IAI
Corno d’Africa

Allarme carestia in Somalia

26 Ott 2011 - Luca Puddu - Luca Puddu

La carestia del Corno d’Africa si sta estendendo sempre di più nel già martoriato teatro somalo, rinnovando l’esigenza di nuove forniture di aiuti alimentari da parte della comunità internazionale. Dietro il velo della questione umanitaria fanno però capolino anche motivazioni di carattere politico, legate alla volontà di riallineare le posizioni tra le opposte fazioni che dominano il conflitto civile nel paese.

Emergenza
Secondo stime dell’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite (Unocha), ammonterebbero a circa un miliardo di dollari gli aiuti necessari ad arrestare la carestia che si sta abbattendo sulla Somalia, provocata dalla penuria di precipitazioni stagionali.

L’appello umanitario ha indotto alcuni donatori occidentali e asiatici, in occasione del vertice promosso dall’Unocha a settembre, a stanziare 218 milioni di dollari per la regione del Corno d’Africa nel suo complesso. Un ruolo da protagonista è stato però assunto dall’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oci), che nell’incontro di Ankara sotto egida turca ha annunciato l’invio di 350 milioni di dollari in aiuti per la sola Mogadiscio.

Dei quattro milioni di somali colpiti o a rischio di carestia, tre si concentrerebbero nelle regioni meridionali controllate dal gruppo ribelle Al Shaabab. Aspetto che ha contribuito a sollevare nuove polemiche sul rapporto di difficile convivenza tra il movimento islamista e alcune agenzie umanitarie, espulse da gran parte della Somalia meridionale nel febbraio 2010 e ancora oggi impossibilitate a intervenire efficacemente fuori dal perimetro di Mogadiscio e delle aree circostanti.

Alcuni esperti hanno evidenziato le drammatiche ripercussioni del bando delle agenzie sulla popolazione locale, ma non sono parimenti mancate critiche alle stime fornite dall’Unità di analisi per la nutrizione e la sicurezza alimentare, principale centro di raccolta dati nel contesto somalo. In particolare, è stata contestata la capacità di monitorare con sufficiente precisione le aree del basso Shebelle e del Bay-Bakool, ufficialmente precluse agli osservatori delle Nazioni Unite, ma da questi individuate come epicentro della carestia.

Ricadute sul conflitto civile
La nuova ondata di aiuti può avere un diretto impatto sul conflitto in corso. Il venir meno di strutture pubbliche in grado di fornire servizi di base e il deterioramento delle attività produttive hanno comportato, negli ultimi vent’anni, la ristrutturazione della ‘economia senza Stato’ somala, oggi fondata principalmente sul controllo dei canali del commercio estero e dei flussi di assistenza internazionali. I pagamenti effettuati dalle agenzie internazionali per garantire la sicurezza del personale e far transitare gli aiuti alimentari, sono una delle prime fonti di reddito per le autorità che controllano il territorio.

Nelle ultime settimane si sono inoltre rincorse le voci di sequestri dei carichi umanitari da parte di milizie vicine all’esecutivo, che avrebbero approfittato dell’aumento dei prezzi degli alimentari per rivendere la merce sui mercati locali.

Guerra della fame
Il controllo dei canali di approvigionamento è dunque al centro di una complessa partita tra istituzioni transitorie e ribelli islamisti.

Al Shaabab accorda il visto d’ingresso soltanto a quelle agenzie che, nella sua visione, non perseguono “agende politiche sovversive” e accettano come intermediari esclusivi i comitati di soccorso nominati dall’organizzazione. Tra i soggetti autorizzati figurerebbero la Croce Rossa Internazionale e alcune associazioni caritatevoli islamiche, ma merita attenzione la pubblicità accordata il 14 ottobre dal portavoce del movimento, Ali Dheere, agli aiuti ufficialmente elargiti da Al-Qaida per il rifornimento del campo profughi di Ala Yasir, nel basso Shebelle.

La decisione di mantenere il bando contro le Nazioni Unite nella regione del Bay-Bakool va letta anche alla luce delle tensioni interne al movimento, che hanno indotto all’allontanamento dell’ex portavoce Mukhtar Robow dalle posizioni di vertice. Quest’ultimo è infatti notoriamente vicino ad Abdullahi Ali ‘Luway’, in passato titolare del contratto di esclusiva per il trasporto e la messa in sicurezza delle scorte del Programma alimentare mondiale (World food programme, Wfp) per l’area di Baidoa.

Il governo di transizione, da parte sua, non ha esitato ad arrestare i cooperanti turchi che, pochi giorni dopo la visita di Erdoğan a Mogadiscio, si erano avventurati presso il campo profughi di Ala yasir, violando il coprifuoco imposto formalmente per la loro stessa sicurezza. L’attribuzione dell’esclusiva sul trasporto e distribuzione delle scorte alimentari ad intermediari locali di nomina governativa è stata oggetto dell’incontro con i funzionari dell’Unocha e dell’Oci nel mese di settembre: una posizione, questa, che trova supporto diplomatico nella controparte statunitense.

Aiuti e politica
Il nesso tra assistenza umanitaria e politica interna ricorre con frequenza nella storia recente del Corno d’Africa. Dalla carestia etiopica del 1984 agli aiuti elargiti in Somalia durante la parentesi 1992-1994, la capacità di indirizzare le forniture alimentari è stata cruciale tanto nelle strategie di politica estera dei donatori quanto per attribuire legittimità agli attori locali in competizione per il controllo dello spazio politico.

La crisi attuale parrebbe confermare questo assunto. Le reciproche accuse di malversazione e responsabilità nell’acuire o esagerare le conseguenze della carestia contraddistinguono la dialettica tra istituzioni transitorie e opposizione islamista. Al contempo, le sfumature che caratterizzano la posizione di Washington e Ankara circa le modalità di erogazione degli aiuti riflettono le differenti prospettive sulla ricomposizione del conflitto civile somalo.

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