L’Italia difenda la Corte europea dei diritti dell’uomo
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, a quasi 60 anni dalla sua entrata in vigore, è il sistema di tutela dei diritti fondamentali più sviluppato al mondo. Il suo maggiore asset, la Corte europea dei diritti dell’uomo, grazie ad una rigorosa interpretazione delle norme della Convenzione e ad una coraggiosa giurisprudenza, ha stabilito negli anni alcuni principi che rappresentano riferimenti di grande valore per tutti i cittadini.
Punta di diamante
In diverse parti d’Europa, tuttavia, diritti fondamentali continuano ad essere violati, quotidianamente. Per questo, va ricordato che la Corte rappresenta l’unico giudice europeo specializzato in materia e, in paesi dove i sistemi giudiziari non offrono garanzie sufficienti, è l’unico punto di riferimento giudiziario indipendente. La Convenzione, da parte sua, per quanto perfettibile, è un modello ammirato e studiato universalmente. Ne dobbiamo andar fieri, come dobbiamo essere orgogliosi del fatto che la Convenzione fu adottata proprio a Roma, nel 1950.
Oggi la Corte attraversa una fase cruciale. Da una parte alcuni Stati, colpiti da sentenze sfavorevoli, ne mettono in discussione l’autorità e talvolta la stessa legittimità, dimenticando che si tratta di un organo giudiziario indipendente e istituzionalmente preposto a sorvegliare il rispetto di impegni formalmente assunti dagli stessi Stati. D’altra parte la Corte è anche vittima del suo successo, essendo oberata da un numero impressionante di casi pendenti: attualmente oltre 150 mila. Un numero così elevato di ricorsi è in realtà la spia di disfunzioni a livello nazionale, visto che la giurisdizione della Corte interviene come una sorta di ultima istanza, in base al principio di sussidiarietà.
L’Italia è un caso-scuola. Guardando al nostro paese salta subito agli occhi come le “disfunzioni” siano negli anni degenerati in disastri. Dal 1959 al 2010, la Corte ha condannato l’Italia 2.121 volte, classificandosi così al secondo posto dietro la Turchia (2.573 violazioni) e prima della Russia (1.079). Ma se consideriamo i giudizi per l’irragionevole durata dei processi, l’Italia balza al primo posto con 1.139 violazioni, tanto che nel 2010 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, incaricato di sorvegliare l’esecuzione delle sentenze, ha definito “grave il pericolo per lo stato di diritto” che si materializza nella “negazione dei diritti sanciti dalla Convenzione”.
Più recentemente, l’8 marzo scorso, il Comitato dei ministri ha nuovamente richiamato l’Italia sull’eccessivo sovraffollamento e sulle condizioni carcerarie (caso Suleymanovic), e sulla durata dei processi e risarcimenti (caso Ceteroni, Luordo e Mostacciuolo). Rimane anche elevato il numero di ricorsi pendenti: negli ultimi tre anni sono quasi raddoppiati (da 7.150 a 13.750). L’Italia è così balzata dal quinto al terzo posto, dopo Russia e Turchia, secondo i dati diffusi il 26 gennaio scorso dalla Corte”.
Proposte di riforma
Di fronte a questa situazione, il governo britannico, che sino a maggio presiede il Comitato dei ministri, ha assunto un piglio decisionista lanciando un’ampia iniziativa riformatrice. Le sue proposte in sostanza sono: 1) accentuare la pressione sugli Stati affinché tutelino più efficacemente i diritti umani a livello nazionale ed eseguano le sentenze della Corte; 2) potenziare gli strumenti procedurali per permettere alla Corte di smaltire più rapidamente l’arretrato.
In effetti è incontestabile che i motivi per cui la Corte è oberata sono proprio l’incapacità di alcuni ordinamenti nazionali ad assicurare una tutela soddisfacente e l’inadeguatezza nell’esecuzione delle sentenze. Ben venga dunque un maggiore impegno corale degli Stati, nell’ambito del Consiglio d’Europa, per potenziare gli strumenti di tutela a livello nazionale, come l’elaborazione di meccanismi per monitorare compatibilità e carenze della legislazione e dell’azione di governo rispetto a vincoli e parametri internazionali, migliorare le garanzie procedurali, formare gli operatori nazionali, istituire – laddove ancora non esista come nel caso italiano – un’autorità nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani.
Ben vengano anche ulteriori accorgimenti tecnico-procedurali per consentire alla Corte di continuare a smaltire l’arretrato. Grazie all’entrata in vigore del Protocollo n. 14 nel giugno 2010, la Corte ha già compiuto progressi notevoli e conta di smaltire l’arretrato entro il 2015. Altre misure sono allo studio o in corso di attuazione i cui frutti cominciano ad essere pienamente apprezzati solo ora. Se si trattasse di metter mano ad un sistema tanto delicato per renderlo più incisivo, un nuovo intervento sulla Convenzione a così breve distanza dal precedente meriterebbe di essere sostenuto.
Italia
Ma, entrando nel dettaglio delle proposte britanniche, s’intravede la volontà di fare della Corte un meccanismo “sussidiario” in un senso assai diverso da quello che ha ispirato la Convenzione, ovvero incaricandola di esaminare un numero ridottissimo di casi significativi, se non simbolici.
Per esempio quando viene prospettato di rafforzare e inserire testualmente nella Convenzione il principio del margine di apprezzamento delle autorità nazionali, di ridurre a quattro o tre mesi il termine per presentare ricorso alla Corte, di introdurre un nuovo motivo di inammissibilità dei ricorsi qualora il caso sia stato adeguatamente esaminato dai tribunali nazionali, o addirittura di ridurre i poteri della Corte in materia di risarcimento dei danni; tutto ciò rende evidenti sia il rischio di trasformare la Corte in un organo marginale rispetto agli Stati, sia il pericolo di compromettere uno degli aspetti più importanti, che ha costituito per lungo tempo un unicum a livello internazionale: il diritto di ricorso individuale da parte delle vittime.
Queste modifiche alla Convenzione saranno proposte, discusse e approvate in occasione della Conferenza di Alto livello sul futuro della Corte europea sui diritti umani, che si terrà a Brighton dal 18 al 20 aprile. Come hanno chiesto deputati e senatori con recentissime interpellanze, sarebbe interessante sapere quale sia la posizione del governo italiano al riguardo.
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