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Somalia

Italia e Ue alla prova del Corno d’Africa

9 Feb 2012 - Valerie Miranda - Valerie Miranda

Dopo anni di silenzio e di relativo disinteresse, il Corno d’Africa sta tornando in cima all’agenda internazionale. Tra i vari attori coinvolti, l’Unione europea (Ue) sembra fino ad oggi la più attiva, avendo lanciato tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 una serie di iniziative espressamente dedicate alla regione. Quale spazio riuscirà a ritagliarsi l’Italia in questo nuovo quadro strategico?

Crisi profonda
Da sempre particolarmente critica, la situazione nel Corno d’Africa si è aggravata nella seconda metà del 2011 a causa di un mix esplosivo di fattori politici ed umanitari, la cui evoluzione rimane estremamente incerta.

Sotto il profilo politico, le criticità maggiori si registrano in Somalia e in Sudan, che per motivi diversi sono da anni coinvolti in una spirale di violenza senza fine, con potenziali effetti a cascata su tutta la regione. All’instabilità politica si è poi aggiunta una gravissima crisi umanitaria, con uno stato di carestia che ha colpito quasi tutti i paesi del Corno e che ha coinvolto oltre 13 milioni di persone, di cui quattro nella sola Somalia. Sebbene l’Onu abbia recentemente dichiarato superata la fase più acuta della carestia, buona parte della popolazione resta ancora in condizioni di estrema indigenza.

L’emergenza nel Corno d’Africa ha indotto l’Unione europea ad applicare una strategia basata su un approccio integrato (il cosidetto comprehensive approach). Dal punto di vista umanitario, l’Ue è tra i principali donatori del Corno d’Africa, cui fino ad oggi ha destinato al oltre 750 milioni di euro.

Approccio integrato
A conclusione di un processo negoziale durato due anni e di una serie di documenti strategici approvati fin dal 2006, nel novembre 2011 l’Ue ha promosso una nuova strategia per il Corno d’Africa, che pur attribuendo priorità alla Somalia e al Sudan, definisce l’orizzonte dell’azione dell’Ue anche nel medio-lungo periodo. La strategia intende coniugare interventi per la gestione e risoluzione dei conflitti, la lotta alle minacce alla sicurezza regionale (vedasi terrorismo) fino a misure per sostenere politicamente le istituzioni locali e favorire la crescita economica, all’insegna del cosiddetto nesso tra sicurezza e sviluppo cui da qualche anno l’Unione apertamente si ispira nella sua azione esterna.

Primo passo per l’attuazione della strategia è stata la nomina di un rappresentante speciale dell’Ue per il Corno d’Africa nella persona del diplomatico greco Alexander Rondos, che ha il non facile compito di dare coerenza all’azione europea nell’area. In questa chiave va anche letta la recente visita del Rappresentante speciale presso il Quartiere generale della missione Atalanta (Northwood, Gran Bretagna), la prima operazione navale nella storia dell’Ue, dal 2008 tra i principali impegni europei per la lotta alla pirateria al largo delle coste della Somalia.

Nel campo della Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) si trovano, del resto, anche altre novità interessanti per la “attività sperimentale” dell’Ue nella regione. A fine gennaio, il Consiglio ha infatti approvato per la prima volta l’attivazione dell’Operations Centre, un quartier generale completamente europeo, non permanente, situato presso lo Stato maggiore dell’Ue a Bruxelles.

L’Operations Centre avrà un compito piuttosto ambizioso, che risponde, ancora una volta, ad esigenze di coerenza, soprattutto tra attori militari e civili. Il quartier generale dovrà infatti fornire supporto alla pianificazione operativa e all’avvio di una prossima missione civile dell’Ue per il rafforzamento delle capacità marittime dei paesi del Corno (e di una guardia costiera in Somalia); garantire un efficace coordinamento tra questa e altre operazioni Psdc nell’area – Atalanta e la European Training Mission (Eutm) che sta addestrando le truppe somale; sfruttare le sinergie esistenti tra attori militari e civili sul campo e a Bruxelles. L’agenda si annuncia particolarmente impegnativa, anche perché il coordinamento di tutti gli strumenti disponibili è da sempre il tallone d’Achille dell’Ue.

Onori e oneri dell’Italia
Il successo dell’azione dell’Ue presuppone anche una chiara visione politica e strategica. In tal senso, può rivelarsi cruciale il contributo dei singoli stati membri. La stessa strategia per il Corno d’Africa del 2011 è stata infatti il risultato di un’intensa attività diplomatica che ha visto l’Italia impegnata in un ruolo di primo piano.

Dopo un inizio al rallentatore, dovuto soprattutto ai ritardi legati all’entrata in funzione del Servizio europeo per l’azione esterna, la nomina del Managing Director per l’Africa ha avuto un impulso determinante per l’approvazione della strategia. Analogo percorso è stato seguito per superare alcune resistenze nazionali ed europee e giungere alla designazione del rappresentante speciale, figura a lungo voluta dall’Italia.

Le recenti scelte europee, in linea con le proposte avanzate da tempo dall’Italia, indicano che nonostante le limitate risorse umane ed economiche a disposizione, il paese ha saputo farsi interprete di una visione politica e strategica vincente e a creare consenso tra gli altri stati dell’Ue.

Proprio in virtù di questa lungimiranza e di legami storici e politici con il Corno d’Africa, l’Italia dovrebbe e potrebbe fare di più. In un recente incontro con il premier somalo Ali, il ministro degli esteri Giulio Terzi ha ribadito che l’Italia è “fortemente determinata a continuare a sostenere la Somalia verso la stabilità e soprattutto sul fronte della sicurezza” e che “punto fondamentale è il sostegno allo sviluppo e alla lotta alla povertà”.

Le parole del ministro corrispondono agli obiettivi della strategia Ue, nel quadro della quale l’Italia avrebbe dunque i numeri per giocare un ruolo di primo piano, auspicabilmente allo stesso livello di altri attori, a partire dal Regno Unito che ospiterà la prossima Somalia Donors’ Conference (22 febbraio 2012).

Si ripropone tuttavia l’annoso problema delle risorse. Come evidenziano dati delle Nazioni Unite, il contributo italiano alla crisi, anche umanitaria, nel Corno d’Africa è stato finora piuttosto esiguo. Le aspettative dei partner, che pur riconoscono gli importanti contributi dell’Italia in diversi consessi internazionali, restano invece elevate. In tempi di crisi come quelli attuali, è certamente difficile strappare la promessa di ulteriori fondi.

Ma la lungimiranza politica deve essere necessariamente accompagnata da un’adeguata pianificazione economica, senza la quale il paese è destinato a restare nelle retrovie, anche in contesti in cui potrebbe ricoprire una posizione di avanguardia. In fin dei conti, agli onori dovrà pur corrispondere qualche onere.

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