IAI
Non-proliferazione

Sgambetto bielorusso al disarmo nucleare

6 Set 2011 - Carlo Trezza - Carlo Trezza

Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, di cui ricorre in questi giorni il ventesimo anniversario, si celebra anche la conclusione della guerra fredda, dell’incubo di un confronto Est-Ovest con la forte riduzione del rischio di un conflitto nucleare in Europa. Si dà oggi per scontato che la Russia avesse allora ereditato il seggio permanente dell’Urss al Consiglio di Sicurezza e che divenisse l’unico successore al titolo all’arma atomica che il Trattato di non-proliferazione nucleare (Tnp) concedeva all’Unione Sovietica, assieme a Stati Uniti, Cina, Francia e Regno Unito.

Status nucleare
Le cose sarebbero potute andare diversamente. Al momento del disfacimento dell’impero sovietico, altri tre stati sorti dallo smembramento dell’Urss, ovvero Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan, si trovavano a possedere, oltre alla Russia, l’arma nucleare. Essi ospitavano centri di produzione, di schieramento, e di sperimentazione e lancio di sistemi nucleari. Forte era la tentazione di auto-proclamarsi potenze nucleari visto che i nuovi stati non erano formalmente vincolati al Tnp.

Tali vicende vennero discusse in un convegno organizzato tre anni fa a Varsavia, dall’Istituto polacco di affari internazionali, l’attivissimo Pism. In quell’occasione vennero alla luce le scelte drammatiche che dovettero fare i dirigenti dell’epoca. Alcuni dei protagonisti di tale avvenimento, ed in particolare l’ex ministro degli Esteri ucraino, Tarasyuk, e l’ex capo dello Stato della Bielorussia Shushkevich erano presenti all’incontro.

Furono evocate le forti pressioni interne cui erano stati sottoposti i dirigenti di tali paesi affinché non rinunciassero allo status nucleare che, di fatto, avevano ereditato. Altrettanto energiche furono le pressioni esterne, Stati Uniti ed Europa in primis, affinché essi aderissero invece al Tnp come stati “ non militarmente nucleari”.

Ritorsione
Prevalsero gli argomenti dei paesi occidentali che avevano allora in mano le chiavi politico-economiche della viabilità di tali paesi. La scelta non era scontata, ed il Tnp si sarebbe ulteriormente indebolito se i tre paesi si fossero aggiunti all’India, al Pakistan e ad Israele in quanto dotati, di fatto, di capacità militari nucleari.

Con la saggia decisione delle tre ex Repubbliche sovietiche di aderire al Tnp come stati non nucleari, si consolidò il principio della reversibilità del possesso dell’arma nucleare già precedentemente stabilito dal Sudafrica di Nelson Mandela, che si disfece dell’arsenale che il regime dell’apartheid era riuscito a procurarsi.

A fronte di questo processo virtuoso, desta quindi sorpresa e preoccupazione il recente annuncio del governo della Bielorussia del congelamento, per ritorsione alle ultime sanzioni Usa nei confronti di Minsk, del processo di riduzione del materiale fissile ancora in possesso di tale paese come era stato convenuto in un accordo bilaterale sottoscritto lo scorso anno con gli Stati Uniti.

Si tratta in particolare di uranio altamente arricchito, che serve a fabbricare testate nucleari. Proprio quel materiale di cui la comunità internazionale desidera disfarsi nel quadro di un processo di rafforzamento della sicurezza nucleare lanciato nel 2009 dal Presidente Usa Barack Obama. Da anni a Ginevra si sta anche lavorando per proibirne la produzione da parte dei paesi militarmente nucleari. L’Italia ha guidato tale esercizio dal 1997.

Tra Russia e Ue
A differenza dell’Iran, la Bielorussia non possiede una capacità autonoma di produzione. Ma l’Iran non risulta esser andato oltre un arricchimento al 20%, la soglia al di là della quale l’uranio arricchito acquista criticità. Il possesso di materiale così altamente arricchito è incompatibile con il Trattato di non-proliferazione. La decisione delle autorità di Minsk, costituisce un ulteriore vulnus al Tnp già eroso dalla politica nucleare iraniana, dalle esplosioni nucleari effettuate negli ultimi anni da India, Pakistan e Corea del Nord, dalla mancata adesione di Isreale e dal passo lento con cui sta procedendo il disarmo nucleare.

Purtroppo il Tnp non dispone di meccanismi propri per affrontare una situazione del genere. La prossima Conferenza di riesame del Trattato, unico strumento atto a monitorarne l’applicazione, si terrà solo tra quattro anni. Nel frattempo si può fare ben poco poiché a tale carenza del Trattato non si è dato ancora rimedio. È da auspicare che la decisione di Minsk possa nel frattempo esser affrontata in sede dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ed alla prossima Assemblea generale dell’Onu.

La Russia, paese depositario e storico tutore del Tnp dovrebbe intervenire. A fronte dell’impatto che la decisione di Minsk ha sulla sicurezza europea, anche l’Unione europea, che vede nella non-proliferazione uno dei pilastri della sua politica estera e di sicurezza, dovrà far sentire la propria voce quanto prima.

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