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Diritto internazionale

Legittimità dell’attacco all’Iran

13 Mar 2012 - Natalino Ronzitti - Natalino Ronzitti

Negli ultimi tempi la discussione circa l’opportunità di un raid selettivo contro i siti nucleari iraniani si è accentuata. Molti dicono che ormai la decisione è presa; si discute solo sul quando essa debba essere attuata. Il raid dovrebbe essere opera di Israele, con il supporto logistico o almeno la luce verde degli Stati Uniti. La discussione non tiene per niente conto dei parametri giuridici che potrebbero vietare o rendere ammissibile un’azione militare, ma ha per oggetto solo le questioni di natura politica (anno elettorale americano, reazione dei paesi arabi, etc.) e il tipo di ordigni necessari per distruggere i siti nucleari con ordigni antibunker (le c.d. Big Blue).

Legittima difesa
Ma cosa dice il diritto internazionale al riguardo?

La Carta delle Nazioni Unite consente di intervenire in legittima difesa in caso di attacco armato contro uno stato. La legittima difesa può essere esercitata dallo stato attaccato singolarmente o in associazione con altri stati (legittima difesa collettiva), anche se non esiste un patto di mutua difesa preordinato.

La legittima difesa può essere posta in essere dopo che si sia verificato un attacco armato oppure nell’imminenza dello stesso. Sul punto le opinione sono divise, ma la tesi della legittima difesa esercitata nell’imminenza di un attacco armato (anticipatory self-defence) è quella più accreditata, specialmente in materia nucleare. Uno stato non deve aspettare di essere colpito per poter reagire, altrimenti rischia di sparire!

Si può ricorrere alla legittima difesa quando la minaccia è solo latente (pre-emption)? La risposta è no! In tal caso il monopolio della forza è nelle mani del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Cds), cui spetta autorizzare un’azione militare, dopo aver accertato che la situazione costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale. La teoria di G. W. Bush sulla guerra preventiva e la possibilità di colpire gli stati canaglia (rogue states) in possesso di armi atomiche o sul punto di procurarsele non ha trovato nessun convinto adepto tra gli alleati, tranne qualche caso isolato, e non è stata confermata dal suo successore.

L’Iran è stato ed è reticente sui controlli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, (Aiea), ma non è stata ancora trovata “la pistola fumante”. Per questo sono state adottate dal Cds sanzioni, prese a norma dell’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite, e gli Stati Uniti e l’Ue hanno comminato misure ancora più incisive come il blocco delle importazioni petrolifere o il congelamento dei fondi della Banca centrale iraniana.

Le sanzioni, che costano gravi sacrifici ad alcuni paesi importatori di greggio come l’Italia, dovrebbero spingere l’Iran a tenere un comportamento meno reticente per fugare il sospetto che il programma nucleare iraniano sia destinato non solo a scopi pacifici (un diritto secondo il Trattato di non proliferazione – Tnp – di cui l’Iran è parte), ma anche militari, assolutamente proibiti dal Tnp.

La chiusura di Hormuz
Di fronte alle pressioni occidentali l’Iran ha minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz, braccio di mare assolutamente necessario per il traffico dei paesi rivieraschi e per la circolazione delle navi da guerra. Nello Stretto di Hormuz vige il diritto di passaggio in transito, che comporta il diritto delle navi, private e da guerra, di attraversare lo stretto, per i sommergibili di passare in immersione, e per gli aerei, militari e civili, il diritto di sorvolo.

Qualora l’Iran dovesse chiudere lo Stretto, le navi dei terzi stati potrebbero attraversarlo e reagire con l’uso della forza ad ogni tentativo di blocco da parte iraniana. Si tratterebbe dell’esercizio di un diritto che deriva dalle consuetudine marittime internazionali, consacrate nella Convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

Precedenti
Ci sono precedenti in materia di attacco contro siti nucleari sospetti? Si, due ed a colpire è stato sempre Israele. Il primo è stato il bombardamento del reattore nucleare iracheno Osirak nel 1981. Il Cds condannò l’azione israeliana come una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite.

Il secondo ha avuto per oggetto, sempre da parte di Israele, la distruzione nel 2007 del sito di Al-Kibar (operazione Orchard) dove la Siria, con l’aiuto della Corea del Nord, stava segretamente costruendo un reattore nucleare. Questa volta il raid non fu discusso né in seno al Cds né in seno all’Assemblea generale dell’Onu, ma la mancanza di clamore – a parte la reazione dell’allora direttore dell’Aiea, ElBaradei e l’ovvia denuncia della Siria alle Nazioni Unite – non può costituire un precedente circa la liceità del ricorso alla forza armata in funzione anti-nucleare. Come è stato da altri notato, si è trattato piuttosto di passare politicamente sotto silenzio un uso non macroscopico della forza armata.

Conseguenze del bombardamento
Il bombardamento da parte di Israele – stato nucleare non dichiarato – dei siti nucleari dell’Iran, stato parte del Tnp, avrebbe conseguenze politicamente gravi per tutta la regione mediorientale.

Due sono facilmente prevedibili: la prima sarebbe l’uscita dell’Iran dal Tnp, con effetti a cascata nella regione; la seconda il definitivo tramonto del disegno di istituire una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente, che dovrebbe essere promossa con la convocazione di una conferenza ad hoc prevista dall’ultima conferenza di riesame del Tnp. Il “facilitatore” finlandese, cui è stato affidato il compito di sondare tempi e modalità della conferenza, si è già messo all’opera ed ha visitato varie capitali.

Il Tnp, come tutte le convenzioni relative al divieto di armi di distruzione di massa, contiene una clausola di recesso che lascia un ampio margine di apprezzamento allo stato che intende recedere. Si tratta della clausola che consente di denunciare il trattato, qualora a giudizio dello stato interessato si verifichino eventi straordinari relativi alla materia oggetto del trattato che mettano in pericolo i supremi interessi del paese. Le continue minacce di attacco potrebbero indurre l’Iran ad azionare la clausola. La Corea del Nord lo fece per molto meno!

Un’ultima considerazione. In linea di principio, l’Italia non sarebbe coinvolta, direttamente o indirettamente, in un raid contro l’Iran. Qualora lo fosse, una nostra partecipazione, in mancanza di un’autorizzazione del Cds, troverebbe un ostacolo insormontabile nell’art. 11 della Costituzione.

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