L’ultima occasione dell’Ue
Le riunioni delle istituzioni europee (Consiglio europeo, Banca centrale europea, European Banking Authority), che si svolgeranno nei prossimi giorni, sono decisive per il futuro dell’Unione economica e monetaria (Uem). Al di là delle loro dichiarazioni pubbliche, tutti i leader politici della Uem hanno compreso che la crisi dei debiti sovrani negli Stati membri periferici è penetrata nel cuore dell’euro e può sfociare nella distruzione del sogno europeo, faticosamente costruito per più di mezzo secolo.
Errori e ritardi
Negli ultimi due anni, un’impressionante catena di decisioni errate ha portato alla degenerazione e alla propagazione di questa crisi e ha bruciato le soluzioni, di volta in volta, più semplici e meno costose. Così, nei primi mesi del 2010, la scelta di concedere alla Grecia prestiti bilaterali a condizioni (finanziarie e macroeconomiche) proibitive, anziché un sostegno europeo comune con clausole meno onerose, ha vincolato la successiva costruzione dei due meccanismi di salvataggio degli Stati membri in difficoltà (European financial stability facility, Efsf, e European financial stabilisation mechanism, Efsm) e ne ha depotenziato l’impatto.
Negli ultimi tre mesi del 2010, l’improvvida decisione di coinvolgere i privati nei possibili futuri fallimenti di titoli pubblici europei e di posporre al giugno 2013 interventi più sistematici, ha acuito l’incertezza nei mercati finanziari e ha minato l’efficacia della sostituzione dell’Efsf e dell’Efsm con un organismo permanente (European stability mechanism, Esm).
Nel marzo del 2011, il rifiuto di concedere una garanzia congiunta da parte degli Stati membri ha fatto abortire l’ipotesi di ‘coprire’ una parte dei debiti sovrani nazionali con l’emissione di titoli europei e ha occultato i passi avanti realizzati nella governance europea (realizzazione del “Semestre europeo” e varo del nuovo Patto di stabilità e crescita, di istituti di coordinamento macroeconomico, del cosiddetto Patto “euro plus”).
Nell’estate del 2011, la già tardiva scelta di ampliare il potenziale di intervento dell’Efsf si è accompagnata a una procedura di attuazione così farraginosa da rendere a priori inadeguati i nuovi tetti. Nell’ottobre scorso, la scelta di sostenere il settore bancario della Uem anche a scapito delle condizioni di fallimento ‘pilotato’ della Grecia non ha allentato le tensioni nei mercati finanziari e ha aggravato quelle sul debito sovrano europeo.
Limite estremo
Nei prossimi giorni non sarà più possibile sbagliare, pena il superamento di quel “limite estremo” che – nell’omonimo racconto di Conrad (The end of the Tether) – segna il destino dei protagonisti e la loro (in)capacità di disegnare il futuro. Si tratta di relegare nel dimenticatoio la punizione dei Paesi “reprobi” e i contraddittori e costosi interventi ad hoc, che sono stati finora adottati, e di mettere in campo una gestione strategica della crisi europea dei debiti sovrani.
Al riguardo il Consiglio europeo dovrebbe decidere la trasformazione dell’Efsf da “veicolo speciale” lussemburghese a istituzione bancaria permanente della Uem, creando così le premesse perché la Banca centrale europea (Bce) possa fungere da “prestatore di ultima istanza”; inoltre il Consiglio europeo dovrebbe ridurre l’incertezza dei mercati rispetto alle condizioni del fallimento ‘pilotato’ della Grecia fissando, una volta per tutte, i termini del coinvolgimento ‘volontario’ degli investitori privati e le possibili alternative a fronte di una loro insufficiente adesione.
Dal canto suo la Bce, oltre a proseguire nella riduzione dei tassi di interesse di policy, dovrebbe decidere in modo indipendente di allungare le scadenze e di allentare le garanzie richieste sui prestiti di ammontare illimitato che già oggi sono offerti alle banche europee. Data la nuova veste assunta dall’Efsf (ridenominabile Esm), tale ruolo fattuale di “prestatore di ultima istanza” riguarderebbe anche il meccanismo europeo di sostegno.
In questo modo la Bce consentirebbe all’Efsf di adempiere al suo principale mandato, ossia di acquistare i titoli del debito pubblico dei paesi in difficoltà della Uem nei mercati primari e secondari, senza limiti quantitativi predefiniti. La nuova operatività dell’Esm, rafforzata dall’annuncio di voler mantenere i tassi di rendimento sui titoli pubblici dei diversi Stati membri della Uem al di sotto di determinate soglie, basterebbe a ‘battere’ la scommessa dei mercati finanziari contro la tenuta dell’euro e a invertire, così, il segno delle pressioni speculative.
Cambiare i Trattati
I ‘segnali’, inviati nei giorni passati dai responsabili delle più importanti istituzioni europee e dai leader dei principali Stati membri, inducono a sperare che le imminenti riunioni della Bce e del Consiglio europeo approderanno – almeno in parte – alle positive decisioni strategiche sopra delineate. Vi è, però, un ostacolo che può compromettere fino all’ultimo momento le scelte del Consiglio europeo e le autonome ma conseguenti decisioni della Bce: l’esigenza tedesca di evitare che l’intervento della Bce a sostegno dell’Efsf, pur curando i sintomi anziché la malattia, illuda i malati più gravi (Grecia e Italia) di essere entrati in convalescenza e di poter – quindi – ripristinare i comportamenti che li hanno condotti sull’orlo del baratro.
Al di là di un giudizio di merito sulla loro efficacia di medio periodo, le manovre appena approvate dal Parlamento greco e dal governo Monti allontanano lo spettro di un’immediata ricaduta nei vizi passati. La garanzia, sollecitata dalla Germania e dai paesi a essa legati, richiede però che gli Stati membri in difficoltà accettino di cedere gran parte della loro sovranità nazionale in materia fiscale e sostanzino il loro impegno con l’accettazione di una congruente revisione dei Trattati europei volta ad accrescere il potere di controllo da parte dei paesi centrali.
Anche se nessuno degli interventi strategici necessari a superare l’emergenza europea richiede una modifica dei Trattati, sarebbe autolesionistico da parte dell’Italia e degli altri Stati membri in difficoltà opporsi all’avvio di tale modifica. La posta in gioco è, però, complessa.
È necessario che l’imminente Consiglio europeo delinei una modifica dei Trattati sufficientemente impegnativa da garantire alla Germania la definizione di nuovi principi di cessione delle sovranità nazionali in materia fiscale e l’avvio del relativo processo di implementazione in tempi ragionevoli (marzo 2012?); solo se ciò avviene, la Germania potrà infatti accettare di rimuovere oggi il suo veto alla trasformazione dell’Esm e all’operare della Bce senza attendere il completamento della revisione dei Trattati, ossia senza imporre che l’euro venga curato solo una volta morto.
Vietato affondare
D’altro canto, è necessario che la proposta di revisione dei Trattati non sia così rigida da compromettere il rilancio della crescita europea; senza questo rilancio, la malattia dei debiti sovrani e il problema dei divari di competitività interni all’euro non potranno infatti trovare adeguata soluzione neppure nel medio periodo.
Insomma, il Consiglio europeo è chiamato a evitare che il battello della Uem scoppi. Ciò significa che chi è in posizione più sicura dovrà usare ‘voce’ sufficiente per convincere gli altri a salvarsi; e chi è più a rischio di “saltare in aria” non dovrà avere, come sola alternativa, quella di trovarsi a nuotare da solo.
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