IAI
Nuova fase del conflitto

Libia, l’aviazione italiana può fare la differenza

30 Apr 2011 - Vincenzo Camporini - Vincenzo Camporini

La decisione, evidentemente sofferta e in qualche modo inaspettata, di ampliare l’impiego dei velivoli italiani nelle operazioni sulla Libia anche ad azioni di attacco al suolo, se da un lato sta creando qualche problema politico domestico, ha qualche probabilità di dare un contributo non marginale alla soluzione della crisi libica.

C’è un aspetto puramente tecnico ed è quello ovvio dell’incremento della capacità di fuoco contro le strutture militari di Gheddafi: otto cacciabombardieri come i Tornado possono apparire un numero modesto, ma se impiegati in modo intensivo, con un paio di sortite al giorno per velivolo, aumenteranno in modo sostanziale, grazie all’armamento di precisione (bombe a guida laser o Gps), la pressione sulle capacità più incisive delle forze lealiste.

Obiettivi essenziali
Ė ipotizzabile che gli obiettivi assegnati dal Centro di comando e controllo della Nato ai nostri velivoli siano sostanzialmente di tre tipologie: le sorgenti di fuoco che stanno da settimane martellando Misurata (artiglieria, blindati e corazzati, lanciarazzi), per le quali l’armamento ideale è costituito dalle bombe a guida laser e dai missili aria-superficie Maverik, questi ultimi in dotazione ai velivoli AV8-B Plus, imbarcati su nave Garibaldi; nodi della catena di comando delle truppe di Gheddafi; e, infine, depositi di armi e munizioni, che abbondano nelle disponibilità del Rais e che, quando identificati grazie ai sofisticati mezzi di ricognizione aerei e satellitari, sono facile preda dei sistemi a guida Gps.

Nel corso degli anni – anzi, di decenni – la Libia ha accumulato una quantità impressionante di sistemi d’arma e relative munizioni, prevalentemente, se non esclusivamente, di origine sovietica. Va ricordato che, durante la guerra fredda, le acquisizioni di materiale bellico da parte libica eccedevano di molte volte quelle necessarie ad equipaggiare le forze armate, tanto che gli analisti ipotizzavano che in realtà fosse l’Unione Sovietica a crearsi, tramite Gheddafi, i depositi che le sarebbero serviti nel caso di confronto militare con la Nato, per alimentare un fronte da sud, contro un presunto ‘ventre molle’ dell’Alleanza.

Quali che fossero le ragioni, sta di fatto che tutti questi mezzi, per quanto antiquati rispetto alle moderne tecnologie e con livelli manutentivi a dir poco modesti, sono nella disponibilità delle truppe lealiste, che possono quindi mantenere una pressione costante e di lunga durata sulle milizie degli insorti, le quali possono certo far leva sulla buona volontà, ma difettano gravemente non solo di mezzi ma anche e soprattutto di addestramento e capacità organizzativa.

Contributo determinante
In tale quadro la campagna aerea si deve sviluppare con due diverse tipologie di impiego: interdizione, colpendo centri logistici, depositi di armi e munizioni, gangli vitali della catena di comando e controllo, e supporto aereo ravvicinato (Close Air Support, Cas), per neutralizzare i mezzi utilizzati in prima linea. Per queste due modalità di impiego, idealmente si dovrebbero attivare mezzi diversi e specializzati: infatti il Tornado Ids (InterDiction and Strike) venne a suo tempo concepito proprio per la campagna di interdizione, mentre per il Cas sono più idonei mezzi aerei più leggeri ed agili, come l’Am-x Ghibli, che però è attualmente impegnato in Afghanistan, o l’A10, che dopo una fase iniziale gli Usa hanno ritirato dall’impiego nel teatro libico.

Ideali risultano anche in questo specifico ruolo i velivoli senza pilota a bordo, i cosiddetti ‘droni’, come i Predator e i Reaper, o Predator B, che però l’Italia ha acquisito nelle versioni disarmate, con compiti esclusivi di ricognizione.

Si deve peraltro osservare che le caratteristiche specifiche delle operazioni in atto rendono abbastanza teoriche queste sottili disquisizioni dottrinarie e che la realtà evidenzia come i Tornado Ids siano ugualmente efficaci in tutti i ruoli citati, così come perfettamente idonei risultano gli AV8-B Plus della Marina militare. Pertanto il contributo addizionale fornito dall’Italia con la decisione di ampliare la partecipazione delle proprie forze alla fase attiva, per un’efficace neutralizzazione delle capacità libiche, non può essere affatto definito marginale ed è destinato, se mantenuto con coerenza e determinazione, a indebolire significativamente le capacità operative di Gheddafi e soprattutto ad avvicinare il momento in cui tali capacità non saranno più sufficienti a mantenere la pressione su Misurata e sulle forze messe in campo dagli insorti.

Coesione politica
Ma c’è un secondo aspetto per cui la decisione del governo italiano può essere determinante: quello politico, che sconfina nella psicologia.

Ci si rammenterà che la campagna aerea contro la Serbia nel 1999, che tutti si attendevano risolutiva in pochi giorni, si protrasse a lungo, con risultati tattici che, a posteriori, si dovettero constatare, abbastanza modesti. In realtà, grazie ad accurati accorgimenti di mimetizzazione e ad una certa scarsità di armamento di precisione, l’esercito di Milosevič non vide sostanzialmente intaccate le proprie capacità operative, tanto che la pianificazione di un’invasione del Kosovo con truppe di terra appariva impresa in qualche modo arrischiata.

Pure Milosevič si convinse di non avere scampo e accettò le condizioni stabilite con l’accordo di Kumanovo. Non è azzardato ipotizzare che ciò avvenne perché il leader serbo, dopo avere inutilmente sperato ed atteso uno sgretolamento della coalizione occidentale, rendendosi conto che la Nato non avrebbe diminuito la pressione, si risolse a sedere al tavolo delle trattative con gli esiti che tutti conosciamo.

Credo che un quadro simile sia ipotizzabile anche in questo caso: l’isolamento spaventa chiunque e Gheddafi non fa eccezione. Quando si accorgerà che intorno a lui chi lo sostiene a poco a poco si allontana e, soprattutto, quando percepirà la determinazione solidale di tutta la coalizione che opera contro di lui, senza distinguo e senza tentennamenti, allora forse sarà disponibile a considerare altre opzioni oltre a quella di continuare a perseguire un impossibile ritorno allo status quo ante.

In questo senso la decisione italiana è un segnale importante, più importante a mio avviso dei reali effetti sulla condotta delle operazioni, e può contribuire ad accelerare i tempi per una soluzione inequivocabile della crisi libica.

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