La cooperazione italiana finisce ‘fuori classe’
Nel 2011 la cooperazione allo sviluppo italiana è stata inadeguata alle ambizioni e agli standard europei, soprattutto in termini quantitativi. Il giudizio negativo dipende, tra l’altro, dall’atteggiamento dei responsabili della cooperazione a livello nazionale, caratterizzato da un costante “chiamarsi fuori” dalle buone pratiche codificate e dagli impegni sottoscritti a livello internazionale.
È quanto emerge dall’edizione 2011 di “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo” (il cui sottotitolo, quest’anno, è non a caso “fuori classe”), l’annuario indipendente sulla cooperazione pubblica internazionale dell’Italia realizzato da ActionAid, che fa il punto, con una pagella sintetica, sulla performance della politica pubblica di cooperazione internazionale del nostro paese.
Ambizioni e credibilità
Anche se un ripensamento sull’aiuto pubblico allo sviluppo è in corso, i livelli di aiuto dei “donatori tradizionali” – i paesi Ocse – sono rimasti relativamente stabili nonostante la crisi economica, mentre si registra un aumento degli investimenti in questo campo da parte dei paesi emergenti.
La scelta dell’Italia di non rispettare gli impegni finanziari per la cooperazione allo sviluppo sottoscritti a livello europeo, ha pesato sulle ambizioni e credibilità dell’Unione. La cooperazione europea subisce dunque il “contagio” del disimpegno dell’Italia, che ha infatti tagliato l’aiuto più di tutti i paesi Ocse, molto al di sopra anche di Islanda, Irlanda, Grecia o Slovacchia, contribuendo a fare deragliare più degli altri stati membri le ambizioni dell’Ue.
La contrazione dell’aiuto italiano colpisce soprattutto la capacità di azioni indipendenti della cooperazione italiana, ossia l’aiuto pubblico gestito dal Ministero degli affari esteri (Mae), che tra 2008 e 2011 si è ridotto di ben il 78% – per arrivare a 158 milioni di euro complessivi. L’Italia continua a trasferire obbligatoriamente per la cooperazione 1,3 miliardi di euro al bilancio comunitario, ma la sua capacità di influire sulle scelte comunitarie si riduce drasticamente.
Il peso della cooperazione del Mae sul bilancio dello Stato è ormai pari 0,025% (era lo 0,1% nel 2008). All’interno del Ministero degli affari esteri, è la direzione generale per la cooperazione che ha pagato maggiormente i tagli si bilancio. In media ogni richiesta di riduzione alle spese complessive del Ministero ricade infatti, per il 50%-60%, sul bilancio della cooperazione.
La conseguenza è che dai circa 800 milioni di euro per la cooperazione del 2008, si rischia di arrivare oggi ad appena 90 milioni di euro per gli interventi (di cui solo 40 milioni di nuovi interventi) e con circa 20 milioni di euro per le spese di funzionamento. Con gravi ripercussioni sull’immagine e il profilo internazionale del paese.
Rango internazionale
La tenuta dei livelli di aiuto complessivi, la drastica riduzione italiana e l’aumentato investimento dei cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), ha ridotto il peso dell’Italia nel sistema dell’aiuto. Il paese infatti è sceso dalla decima alla quindicesima posizione contributiva nella classifica degli aiuti dell’Onu, raggiungendo lo stesso livello di paesi molto più piccoli, come Irlanda e Finlandia.
A livello multilaterale è praticamente cessato il contributo italiano a molte organizzazioni internazionali e per altre è stato profondamente ridimensionamento anche sulla base dell’italianità della sede. Sono particolarmente elevati i debiti ufficialmente contratti e non ancora onorati verso molti fondi regionali di sviluppo, il fondo globale per la lotta all’Aids tubercolosi e malaria e la Convenzione di Londra sull’aiuto alimentare, pari a quasi 1,4 miliardi euro. Il risultato è la perdita di alcune posizioni di alta dirigenza nelle organizzazioni internazionali, la riduzione delle commesse dei fondi internazionali vinte da imprese italiane e la riduzione di personale, soprattutto nelle agenzie dell’Onu.
In questi anni di riduzioni costanti, il mondo politico e la direzione generale cooperazione allo sviluppo hanno sostenuto che si potesse “fare meglio con meno”, avviando azioni di riorganizzazione interna. L’esercizio ha prodotto approcci strategici e linee guida (tutti pubblicati), ma che devono ancora trovare piena applicazione e il cui impatto sugli interventi deve essere ancora valutato. È migliorata la trasparenza dell’amministrazione e si è riavviata l’attività di valutazione, dopo un’interruzione quasi decennale.
Sconfiggere l’inefficienza
Se questi tre anni di riforme vengono analizzati dal punto di vista della qualità degli aiuti, tuttavia, i risultati sono modesti. Sono stati raggiunti solo due degli obiettivi internazionali relativi all’efficacia, mentre alcune aree sono peggiorate. L’aiuto italiano è meno prevedibile, è aumentato il sovraprezzo di beni e servizi che vengono acquistati, si è ridotta la percentuale di aiuto in paesi che potrebbero spendere le risorse più efficacemente. Inoltre le iniziative d’aiuto sono sempre più micro e non c’è stato alcun progresso significativo per assicurare un’azione esterna coerente con le priorità e gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo.
L’assenza di risultati in termini di efficacia è legata a due fattori: la riduzione delle risorse finanziarie è stata così rilevante da non consentire più livelli di qualità, incorrendo in enormi diseconomie di scala; l’efficacia, in secondo luogo può essere difficilmente conquistata solo per via amministrativa, mentre richiede un forte investimento politico che dovrebbe giungere alla riforma dell’intera disciplina.
L’annuario di ActionAid evidenzia dunque la forte assenza di una leadership nel settore, con il ministro degli affari esteri che, pur con la delega alla cooperazione, non è mai intervenuto in parlamento con un’audizione dedicata al tema. Il problema del disinteresse della politica alla questione è più generale. Dall’inizio della legislatura è cresciuto l’interesse parlamentare per la cooperazione, anche se resta ancora un argomento molto marginale, con pochi parlamentari interessati e soprattutto con un parlamento incapace di coadiuvare l’azione di governo e di marcare un cambio di passo.
Nella speranza di accrescere il numero dei parlamentari sensibili, per il terzo anno consecutivo l’annuario di ActionAid redige la classifica degli eletti più attivi sul tema della cooperazione internazionale.
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