L’incerto destino della politica energetica europea
Sotto impulso della presidenza di turno polacca dell’Unione europea (Ue), particolarmente sensibile alle problematiche energetiche, e approfittando della scadenza dei termini per le proposte di trasporto e commercializzazione (fissata per il 1º ottobre dal consorzio Shah Deniz II), l’Ue sta cercando di rafforzare la propria capacità d’azione in ambito energetico. Se da un lato l’attivismo europeo trova naturale sbocco nelle attività di regolamentazione del mercato interno, dall’altro Bruxelles punta a valicare i confini continentali e ad accrescere il proprio profilo di attore energetico internazionale.
Dimensione interna
A partire dal 2005 l’Ue ha assunto crescenti responsabilità in materia energetica, soprattutto con l’obiettivo di creare un mercato comune dell’energia integrato e concorrenziale. La Commissione, motore delle principali iniziative europee in materia, si è focalizzata principalmente su attività di regolamentazione interna, con scarso impatto sulle dinamiche internazionali. Recentemente, tuttavia, alcune iniziative energetiche europee hanno contribuito ad alimentare tensioni con importanti partner dell’Unione.
Per quanto sia risaputo che la politica di concorrenza, che è la garanzia del funzionamento del mercato interno europeo, sia una delle storiche prerogative dell’azione delle istituzioni comunitarie, le recenti perquisizioni effettuate da personale della direzione generale (Dg) per la concorrenza negli uffici di società controllate di Gazprom in Germania e Repubblica Ceca, hanno alimentato speculazioni sui reali obiettivi di Bruxelles.
I controlli a tappeto sono riconducibili alle disposizioni del Terzo Pacchetto Energetico approvato dall’Ue, ed in particolare al rispetto delle normative relative alla separazione (unboundling) delle proprietà delle reti di produzione da quelle di trasporto anche per i paesi terzi. Nonostante sia il presidente russo Medvedev che il primo ministro Putin si siano dichiarati favorevoli a collaborare con la Commissione e ad avviare con i partner energetici europei pratiche di cooperazione industriale che tengano conto dei dettami di Bruxelles, l’iniziativa europea ha sollevato numerose perplessità, soprattutto in ambito russo.
Altre iniziative europee, quali il tentativo di includere il trasporto aereo nel sistema comunitario di “scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra” (carbon emission trading), recentemente sostenuto dalle conclusioni dell’avvocato generale della Corte di Giustizia europea Juliane Kokott nell’ambito della causa C-366/10 The Air Transport Association of America, o l’intenzione della Commissione di penalizzare l’impatto ambientale del greggio prodotto attraverso tar sands (sabbie bituminose) rispetto al petrolio convenzionale, hanno alimentato lo scontento di partner globali quali Stati Uniti, Cina e Canada.
Ambizione internazionale
Ma il principale elemento di novità della politica energetica europea è il tentativo di proiezione esterna. Lo scorso settembre, per la prima volta nella storia dell’Ue, gli stati membri hanno dato mandato alla Commissione di negoziare in prima persona un accordo internazionale vincolante in materia di infrastrutture energetiche. L’obiettivo del negoziato avviato con i governi di Azerbaijan e Turkmenistan è quello di giungere alla realizzazione di un gasdotto trans-Caspico (trans-Caspian pipeline) che possa collegare le coste (e quindi le risorse) turkmene al territorio azero.
L’interesse verso la costruzione di un gasdotto trans-Caspico non è né una novità né un’esclusiva europea, poiché già a metà degli anni novanta l’amministrazione americana aveva avanzato l’idea di realizzare il progetto. E se per oltre un decennio i buoni propositi di Washington sono stati frustrati dagli attriti tra Baku e Ashgabat per il controllo di alcuni giacimenti offshore, da dispute sullo status legale del bacino, e da questioni di tutela ambientale dei fondali, oggi la Commissione ritiene che i tempi siano maturi per riproporre con vigore il progetto.
La scelta della Commissione va infatti inserita nel più ampio contesto della creazione del Corridoio Sud, l’iniziativa europea lanciata per favorire la diversificazione delle fonti energetiche e delle vie di transito. La realizzazione del gasdotto trans-Caspico potrebbe difatti rivelarsi il tassello mancante per la realizzazione di Nabucco, progetto simbolo del corridoio e della stessa external energy policy avviata dall’Unione.
Permettendo al gas naturale centro-asiatico (turkmeno, ma anche kazako e uzbeko) di transitare dalla sponda orientale del bacino caspico verso i mercati europei, la realizzazione del gasdotto renderebbe la costruzione di Nabucco economicamente e commercialmente sostenibile. In tal modo la pipeline europea potrebbe presentarsi come un progetto credibile agli occhi del consorzio Shah Deniz II e quindi, forte dell’incondizionato supporto della Commissione europea, sbaragliare la competizione dei progetti rivali, Itgi e Tap.
Anche in questo caso, tuttavia, le iniziative della Commissione non sono prive di importanti ripercussioni internazionali. L’eventuale costruzione del gasdotto trans-Caspico è infatti in netto contrasto con gli interessi energetici di Mosca, che perderebbe la propria posizione di monopolio sul transito delle risorse centro-asiatiche verso l’Europa. Per questo il Cremlino, sostenuto da Teheran, ha prontamente criticato l’ingerenza europea negli affari regionali, sottolineando come l’iniziativa rischi di rendere ancora più difficili le negoziazioni sul pendente status legale del Caspio.
Scelta vincente?
Anche alla luce delle disposizioni in materia energetica introdotte dal Trattato di Lisbona, il tentativo dell’Unione europea di ritagliarsi spazi di manovra in ambito energetico sembra ottenere i primi riscontri.
La tematica energetica continua ad essere, tuttavia, estremamente divisiva sia a livello interno che internazionale. Le recenti iniziative della Commissione hanno provocato malcontento e perplessità dei principali attori globali, Stati Uniti e Cina, e di alcuni tra i maggiori attori in campo energetico come, Russia, Canada ed Iran.
Anche in ambito interno, la questione dell’applicazione dello schema di emission trading al trasporto aereo ha alimentato tensioni tra gli stati membri. Per quanto riguarda la creazione del Corridoio Sud, invece, nei mesi scorsi Italia e Francia hanno sollecitato una collaborazione intergovernativa Berlino-Parigi-Roma per far fronte alla poca chiarezza della Commissione in materia.
Il percorso dell’Ue in campo energetico, soprattutto per quanto riguarda la sua proiezione esterna, sembra pertanto abbastanza impervio, ed i primi ostacoli sembrano dietro l’angolo. Per l’inizio del 2012, infatti, il consorzio Shah Deniz II sarà chiamato a decidere quale gasdotto trasporterà le risorse azere verso i mercati europei. Se, nonostante gli sforzi profusi dalla Commissione, la scelta non dovesse ricadere su Nabucco, Bruxelles sarà chiamata a ripensare in modo critico il modus operandi della sua politica energetica esterna.
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