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Emergenza sbarchi

Blocco navale Nato contro i migranti?

22 Giu 2011 - Natalino Ronzitti - Natalino Ronzitti

I flussi migratori provenienti dalla riva Sud del Mediterraneo e specialmente dalla Libia continuano con un ritmo che a molti è parso insostenibile. Per farvi fronte il ministro dell’Interno Maroni ha evocato, il 17 giugno scorso e ripetuto durante la manifestazione della lega Nord, a Pontida, il blocco delle coste libiche, che dovrebbe essere attuato dalla flotta della Nato presente in zona.

Pronta la risposta della Nato: le navi che incrociano davanti alle coste libiche hanno lo scopo di impedire l’arrivo di armi e materiali che possano essere impiegati contro la popolazione civile secondo quanto stabilito dalle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Cds). Le navi sono cioè destinate a far rispettare l’embargo. La Nato ha poi aggiunto che il mare è uno spazio aperto. Sta quindi alle singole nazioni scegliere cosa fare con i battelli che entrano nelle loro acque territoriali. Come dire: il contenimento o respingimento dell’immigrazione illegale non è affare Nato.

Responsabilità dell’Italia
La scelta dei mezzi più idonei spetta all’Italia che dovrà gestire la situazione sia in alto mare sia nelle proprie acque territoriali. Si potrebbe aggiungere che contenimento o respingimento potrebbero essere attuati con mezzi navali dell’Unione europea, che ha ormai dato prova, in altro contesto, di gestire delle operazioni marittime congiunte (ad es. la Missione Atalanta contro la pirateria). Ma si tratta di un tema estremamente sensibile, da approfondire adeguatamente, anche alla luce dell’esperienza del Frontex, uno strumento che non si è rivelato particolarmente efficace nel campo marittimo.

L’idea del blocco è indubbiamente un annuncio ad effetto, che può riscuotere il plauso di quanti intendono attuare una politica dura contro l’immigrazione illegale. Qui non s’intende prendere partito nei confronti delle misure che possano contenere tale fenomeno, ma solo dimostrare che il blocco non è una misura adatta.

Il blocco navale, che deve essere adeguatamente proclamato dai governi belligeranti o dal comandante delle forza bloccante, è volto ad impedire l’ingresso o l’uscita dalla costa bloccata, di tutte le navi, anche di quelle neutrali. Vi sono però dei limiti: in primo luogo occorre indicare le coordinate geografiche del litorale bloccato; in secondo luogo il blocco mirante ad affamare la popolazione civile è vietato e non possono essere causati danni collaterali alla popolazione civile che eccedano il vantaggio militare previsto. Inoltre la forza bloccante deve consentire il passaggio di soccorsi umanitari alla popolazione civile della costa bloccata.

L’istituzione del blocco comporterebbe poi un ulteriore problema di non poco conto. Cosa accadrebbe in caso di tentativo di violazione del blocco? La flotta bloccante sarebbe autorizzata ad usare la forza? Quid per la nave? Essa dovrebbe essere confiscata. Quid per i migranti che si trovano a bordo?

Eufor Libia
Inoltre il blocco non sarebbe neppure consentito dalle risoluzioni adottate dal Cds sulla Libia (1970-2011; 1973-2011). Queste autorizzano solo l’ispezione allo scopo di accertare se le navi trasportino armi alla Libia (par. 11, ris. 1970 e par. 13, ris. 1973). L’ispezione, prima limitata alle navi battenti la bandiera della nave da guerra ispezionante, è stata estesa dalla risoluzione 1973 anche alle navi battenti bandiera altrui, qualora sospettate di portare un carico vietato.

Da quanto precede, la conclusione è obbligata: il blocco è una misura bellica, che non ha niente a che vedere con il contenimento dell’immigrazione illegale e non è neppure autorizzato dalle risoluzione del Cds sulla Libia.

Piuttosto andrebbero usati e migliorati meccanismi finora inutilizzati, quali l’Eufor Libia, istituita con decisione del Consiglio 2011/210/Pesc (1 aprile 2011), con sede a Roma e a guida italiana. L’Eufor non ha una componente navale. Qualora l’avesse, essa potrebbe essere adoperata per gestire l’emergenza umanitaria in mare, una volta individuati i luoghi dove possano essere stanziati i profughi. In questo modo l’Eufor potrebbe contribuire, almeno indirettamente, al contenimento dell’immigrazione.

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