IAI
Incontro con il commissario Georgieva

Scudo Ue contro i disastri ambientali

30 Nov 2011 - Raffaello Matarazzo - Raffaello Matarazzo

“I disastri naturali che colpiscono l’Europa e il mondo sono drammaticamente aumentati nel corso degli ultimi anni, sia nel numero che nell’intensità. Per questo è necessaria una risposta forte e coordinata da parte dell’Unione europea. Il sistema di protezione civile dell’Italia, tra i migliori al mondo, costituisce un ottimo esempio per quello europeo, sia dal punto di vista organizzativo che operativo”.

Ad affermarlo è il commissario dell’Ue per la cooperazione e gli aiuti umanitari Kristalina Georgieva, che abbiamo incontrato nel corso di una recente visita a Roma. Anche alla luce dei diversi disastri naturali che hanno colpito l’Italia nell’ultimo mese, i dati che riferisce il commissario sono molto preoccupanti.

Capacità di risposta
Da quando, dieci anni fa, è nato il Meccanismo europeo di protezione civile, cui spetta il coordinamento della risposta in caso di crisi, nell’Unione europea sono morte, a causa di catastrofi, oltre centomila persone. Se nel 1975 le catastrofi registrate nel mondo erano 78, nel 2010 sono state 385, circa cinque volte di più.

Non a caso l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, nel dicembre 2009, ha introdotto chiare basi legali per l’assistenza umanitaria e la protezione civile dell’Ue, determinandone un significativo consolidamento. La Georgieva è, infatti, il primo commissario con la delega a questo tema.

Il Meccanismo europeo esisteva invece già da prima per rispondere in modo tempestivo e efficace alle emergenze che si verificano su un territorio interno o esterno all’Ue, attraverso la condivisione delle risorse di tutti gli Stati membri. “Anche se l’Ue rappresenta solo il 20% dell’economia mondiale, sottolinea il commissario, detiene il primato per gli aiuti umanitari, cui contribuisce per oltre il 50% del totale”.

Del Meccanismo fanno parte i 27 paesi Ue, i tre paesi appartenenti all’area economica europea (Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e la Croazia.

La protezione civile è incardinata nella direzione generale aiuti umanitari e protezione civile (Echo) della Commissione, ed è composta da due unità: una di risposta ai disastri, che si occupa anche di cooperazione internazionale, e l’altra di prevenzione e preparazione, responsabile dello sviluppo di un quadro di prevenzione a livello comunitario.

Questa competenza della Commissione non è entrata a far parte del nuovo Servizio europeo di azione esterna (Seae), sottolinea la Georgieva, perché dovendo intervenire spesso in aree di conflitto è necessario che gli aiuti umanitari e la protezione civile rimangano il più possibile neutrali ed indipendenti dalle altre istituzioni (e dai governi).

Con il Seae c’è comunque un coordinamento costante, anche grazie alla nuova figura del direttore per la risposta alle crisi e il coordinamento delle operazioni, che nel Seae è stata affidata all’italiano Agostino Miozzo.

Sussidiarietà
Quale è, dunque, il valore aggiunto offerto dalla protezione civile europea? “Il sistema europeo mira ad agevolare la cooperazione negli interventi di soccorso consentendone il coordinamento. Le varie strategie dell’Ue per la cooperazione nel settore della protezione civile non intendono in alcun modo sostituire i sistemi nazionali. Tutte le iniziative sono basate sul principio di sussidiarietà, secondo il quale le azioni dell’Unione devono essere sempre intraprese in coordinamento e su richiesta dello Stato colpito.”

Le emergenze sono affrontate attraverso moduli di intervento precostituiti, che hanno la capacità di intervenire in tempi molto brevi, secondo standard internazionalmente riconosciuti. Gli interventi sono previsti in caso di atti di terrorismo, emergenze causate da disastri naturali o legate all’attività dell’uomo.

“La popolazione mondiale ed europea continuano a crescere – ha aggiunto il commissario – soprattutto nelle aree urbane, e questo crea nuovi rischi, che necessitano una risposta più specifica da parte dell’Ue”. Anche per questo, gli interventi europei devono ispirarsi a cinque priorità molto precise: “l’individuazione dei rischi; la conoscenza delle risorse a disposizione per la risposta immediata alle emergenze; la stesura di accordi pianificati che ci permettano di esser pronti a sostenere i costi necessari; l’incremento delle esercitazioni; l’aggiornamento del Centro informazioni e monitoraggio con esperti internazionali che ci rendano capaci di intervenire 24 ore su 24 e sette giorni su sette”.

In prima linea
Secondo recenti sondaggi, inoltre, il 93% dei cittadini europei vuole che la Ue risponda con un’unica voce quando si verificano dei disastri. Soprattutto in tempi di crisi economica, dunque, la sfida è di mettere a fattor comune la molteplicità di attori diversi (e, per altro, anche altamente qualificati), evitando duplicazioni e sovrapposizioni, con l’obiettivo di alleviare le sofferenze della popolazione colpita e, dunque, fornire risposte nei tempi più rapidi possibili.

I fronti più caldi su cui oggi è impegnata la Ue sono quelli più esposti a carestie e denutrizione, a partire da Birmania, Sudan e Somalia. Soprattutto nell’ultimo caso, gli interventi sono molto complessi e impegnativi, a causa degli alti livelli di violenza sul territorio.

Ciò nonostante l’intervento dell’Ue riesce a raggiungere risultati importanti anche grazie alla straordinaria mediazione di molte organizzazioni non governative presenti sul territorio, sempre più determinanti per poter raggiungere gli obiettivi prefissati. Riuscire a mantenere almeno un filo di dialogo con le diverse fazioni in guerra è dunque determinante per poter intervenire più in profondità e poter così salvare il più alto numero di vite umane.

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