sia un “anno sabbatico”. Si stanno invece già scaldando i motori in vista dei numerosi appuntamenti del 2012.

Coordinamento
Tra pochi giorni si terrà a Seoul il vertice sulla sicurezza nucleare. Vi parteciperanno i capi di stato e di governo dei circa cinquanta paesi più significativi sul piano nucleare. Nonostante la definitiva rinuncia all’energia nucleare, l’Italia rimane all’interno del gruppo e sarà rappresentata dal presidente del consiglio Mario Monti. A Seoul si inizieranno a porre in applicazione le misure di sicurezza e di prevenzione anti-terrorismo adottate due anni fa al vertice di Washington.

L’incontro avverrà tra paesi “like-minded” al riparo, dunque, dalle contrapposizioni che caratterizzano il più ampio scenario multilaterale. L’incontro avrà luogo a poche centinaia di chilometri dal luogo del disastro nucleare di Fukushima e a poche diecine di chilometri dal confine con la Corea del Nord (Dprk). Le ultimissime notizie circa una possibile sospensione dei programmi nucleari e missilistici della Dprk lasciano sperare che si riapra il processo che per un soffio, dieci anni orsono, non si concluse con un’intesa tra la Dprk e l’amministrazione Clinton.

Controversa e vivace, anche se a livello meno elevato, dovrebbe essere la prima riunione preparatoria della conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione, che si terrà a Vienna in aprile. Dopo il successo della conferenza di New York del 2010, si tratterà ora di applicare concretamente il programma di azione approvato in tale occasione. La questione più delicata sarà la convocazione di una Conferenza sulla creazione di un zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente.

Medioriente
Ben cinque aree geografiche del pianeta si sono già costituite come zone prive di armi nucleari (l’America latina, l’intero Continente africano, il Pacifico meridionale, l’Asia Sud orientale, l’Asia centrale). La quasi totalità dell’emisfero Sud è già costituta da aree in cui l’arma nucleare è proibita L’obiettivo per il Medio Oriente è molto più ambizioso visto che la proibizione non riguarderebbe solo le armi nucleari, ma anche quelle chimiche e biologiche ed i rispettivi vettori. Si rivolgerebbe inoltre ad un’area in cui è cronica la tensione politico-militare. La sfida è enorme.

A maggio si terrà, a Chicago, il vertice della Nato. È previsto che l’Alleanza occidentale aggiorni la propria posizione nel campo della difesa e della deterrenza. È in corso a Bruxelles un’intensa trattativa per dare attuazione concreta al concetto strategico della Nato del 2010 e vi è una viva attesa che elementi evolutivi emergano nel campo della strategia e della dottrina nucleare. Non sarà facile convenire su una riduzione delle armi nucleari tattiche (“non strategiche”) ancora possedute dalla Russia e – in misura inferiore – dagli Stati Uniti.

Sarebbe auspicabile che a Chicago si giungesse, quanto meno, a definire una nuova dottrina sull’uso dell’arma nucleare estendendo all’intera Alleanza il nuovo approccio americano che prevede il non impiego dell’arma nucleare contro i paesi che vi hanno rinunciato e che considera la deterrenza come lo scopo fondamentale dell’arma atomica.

Proseguiranno anche quest’anno i tentativi di negoziare un accordo nucleare in seno alla Conferenza del disarmo (Cd) di Ginevra. Quest’ultima ha un trascorso glorioso: a Ginevra sono stati conclusi i principali trattati multilaterali di disarmo in vigore. Oggi non si riesce neppure a convenire sul tema da negoziare.

Nuove sfide
Lo stallo a Ginevra è sintomatico di un disagio generale derivante da un quadro profondamente mutato. In passato la tecnologia nucleare era appannaggio di un gruppo ristretto di grandi paesi industrializzati. Oggi anche il mondo in via di sviluppo e non allineato ha iniziato ad appropriarsene: l’India, il Pakistan e la Corea del Nord hanno dichiarato il possesso dell’arma atomica. Mentre prende quota tra i paesi industrializzati, sotto la spinta del presidente Obama, l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, lo strumento nucleare – civile e militare – diviene uno “status symbol” per alcuni paesi emergenti.

Mentre in occidente si promuove la riduzione del ruolo dell’arma atomica nella strategia di sicurezza e si rinuncia in alcuni casi all’energia nucleare, i paesi emergenti non resistono all’incanto dell’atomo. Nessuno di essi ha rinunciato ai propri piani nucleari a seguito della tragedia di Fukushima.

E non si tratta solo dell’Iran. Il Tnp, che è stato il principale argine alla diffusione dell’ arma nucleare, si è notevolmente indebolito con l’entrata in scena di nuovi protagonisti e non è detto che la deterrenza, che ha funzionato in un mondo bipolare, riesca ad evitare i conflitti in uno scenario disomogeneo in cui è aumentato il numero degli attori nucleari. Riaffiora l’incubo del Presidente Kennedy di un mondo con svariate diecine di paesi con capacità nucleari e l’esigenza di assoggettare a vincoli più stringenti anche i “nuovi ricchi” dell’atomo.

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